“Se predstavimo, ci presentiamo“.
Qualche lunedì fa era la mia prima lezione di sloveno.
Prendo le lezioni a un corso organizzato alla scuola elementare Oton Župan?i? nel rione di San Giovanni a Trieste che pare sia riservato a quelli che hanno figli e nipoti che frequentano scuole e asili in lingua slovena.
Jan, mio figlio, infatti va alla sezione slovena della scuola materna Delfino Blu e, quando gli dico se vuole per colazione mleko o sok, gli si illumina la faccia e dice, indicando il latte e poi il succo: “questo è mleko!, questo è sok… voglio mleko!”.
“Perchè siete venuti a fare un corso di sloveno?“, chiede la maestra. Siamo in 18 in classe, 15 donne e tre uomini, l’età è tra i 30 e i 60. Già, perchè siete venuti?
Ognuno deve rispondere, giro tra tutti i banchi.
“Ho un compagno sloveno. E Trieste è una città di confine. Il mio bambino va all’asilo sloveno”.
“Devo aiutare mio figlio a fare i compiti”
“I miei genitori parlano sloveno ma ho fatto le scuole italiane”.
“Sono ostetrica. Col mio lavoro, ho bisogno di sapere una lingua slava perchè è più facile così comunicare con le donne che vengono da noi. Si aprono di più se parlo in sloveno”.
“… C’è anche una mezza idea di trasferirsi in Slovenia: si vive bene, c’è una grande attenzione ai bambini e alla maternità…”.
“Sconfino frequentemente”.
“Faccio servizio civile in una comunità e molti parlano lingue slave”.
“Non sono di Trieste, ma dopo aver imparato il triestino…”.
“Ho girato l’Europa per anni lavorando e ora sono a Trieste di nuovo. Mi interessa poter parlare coi miei vicini dopo che conosco inglese, francese, tedesco…”
Le motivazioni dei miei compagni di classe sono state uno shock. Sono le mie stesse. Siamo una città di confine. Magari potrei lavorare in Slovenia. Parlerei meglio coi miei vicini. Jaz sem, ti si, on je. Menia non è più.
Mi vedo ieri con Dejan Kozina, creatore di siti freelance che vive a lavora a Dolina. Che è anche un personaggio, a quanto pare, della comunità slovena nella provincia triestina.
Mi racconta come tre o quattro anni fa la comunità del suo paese aveva provato a proporre dei corsi in sloveno per i “non-indigeni”: i paesani immigrati che non sono di madrelingua slovena. Solo una persona era venuta a informarsi.
Oggi ci hanno riprovato. Richieste di imparare lo sloveno: addirittura per due corsi.
“Il tappo è saltato. Tutto in un colpo“, dice Dejan.
Giovedì sera ero con Giacomo C. a vedere Olimpija Ljubljana – Olympiacos Pireo. Non eravamo i soli triestini di madrelingua italiana.
E’ andata.
(3 novembre, San Giusto, patrono di Trieste e di tutti i giusti)
commovente!
il mondo cambia davvero in fretta…
…tutto questo, è splendido. Solo pochi anni fa chi l’avrebbe pensato?
yuppiiieee!!!
:o)
finalmente le porte (mentali) si stanno aprendo a casa nostra!!!
mi fa proprio piacere, specialmente essendo io “immigrata” ora oltre oceano, dove fa colpo dir loro che si e’ bilingui… pero’ poi non capiscono perche’ ci siano attriti tra Italiani e Minoranza Slovena.
spero proprio che le nuove generazioni ci… mettano tanto buon olio! ;o)
ciaooo & un baciottone al mio Carso!!!
Sarah
speremo ben.
mi pare però che ci sia molto da dire ancora sull’influenza del silenzio dei media locali (ilpiccolo, tele4, rai3…) su questi temi.
Ma infatti, non mi è mai stata data la possibilità di imparare lo sloveno, come seconda lingua, alle scuole pubbliche. Essendo di madrelingua italiana, ma avendo vissuto sul Carso, con gli amici che parlavano entrambe le lingue, cerco di rimediare ora che sono adulto e senza chioma.
Hvala, grazie
già.
io sto facendo uguale.
curioso che in una zona di confine le istituzioni pubbliche non promuovano l’insegnamento della lingua dei vicini.
Anch’io ci sto provando. Spero che il tappo salti anche a Gorizia
ma qualcuno dice che a gorizia la situazione è sempre stata di minore attrito tra le due comunità “etniche”. o no? tu cosa ne pensi?
Penso che apparentemente l’attrito sia minore, nel senso che i goriziani non amano esporsi. Ma, ad esempio, di goriziani che si mettono a studiare lo sloveno non ne conosco molti.