Continua la crisi del Teatro stabile sloveno (Slovensko stalno gledališče). La stagione 2009/2010 rimane un miraggio, ma i trenta dipendenti (per usare un eufemismo, visto che sono in gran parte senza contratto da prima dell’estate) non demordono. Nello stabile di via Petronio (chiamato Kulturni dom, ovvero Casa della cultura) si susseguono gli incontri con i rappresentanti politici, sindacali e delle maggiori istituzioni slovene. E qualche bagliore di speranza effettivamente c’è.
Il segnale più importante arriva dal prefetto di Trieste, Giovanni Balsamo, che ha riunito dietro allo stesso tavolo la comunità slovena e gli enti locali. Come noto, tra i soci fondatori del teatro sloveno ci sono il Comune di Trieste, la Provincia e la Regione FVG, che però da tempo non versano nelle casse teatrali le somme previste dalla legge.
Il prefetto ha dato compito agli enti e ai rappresentanti del teatro di individuare entro mercoledì prossimo due esperti, che analizzeranno la situazione finanziaria dello Slovensko stalno gledališče e proporranno i possibili rimedi.
Intanto sulla stampa slovena arrivano le testimonianze di solidarietà dal mondo teatrale cittadino. I direttori del Rossetti (Antonio Calenda) e del Verdi (Giorgio Zanfagnin), nonché la direttrice della Contrada (Livia Amabilino), intervistati dal quotidiano triestino Primorski dnevnik (www.primorski.eu), non hanno dubbi: il teatro stabile sloveno è un bene prezioso e di altissima levatura artistica. La sua chiususra sarebbe una grave perdità per tutta la città.
Calenda propone un incontro tra tutti i teatri cittadini per discutere delle possibili forme di collaborazione. Zanfagnin è convinto che arriveranno tempi migliori: la Cultura sopravvivrà anche a questa classe politica …ma nel frattempo bisogna stringere i denti (e la cinghia) e proseguire. Magari sbattendo la testa contro il muro, ma proseguire. “Perché noi non facciamo macchine, noi facciamo Beethoven!”
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