17 Novembre 2014

Esclusivo: Rapporto sul rigassificatore di Monfalcone

el sunto Pubblichiamo un'analisi inedita del rigassificatore che si vorrebbe fare a Monfalcone. L'autore è il professor Giorgio Trincas dell'UniTrieste
  1. ALTERNATIVE PROGETTUALI

Questa sezione discute le diverse alternative concettuali che avrebbero dovute essere considerate, almeno a livello di studio di fattibilità, per il proposto Progetto di Rigassificazione LNG. Esistono diversi concetti tecnologici alternativi per la rigassificazione di gas naturale liquefatto (terminale offshore convenzionale, FSRU, LNG-RV), localizzazioni alternative (onshore, offshore fisso, onshore galleggiante), e processi alternativi di rigassificazione (circuito aperto, circuito chiuso).

Per far sì che le diverse tipologie di rigassificatore siano giudicate e classificate obiettivamente, occorre fissare dei criteri di confronto. I parametri da utilizzare dovrebbero comprendere i seguenti attributi ai quali assegnare livelli di importanza soggettivi ed oggettivi, adottando tecniche decisionali multicriteriali.

Costi

L’ammontare totale del costo del capitale (Capex) e dei costi operativi (Opex) per un ciclo di vita del sistema di rigassificazione e stoccaggio pari a 25 anni, sulla base degli specifici requisiti progettuali.

Gestione del rischio e della sicurezza

Si tratta di quantificare e gestire il rischio relativo alla sicurezza del personale e di terze persone per quanto attiene:

  • rischio di esposizione a traffico pericoloso;
  • rischio sulla sicurezza dovuto alla novità del concetto progettuale;
  • esposizione a ulteriori rischi legati alla sicurezza, derivanti da futuri sviluppi del porto e delle aree limitrofe;
  • grado di rischio sulla sicurezza operativa.

Tempistica

  • data della prima consegna del GNL;
  • rischio di ritardo nella realizzazione del progetto dovuto a:
    • dipendenza del completamento dalla puntualità ed affudabilità dei fornitori e dei sub-fornitori,
    • tempi di gestione della commessa,
    • utilizzo di un concetto innovativo,
    • incapacità di abbreviare il tempo richiesto per la costruzione.

Salute/Ambiente

Livello di effetto negativo sugli ecosistemi circostanti e sugli abitanti circostanti dovuti a:

  • costruzione/operazione;
  • livello delle emissioni di rumore ed inquinanti;
  • incapacità di minimizzare l’impatto ambientale.

Flessibilità

  • possibilità di futura espansione del progetto tecnico proposto;
  • capacità di accettare gas naturale liquefatto da sorgenti diverse;
  • riallocazione potenziale dell’impianto di rigassificazione;
  • capacità di accettare tipi e dimensioni differenti di navi metaniere.

Complessità del progetto

  • rischio di non soddisfare i volumi richiesti di gas consegnato e/o da esportare;
  • affidabilità a lungo termine;
  • rischio di non-disponibilità di navi adeguate.

Tutti questi parametri andrebbero pesati dagli attori (proponenti, istituzioni, società terze) per quantificarne il livello d’importanza nel processo decisionale. Andrebbe condotta, inoltre, una analisi di sensitività per testare la robustezza (scarsa variabilità) dei risultati variando i pesi assegnati ai parametri.

2.1 METODOLOGIA

Numerose possono essere le critiche alla metodologia decisionale finora adottata. Avrebbe dovuto essere attivato un processo iterativo che mettesse in competizione alternative tecnologiche per il progetto di rigassificatore in esame. Si sarebbe dovuto mettere a confronto concetti alternativi, imponendo rigidi e ben conosciuti criteri quantitativi quali costi e fattibilità tecnica, ed introducendo allo stesso stempo criteri qualitativi, quali sicurezza, impatto sociale ed ambientale, seguendo modalità di selezione pubbliche, trasparenti ed obiettive. Un tale approccio metodologico avrebbe consentito di determinare il merito relativo di ogni concetto progettuale alternativo e di identificare il/i concetto/i più attrattivo/i. Il processo iterativo avrebbe dovuto includere, quanto meno, studi ed analisi HSE e HAZID, nonché tenere conto di tutte le normative e le linee guida relative al trasporto e trattamento del gas naturale liquefatto. Allo stesso tempo, tale metodologia competitiva avrebbe dovuto garantire la possibilità di una riduzione significativa del rischio HSE fornendo le informazioni necessarie per assumere corrette decisioni nello sviluppo del progetto (filosofia progettuale) fin dalle fasi iniziali, quando l’incidenza sui costi e sulla qualità del progetto stesso è massimale.

Nella fase di identificazione dei maggiori rischi, minacce e potenziali blocchi, legati a problematiche HSE, che potrebbero dispiegarsi durante lo sviluppo ed il ciclo di vita del progetto (assunto da Smart Gas in 25 anni), il processo progettuale avrebbe dovuto fornire anche:

  • i dati iniziali per effettuare l’HAZID e l’HSE;
  • la possibilità per tutti gli azionisti ed i decisori pubblici di valutare l’importanza relativa e l’interdipendenza di tutti gli aspetti HSE fin dall’origine dello sviluppo del progetto;
  • la composizione e i CV dei componenti il team progettuale (fatta salva la professionalità della società D’Apollonia).

Per svolgere al meglio ed in trasparenza questa attività, si sarebbe dovuto adottare un approccio integrato, costituendo gruppi di lavoro specializzati per disciplina ed i cui leaders siano del tutto e continuativamente coinvolti nel processo decisionale:

  • team tecnico (specializzazione in terminalistica, sicurezza, processi chimici, navigazione costiera e portuale, ecc.);
  • team esperto in metanodotti (tubi sottomarini, stazioni di compressione e pompaggio, attraversamento di territori, ecc.);
  • team ambientale (specializzazione in quantificazione degli impatti ambientali);
  • team legale;
  • team di esperti in marketing
  • team gestionale.

2.2 CONCETTI ALTERNATIVI

Questa sezione illustra i concetti alternativi che avrebbero potuto e dovuto essere considerati per il Progetto in esame. Si sarebbe dovuto utilizzare una metodologia di screening concettuale che tenesse conto simultaneamente di criteri tecnici, commerciali e di tempistica per il completamento, allo scopo di assistere i decisori in una scelta logica e razionale circa il più adeguato concetto di rigassificatore a fronte dei previsti volumi annuali di gas da distribuire via strada, ferrovia e mare.

I parametri primari utili a valutare un progetto sono i requisiti richiesti in termini sia quantitativi che di scala temporale. Altri parametri devono comprendere i rischi ambientali, di sicurezza e di salute dei lavoratori. Nella fase iniziale del progetto, vanno considerate diverse alternative per la rigassificazione del gas naturale liquefatto, in modo da scartare immediatamente quelli che non fossero in grado di soddisfare i criteri progettuali e la normativa presente e prevedibile nel prossimo futuro.

Tra i concetti industriali per lo stoccaggio e/o la rigassificazione di gas naturale, bisogna innanzi tutto distinguere tra due tipi di terminale: impianti convenzionali onshore e impianti offshore. La differenza primaria tra terminali onshore e sistemi offshore è il processo di rigassificazione, effettuato a bordo nei secondi, mentre in un terminale onshore il GNL è rigassificato dal terminale stesso. Questa differenza ha implicazioni sia sui costi che sulla produttività.

I rigassificatori offshore possono essere fissati su basso fondale marino (come il rigassificatore di Porto Viro) o galleggianti (Floating Storage Units – FSU; Floating Storage and Regassification Units – FSRU). Gli impianti galleggianti devono essere progettati in modo da soddisfare i requisiti dell’IMO e di un Registro di Classifica. La loro costruzione deve avvenire seguendo le linee guida di un Registro relative alle installazioni di un rigassificatore offshore.

Poiché il processo di rigassificazione e le condizioni di stoccaggio sono sostanzialmente analoghi per tutte le tipologie alternative finora sviluppate, queste si differenziano soprattutto nella applicazione di specifiche tecnologie ad alcune componenti dell’impianto (cisterne di stoccaggio, vaporizzatori, ecc.).

2.2.1 Terminale Onshore

La rigassificazione onshore di gas naturale liquefatto è ancora oggi la tecnologia più comune e la più sviluppata. Questo tipo di impianto è situato vicino al mare, di solito vicino ad un’area portuale. Consiste fondamentalmente di un’area di attracco, fornita di bracci di carico/scarico, e di cisterne di stoccaggio dove il gas naturale è conservato temporaneamente. Un sistema di pompaggio e di vaporizzazione determina la vaporizzazione del GNL ed alimenta la condotta di trasporto (metanodotto) ad alta pressione.

Un terminale GNL convenzionale con cisterne di stoccaggio richiede approssimativamente 20 ettari di terreno piano (400 m x 500 m), distante non più di 3-4 km da una banchina o da un molo. Gli impianti adiacenti dovrebbero essere preferibilmente utenti industriali in aree di norma non accessibili al pubblico. Quando il terminale è pianificato all’interno di un porto, per navi da 75,000 e 140,000 m3 con dislocamenti fino a 105,000 tonnellate, che hanno dimensioni tipiche di 300-m di lunghezza, 45-m di larghezza e          12.5-m d’immersione a pieno carico, la banchina dovrà avere dimensioni adeguate. Il bacino di fronte alla banchina dovrà avere un’area sufficiente a garantire manovre d’attracco e di evoluzione sicure, da effettuare con l’ausilio di rimorchiatori come indicato nelle linee guida della Society of International Gas Tanker & Terminal Operators (SIGTTO) per le operazioni portuali di navi gasiere.

La costruzione di un impianto di rigassificazione onshore richiede l’esame approfondito del sito per verificare che non esistano contaminazioni ed inquinamenti stratificati ed approntare i rimedi, se necessario e possibile. Dovrebbe richiedere anche un progetto adeguato per assicurare che siano rispettati i parametri sanitari e di sicurezza rispetto ad altri impianti e ad adiacenti aree residenziali. L’impianto richiede l’installazione di condotte criogeniche isolate, approdi e sistemi di rilevazione della pressione nelle condotte.

Una criticità frequente è rappresentata dalla tempistica di realizzazione; per molte realizzazioni i ritardi sono dovuti ai lunghi tempi di consegna dell’acciaio al nickel.

Gli impianti di rigassificazione onshore producono un elevato livello di disturbo fisico agli ecosistemi ed alle popolazioni durante la loro costruzione e la loro attività operativa.

2.2.2 Terminale Offshore con Struttura a Gravità

Questa soluzione offshore (Gravity Based Strucure – GBS) consiste in una grande struttura di cemento o di acciaio (piattaforma), a cassone prefabbricato, che è completamente autonoma per quanto riguarda l’operatività, i servizi e la generazione di potenza. È fissata in acque basse con profondità minima di 14-15 metri, condizionata dall’immersione delle gasiere oceaniche. La necessità di allocare i terminali offshore fissi in basso fondale comporta che quasi sempre si trovino vicino alla costa e, quindi, visibili da terra, elemento questo del tutto antiestetico se la struttura e visibile da una città o da una spiaggia. Le dimensioni tipiche di una GBS con una portata di 250,000 m3 di GNL sono 340 metri di lunghezza, 60 metri di larghezza e 40 metri di altezza.

Tale struttura ospita al suo interno le cisterne per lo stoccaggio del GNL, mentre tutta l’impiantistica richiesta per la rigassificazione si trova sulla sovrastruttura della piattaforma. Le metaniere sono ancorate a questa struttura, che è fornita di tutte le attrezzature nautiche e dell’impianto di processo e di scarico (vaporizzatori, bracci di scarico, ecc.).

Il primo terminale offshore fisso al mondo è stato quello di Porto Viro. Pochi altri sono in progettazione nel mondo. L’esperienza ha dimostrato che questa soluzione è molto costosa e che la consegna della struttura, comprese le casse di stoccaggio, può essere alquanto ritardata; il che significa che questa soluzione non può rispettare tempi brevi di realizzazione.

Una GBS integra le funzioni base di un terminale onshore in un’unica struttura:

  • fornisce l’attracco e le attrezzature di scarico per le metaniere;
  • contiene lo spazio per lo st-occaggio del GNL;
  • ospita sul ponte l’impianto di rigassificazione, i servizi e le attrezzature per lo scarico.

2.2.3 FSU con Rigassificatore Onshore

È questa una soluzione ibrida (Figura 1), dove lo stoccaggio è fornito da una nave gasiera e l’impianto per il processo di rigassificazione si trova a terra. Lo stoccaggio offshore di gas naturale liquefatto richiede una nave che sia dotata di cisterne criogeniche da ancorare permanentemente alla banchine di un porto, oppure ad un ancoraggio dedicato quale una “Floating Storage Unit” (FSU). Una nave cisterna esistente potrebbe essere convertita allo scopo. Si tratta di individuare la locazione più opportuna e conveniente per l’ancoraggio, anche in funzione del percorso sottomarino e sotterraneo delle connessioni agli impianti di rigassificazione su un luogo adiacente mediante condotte criogeniche isolate.

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2.2.4 LNG-RV

Le navi LNG-RV (Liquefied Natural Gas Regassification Vessel) vaporizzano il loro carico di gas naturale direttamente a bordo consegnandolo ad una boa di scarico sommersa, per poi trasferirlo a terra mediante una condotta sottomarina convenzionale (Figura 2). Sono flessibili se confrontate con le navi LNG standard, in quanto sono in grado di scaricare il gas, dopo averlo rigassificato a bordo, attraverso un sistema STL ancorato al fondo marino, oppure mediante una manichetta as alta pressione collegata ad un ramo del metanodotto a terra. Questa flessibilità consente di abbreviare drasticamente i tempi di entrata in funzione se si confrontano le LNG-RV con i terminali onshore.

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Le navi LNG-RV hanno portate tipiche tra 75,000 e 140,000 m3, e sono propulse mediante motori diesel o turbine a gas/vapore.

Questo concetto offre parecchi vantaggi, la cui principale è l’elevata operabilità offerta dal sistema di ancoraggio ad una boa sommersa con la torretta interna; la connessione tra boa e torretta interna è garantita per un mare con onde fino a 5.5 metri di altezza significativa. La boa, integrata ad una condotta di mandata che, quando sia inutilizzata, sarà sommersa a circa 30 metri sotto la superficie del mare. Questo concetto richiede una profondità del mare di circa 50 metri. I potenziali impatti fisici derivanti dai disturbi generati durante la costruzione e l’operatività della nave LNG-RV saranno irrilevanti, proprio perché l’impianto di rigassificazione è installato a bordo della nave stessa.

Ovviamente, un rifornimento continuo di gas richiederebbe l’identificazione della combinazione ottimale tra composizione della flotta e dimensioni dell’impianto di stoccaggio. Nel piano di investimento iniziale occorrerebbe tenere conto della lunghezza della condotta sottomarina.

2.2.5 FSRU

Se l’impianto di rigassificazione è installato sulla nave gasiera, che è utilizzata anche come deposito di stoccaggio, si sarà di fronte a un’unità FSRU (Floating Storage and Regasification Unit). Una nave FSRU può essere nuova, oppure ottenuta dalla conversione di una nave gasiera, installandovi il gruppo di vaporizzatori del gas e la connessione ad una condotta per lo scarico del gas. È questo il caso della FSRU della Saipem, operante offshore nel mare antistante Livorno. Oggi sono in progettazione molti di questi impianti.

Una FSRU è spesso una chiatta ancorata, senza sistema propulsivo, lunga da 350 a 400 metri e larga fino a 70 metri, oppure una nave LNG opportunamente convertita (Figura 3). Come una metaniera, la FSRU presenta un doppio scafo. Il sistema di stoccaggio del GNL può essere costituito da cisterne sferiche, a membrana o autoreggenti; la capacità può variare da 200,000 m3 fino a 500,000 m3.

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I componenti principali di una nave FSRU sono il sistema di trasferimento del gas, le cisterne di stoccaggio, il sistema di gestione e controllo del boil-off, il sistema di pompaggio del gas naturale liquefatto, l’impianto di vaporizzazione ed i sistemi ausiliari.

Quando una metaniera arriva al terminale, il gas naturale liquefatto è scaricato nella FSRU mediante bracci di caricazione che sono strutture fisse installate lungo un lato della FSRU. Una volta scaricato, il GNL è stoccato nelle cisterne criogeniche, pompato, rigassificato (perdendone dallo 0.15% allo 0.25% nel boil-off) e consegnato ai consumatori attraverso una manichetta rigida o flessibile, collegata ad una condotta sottomarina o attraverso bracci di carico ad alta pressione. L’impianto di rigassificazione è sistemato sul ponte principale.

Tre sono i possibili modi di vaporizzazione del gas naturale liquefatto:

  • circuito aperto con acqua di mare: pompaggio di acqua di mare calda attraverso il vaporizzatore e scarico dell’acqua di mare raffreddata;
  • circuito chiuso con acqua: pompaggio di acqua dolce attraverso un circuito chiuso nel quale l’acqua è riscaldata nelle caldaie della FSRU e raffreddata attraverso il vaporizzatore del GNL;
  • circuito chiuso a vapore: utilizzo del vapore prodotto nelle caldaie della FSRU per vaporizzare il GNL e restituzione del condensato alle caldaie in un circuito chiuso; assolutamente da preferire anche se più costoso, soprattutto se la FSRU è vicina alla costa e/o in acque non sufficientemente profonde.

Le navi metaniere si accostano lungo la FSRU in una configurazione da lato a lato, con ambedue le navi che ruotano intorno alla torretta di ancoraggio della FSRU. Trasferiscono il gas naturale liquefatto nella FSRU e lo rilasciano in forma gassosa attraverso una condotta sottomarina ad alta pressione, che serve da collegamento con il punto di connessione con la rete dei metanodotti.

Un grande vantaggio di questa tipologia di rigassificatore è che può essere ancorato in un ampio intervallo di profondità. Tuttavia, questo sistema è limitato dalle condizioni meteomarine, principalmente a causa dei moti relativi combinati delle due navi e dei limiti operativi dei rimorchiatori e degli anchor handling vessels utilizzati per assistere le operazioni di ancoraggio.

2.2.6 FSU + FRU

Questa alternativa è basata sull’utilizzo di due navi: una funziona come stoccaggio del GNL; l’altra serve da unità di rigassificazione. Questa soluzione può presentare qualche problema in mare mosso a causa dei moti relativi in opposizione di fase tra le due navi.

2.3 QUALE TIPOLOGIA DI RIGASSIFICATORE?

Nell’attuale contesto geopolitico, ammettendo che sia necessario diversificare quanto prima in Italia le fonti di approvvigionamento di gas naturale, diviene vitale accelerare la costruzione e la messa in opera di terminali di rigassificazione GNL.

Se partiamo dal presupposto che gli obiettivi consistano

  • nello sviluppo di un terminale che sia in grado di funzionare in due anni,
  • nell’utilizzo di unità di stoccaggio galleggianti anziché siti a terra per accelerare lo start-up evitando un lungo processo per le concessioni, come accade sempre per il terminali onshore,
  • nell’avere bassi costi operativi,

e tenuto conto che spesso i siti onshore non sono accettabili perché interferiscono con le attività portuali e/o che richiedono grandi investimenti, quali estesi dragaggi, per rendere il sito accettabile, una delle soluzioni per ottenere gli obiettivi suddetti è l’implementazione di una FSRU.

In generale, se si mettono a confronto un rigassificatore onshore con un impianto offshore, il vantaggio fondamentale di un sistema offshore è che non richiede un costoso terminale di rigassificazione. È sufficiente costruire un attracco in mare aperto. Ad esempio, l’impianto statunitense Gulf Gateway fu completato nelle acque prodfonde del Golfo del Messioc nel 2005 ad un costo di circa 70 milioni di dollari; un terminale onshore con la stessa capacità di rigassificazione sarebbe costato circa 1.5 miliardi di dollari. Oggi è stato trasferito nel mare di fronte a Boston, confermando la flessibilità degli impianti offshore marini.

Inoltre, la messa in opera di un terminale offshore galleggiante richiede un periodo di tempo inferiore: può entrare in funzione entro un anno e mezzo (comprese la scelta della locazione, le approvazioni e la costruzione), mentre per un terminale onshore occorrono mediamente da tre a cinque anni. Inoltre, la collocazione in mare aperto consente di evitare una potenziale opposizione pubblica a causa di ragionevoli ed opportune opposizioni legate a problematiche ambientali e di sicurezza, che non possono non insorgere nel caso di impianti onshore, specialmente se collocati in prossimità di aree urbane e/o industriali.

Al contrario, il maggiore svantaggio della tecnologia offshore, specialmente nel caso di una nave LNG-RV, è la sua inferiore produttività rispetto ad un terminale onshore. Questo è dovuto al fatto che la rigassificazione a terra avviene senza che la nave LNG debba attendere, mentre una nave LNG-RV deve stare ancorata alla boa durante la vaporizzazione del GNL, il che richiede una media di sette giorni per una LNG-RV standard di capacità di 85 milioni di metri cubi. D’altra parte, il tempo di scarico medio di una LNG oceanica è di una giornata. Per questo motivo, per sostenere la stessa produttività di un rigassificatore a terra, un sistema offshore necessiterebbe di più boe e più navi LNG-RV, con un maggiore costo di capitale e maggiori costi operativi. Comunque, va precisato che il costo di una nave LNG-RV supera quello di una LNG convenzionale della stessa portata di 25 milioni di dollari.

Come vedremo, la scelta dipende fondamentalmente dai volumi annuali di gas liquefatto da rigassificare. Possiamo anticipare che per i bassi volumi previsti dal Progetto in esame non esiste partita.

2.3.1 Soluzione Foster Wheeler

La soluzione Foster Wheeler combina le caratteristiche dei tre concetti FSRU, FSU+FRU e struttura a gravità. In sintesi, consiste di un rigassificatore, ancorato permanentemente ad una nave metaniera che agisce come la FSU. Una condotta è collegata agli impianti di ricezione a terra che forniscono il gas alla rete. Questa configurazione permette di avere rapidamente un’installazione permanente ad un prezzo competitivo, mentre la disponibilità operativa dell’impianto è maggiore di quella costituita dalle navi con rigassificatore, in quanto è meno sensibile alle avverse condizioni meteo-marine.

Più in dettaglio, questo impianto consiste dei seguenti elementi:

  • una metaniera convenzionale modificata e classificata per funzionare come una FSU che sarà ancorata ad una piattaforma che funge da molo;
  • una piattaforma con tutte le attrezzature per l’attracco delle navi (le metaniere e la FSU) sui suoi lati opposti; il trasferimento del GNL sarà effettuato utilizzando i bracci di scarico installati su ambedue i lati della piattaforma;
  • le attrezzature offshore ed il rigassificatore, che sono installati sulla parte alta della piattaforma; il rigassificatore sarà costruito in modo che tutti i componenti ed i moduli siano integrati, trasportati e sistemati sulla piattaforma di cemento fissata al fondo, o su un cassone di cemento.

2.3.2 Confronto Economico

Tutte le opzioni tecnologiche esistenti sono ad elevata intensità di capitale, ma si differenziano notevolemnte per il tempo (da uno a cinque anni) necessario alla loro attivazione.

Due sono i fattori decisionali che guidano la scelta della migliore tecnologia tra i tipi di rigassificatore disponibili: il volume di gas da trattare e ed il tempo di realizzazione dell’impianto. Il secondo fattore è determinato dalle proprietà operative e dalle condizioni di mercato, quali i tempi di costruzione del terminale ed il processo di concessione, la disponibilità delle navi, ed i prezzi dei futures del gas naturale. Il volume misura la quantità di gas naturale necessaria a soddisfare la domanda di mercato.

Incrociando questi fattori si possono derivare quattro situazioni che indicano quale tecnologia sia la più opportuna da utilizzare; precisamente:

  • se il volume annuale di gas è basso, un impianto marino di rigassificazione è sempre più vantaggioso di un sistema basato su un terminale onshore soprattutto grazie alla necessità di un minore investimento iniziale;
  • se il volume annuale di gas è alto, la scelta della tecnologia da adottare dipende dal secondo fattore suddetto, ossia dal tempo di realizzazione dell’impianto:
    • se il tempo di realizzazione dell’impianto si dilata, aumenta il valore netto attualizzato (NPV) generato da una catena logistica GNL basata su un rigassificatore marino;
    • sebbene il costo totale (investimento ed operativo) di un rigassificatore marino sia maggiore di quello di un rigassificatore onshore, l’NPV genera ricavi molto più rapidamente.

La Tabella 1 mostra il confronto tra alcune delle soluzioni suddette nell’ipotesi di una capacità di stoccaggio di 150,000 m3 ed una portata di scarico di 14 mmscm/d (14 milioni di metri cubi standard al giorno).

Tabella 1. Valori dei parametri di confronto

Soluzioni Alternative Rigassificatore Onshore e Silos di Stoccaggio Rigassificatore Offshore con FSU Soluzione Foster Wheeler FSRU
in leasing
Capex(USD·106) 300 190 160 70
Investimento totale(Capex + Opex)(USD·106) 324 194 173 541
Tempistica ottimale(mesi) 36 22 16 18-20
Restrizioni suglistandards applicabili elevate elevate basse basse

Sono evidenti i vantaggi della soluzione Foster Wheeler per tutti i parametri decisionali utilizzati.

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4 commenti a Esclusivo: Rapporto sul rigassificatore di Monfalcone

  1. john remada ha detto:

    Io sono uno di quelli che ha detto no al precedente progetto snam , e mi sembra era molto più rischioso di questo; i soliti noti favorevoli allora , e anche oggi, nella rabbia del referendum perso, si sono abbandonati a rabbiosi insulti; tutto sommato , non credo fattibile neanche questo per vari motivi. Bella relazione , in ogni caso ,mi complimento con l’estensore.

  2. Snam e Smart poveri noi! ha detto:

    Il referendum è sicuramente un espressione di volontà democratica. Strumento fastidioso per una partitocrazia affaristica che ne denigra da sempre il valore intrinseco dipingendo i votanti come imbelli cittadini strumentalizzati da un manipolo di “monambientalisti”. Il referendum contro il terminal della Snam, dove aveva prevalso il no della cittadinanza monfalconese, viene additato dai detrattori come lo strumento che ha permesso alla centrale a carbone di proseguire con le sue combustioni mortifere.
    Niente di più falso e strumentale, perchè il rigassificatore è stato spostato al largo di Porto Tolle con la promessa di riconvertire ( stessa storia di Monfalcone) la centrale a olio combustibile, era falsità palese perchè dopo vent’anni di rigassificatore e di attesa dei cittadini di Vado, l’Enel voleva riconvertire la centrale passando dall’olio combustibile al carbone.
    Quello che è mancato in questi anni è stata la politica sia locale che regionale che ha sempre minimizzato l’impatto del carbone e che ha sostenuto un industrializzazione selvaggia e impattante. Ricordo la fabbrica chimica passata in sordina e le mancate bonifiche nel territorio del Lisert dove la centrale e la cartiera avevano scaricato ceneri inquinate e soda caustica.
    Il proponente del progetto Smart ha infilato per l’ennesima volta i soliti ricatti che sono variati dialettiche nel corso dei mesi, iniziando con la solita riconversione della centrale dal carbone al gas ( rigassificatore taumaturgico che riduce l’inquinamento del 70%) per poi passare alla salvaguardia di 15.000 posti di lavoro in regione. Argomenti usati come clave per un progetto i cui scopi sono sicuramente lontano dalla tutela del territorio ,della salubrità dell’aria e dei posti di lavoro. Se la finalità era la tutela del lavoro in Italia delle aziende regionali come mai il progetto del rigassificatore è stato affidato ad una società con sede in Montenegro? Non esistevano società italiche con bandieroni tricolori?

  3. Slowfoot ha detto:

    La società in Montenegro è partecipata al 33% da D’Appolonia
    DFS partners are actively cooperating in China since year 2001 with several Chinese institutions
    (including MOST, SEPA and NDRC) on the Sino-Italian Cooperation Programme (SICP)
    financed by the Italian Ministry of Environment and Territory.
    http://www.dfs-engineering.com/home.htm

  4. john remada ha detto:

    Difatti nel progetto snam non c’era alcun obbligo di conversione da parte dell’enel ,qualora avesse vinto il sì ; c’erano un sacco di balle sparate a casaccio , tanto grosse che pochi ci hanno creduto; poi , guarda caso ,gli stessi amministratori che avevano avallato bidoni come la Simo , le AAA e la zona industriale in punto totalmente sbagliato , vista la presenza della Terme ,erano gli stessi sponsor della snam , affiancanti da rampanti Ds quali il sig.Gherghetta e suoi compari di quel partito.

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