17 Novembre 2014

Esclusivo: Rapporto sul rigassificatore di Monfalcone

el sunto Pubblichiamo un'analisi inedita del rigassificatore che si vorrebbe fare a Monfalcone. L'autore è il professor Giorgio Trincas dell'UniTrieste
  1. ANALISI DI RISCHIO

L’analisi di rischio può essere condotto con il metodo FMEA. È questo un metodo sistematico, semi-quantitativo per l’identificazione di rotture potenziali dei sistemi tecnici e/o dei loro componenti, per la valutazione degli effetti delle rotture e per la classificazione delle rotture.

Lo scopo complessivo di un’analisi FMEA è la valutazione di rotture non facilmente identificabili e la loro prevenzione. Il risultato dell’analisi dei modi di rottura e delle loro conseguenze può essere utilizzata per un’analisi quantitativa del rischio.

La procedura base del metodo FMEA prevede i passi seguenti:

  • definire le ipotesi e le condizioni al contorno per la sua applicazione;
  • scomporre l’impianto in blocchi funzionali;
  • descrivere la funzione e le interfacce di ogni blocco e di ogni loro componente, considerando i differenti modi operativi;
  • definire le possibili rotture;
  • identificare la causa di ogni potenziale rottura;
  • identificare gli effetti delle rotture sui componenti, sui blocchi e sull’impianto

 

  • analizzare le criticità:
    • severità delle conseguenze,
    • probabilità di accadimento delle rotture,
    • probabilità di identificazione delle rotture;
  • produrre le raccomandazioni relative alle misure di controllo e delle azioni da intraprendere.

La procedura integra anche il calcolo delle conseguenze derivanti dalle rotture identificate, introducendo nel metodo FMEA l’analisi critica. Si costruisce una matrice di criticità, dove le rotture identificate sono poste in relazione alla severità ed alla probabilità di accadimento di un incidente. Nella matrice possono essere definite zone di accettabilità e di non-accettabilità; tra queste ultime si definiscono le effettive situazioni di criticità.

Queste saranno, a loro volta, sottoposte al calcolo numerico del livello di rischio (QRA), che combinato con i vari studi sulla sicurezza (HAZID – identificazione del pericolo, HAZAN – analisi dei pericoli potenziali e delle loro conseguenze, HAZOP – analisi dei rischi operativi mediante un approccio sistematico) possono produrre un adeguato e desiderato livello di sicurezza.

Devono essere chiaramente decise quali siano le aree di maggiore pericolosità sulla base di calcoli di dispersioni di gas prodotte da possibile fuoriuscite.

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4 commenti a Esclusivo: Rapporto sul rigassificatore di Monfalcone

  1. john remada ha detto:

    Io sono uno di quelli che ha detto no al precedente progetto snam , e mi sembra era molto più rischioso di questo; i soliti noti favorevoli allora , e anche oggi, nella rabbia del referendum perso, si sono abbandonati a rabbiosi insulti; tutto sommato , non credo fattibile neanche questo per vari motivi. Bella relazione , in ogni caso ,mi complimento con l’estensore.

  2. Snam e Smart poveri noi! ha detto:

    Il referendum è sicuramente un espressione di volontà democratica. Strumento fastidioso per una partitocrazia affaristica che ne denigra da sempre il valore intrinseco dipingendo i votanti come imbelli cittadini strumentalizzati da un manipolo di “monambientalisti”. Il referendum contro il terminal della Snam, dove aveva prevalso il no della cittadinanza monfalconese, viene additato dai detrattori come lo strumento che ha permesso alla centrale a carbone di proseguire con le sue combustioni mortifere.
    Niente di più falso e strumentale, perchè il rigassificatore è stato spostato al largo di Porto Tolle con la promessa di riconvertire ( stessa storia di Monfalcone) la centrale a olio combustibile, era falsità palese perchè dopo vent’anni di rigassificatore e di attesa dei cittadini di Vado, l’Enel voleva riconvertire la centrale passando dall’olio combustibile al carbone.
    Quello che è mancato in questi anni è stata la politica sia locale che regionale che ha sempre minimizzato l’impatto del carbone e che ha sostenuto un industrializzazione selvaggia e impattante. Ricordo la fabbrica chimica passata in sordina e le mancate bonifiche nel territorio del Lisert dove la centrale e la cartiera avevano scaricato ceneri inquinate e soda caustica.
    Il proponente del progetto Smart ha infilato per l’ennesima volta i soliti ricatti che sono variati dialettiche nel corso dei mesi, iniziando con la solita riconversione della centrale dal carbone al gas ( rigassificatore taumaturgico che riduce l’inquinamento del 70%) per poi passare alla salvaguardia di 15.000 posti di lavoro in regione. Argomenti usati come clave per un progetto i cui scopi sono sicuramente lontano dalla tutela del territorio ,della salubrità dell’aria e dei posti di lavoro. Se la finalità era la tutela del lavoro in Italia delle aziende regionali come mai il progetto del rigassificatore è stato affidato ad una società con sede in Montenegro? Non esistevano società italiche con bandieroni tricolori?

  3. Slowfoot ha detto:

    La società in Montenegro è partecipata al 33% da D’Appolonia
    DFS partners are actively cooperating in China since year 2001 with several Chinese institutions
    (including MOST, SEPA and NDRC) on the Sino-Italian Cooperation Programme (SICP)
    financed by the Italian Ministry of Environment and Territory.
    http://www.dfs-engineering.com/home.htm

  4. john remada ha detto:

    Difatti nel progetto snam non c’era alcun obbligo di conversione da parte dell’enel ,qualora avesse vinto il sì ; c’erano un sacco di balle sparate a casaccio , tanto grosse che pochi ci hanno creduto; poi , guarda caso ,gli stessi amministratori che avevano avallato bidoni come la Simo , le AAA e la zona industriale in punto totalmente sbagliato , vista la presenza della Terme ,erano gli stessi sponsor della snam , affiancanti da rampanti Ds quali il sig.Gherghetta e suoi compari di quel partito.

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