8 Settembre 2010

Il WWF critico nei confronti della posizione di Margherita Hack sul nucleare

Pubblichiamo la nota del WWF Friuli Venezia Giulia

Abituata a ragionar di stelle e altri corpi celesti, la simpatica prof. Hack non disdegna (v. l’intervista sul Piccolo del 27 agosto) una «soluzione» radicale al problema dello smaltimento delle scorie nucleari: lanciarle nello spazio. Idea non nuova, peraltro, anzi già proposta alcuni decenni fa, ma mai seriamente studiata in nessun Paese del mondo. Per ottusità? Forse solo per un soprassalto di buon senso. L’idea di trasformare lo spazio nella discarica anche delle porcherie nucleari prodotte sulla Terra (resti di satelliti, stadi di razzi e cianfrusaglie varie, sono già disseminate in orbita intorno al nostro pianeta) non pare proprio l’optimum. Si ipotizza di spedirle nello spazio «profondo», ma dove? E soprattutto come? Con astronavi come lo Space Shuttle? Vengono in mente gli incidenti catastrofici che hanno coinvolto due di questi mezzi. Con altri mezzi più avanzati? Prima bisognerebbe inventarli. Il vero problema, ammette la stessa Hack, è però quello dei costi. Già oggi, del resto, il Dipartimento Usa dell’energia stima che il costo dell’elettricità prodotta con il nucleare nel 2020 (data in cui dovrebbe entrare in funzione la prima centrale nucleare italiana secondo i programmi del governo) sarebbe superiore a quello di tutte le altre fonti, eolico compreso. Aggiungendo i costi dell’ipotetico smaltimento «spaziale» delle scorie, si arriverebbe a valori davvero… stellari!Dal «Libro Verde sull’efficienza energetica», redatto e divulgato dalla Commissione Europea, si apprende però che «il costo totale di produzione di un kilowattora di energia elettrica è circa il doppio del costo necessario per risparmiare lo stesso kilowattora». Inoltre, lo stesso Libro Verde attesta che a parità di investimento, quello nell’efficienza energetica crea da tre a quattro volte più posti di lavoro, rispetto a quello nella costruzione di centrali nucleari o convenzionali. Senza produrre, com’è ovvio, né inquinamento dell’aria, né scorie nucleari, né pericoli di incidenti catastrofici, né dipendenza da importazioni di combustibile (anche l’uranio per il nucleare «italiano» dovrebbe essere importato da Paesi come Russia, Niger, Kazakhistan, Uzbekistan…).Va aggiunto che, secondo autorevoli studi (APAT 1999, Politecnico di Milano 2007), il potenziale di risparmio nel settore elettrico in Italia supera il 40 per cento (!) dei consumi attuali.Ecco perché gli ambientalisti – affetti da inguaribile ottimismo sulle capacità razionali degli esseri umani – si ostinano a ripetere che la strada giusta è quella della razionalizzazione dei consumi e dell’efficienza energetica, mentre insistere sulla costruzione di nuove centrali (nucleari o convenzionali) conviene solo a chi l’energia elettrica la vende, ma non ai cittadini-utenti, tanto meno all’ambiente.Deprime perciò trovare anche la firma di Margherita Hack, in calce all’appello che una settantina di intellettuali, politici ed imprenditori hanno rivolto alcuni mesi fa al segretario del Pd, Bersani, affinché schieri il suo partito a favore del rilancio del nucleare in Italia.Tutto ciò premesso, attendo con ansia il prossimo libro della prof. Hack sull’astrofisica.

Dario Predonzan
Responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia

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9 commenti a Il WWF critico nei confronti della posizione di Margherita Hack sul nucleare

  1. capitan alcol ha detto:

    Non sono nuclearista ed uno dei motivi principali è proprio la gestione delle scorie. Però devo dire che l’approccio pragmatico della Hack al problema questa volta mi piace. E se invece dello spazio profondo le buttassimo sul Sole?

  2. Dario Predonzan ha detto:

    Già, il problema è solo dove buttare le porcherie, vero?
    Perchè il capitan alcol – una volta ritornato sobrio – non prova a spiegare (dati e numeri alla mano, possibilmente) come si farebbe a buttare le scorie nucleari sul sole?

  3. famagosta ha detto:

    Non vogliamo l’inquinamento dello spazio! abbiamo solo un’outer space, preserviamolo!

  4. capitan alcol ha detto:

    #2 Suvvia è una provocazione! Mi stupisco di tanta acredine nel suo commento.
    A mio modesto parere le spese per lo smaltimento dei rifiuti provvenienti da qualsiasi attività sono a carico del producente (chi sporca pulisce diceva mia nonna).
    Regards.

  5. Dario Predonzan ha detto:

    Certo che i costi di smaltimento dei rifiuti sono (dovrebbero essere) a carico di chi sporca, ma siccome l’elettricità prodotta con le centrali nucleari finisce nelle case e nel,e industrie, sarebbero inevitabilmente i consumatori finali a vedersi scaricare sulle bollette anche i costi di smaltimento dlele scorie. Di qui la necessità di calcolare con precisione tali costi, per capire a cosa di andrebbe incontro.
    Lei sa fare questi calcoli?
    Molte centinaia di esperti stanno tentando di farli (per uno smaltimento/stoccaggio sotto terra, non nello spazio!) da alcuni decenni in varie parti del mondo, incontrnando enormi difficoltà: soprattutto perchè si tratta di quantificare il costo di sistemi che dovrebbero garantire il deposito in sicurezza di materiali la cui “vita” si misura in alcune decine di migliaia di anni…
    Osservo poi che l’alternativa rappresentata dagli investimenti nell’efficienza energetica non comporta la produzione di scorie radioattive (nè di rifiuti in genere) e quindi neppure i relativi costi.

  6. fabry ha detto:

    nucleare = follia economicamente insostenibile SE si considerano tutti i costi; mi sorprende che una persona che reputo intelligente come la Prof. Hack non se ne renda conto…

  7. capitan alcol ha detto:

    #5 completamente d’accordo.
    Ciò che mi piace dell’idea della Hack, è che se intesa come provocazione, non darebbe molte scuse ai sostenitori del nucleare intesa come fonte ‘economicamente conveniente’. Spedire rifiuti nello spazio potrebbe risolvere il problema a costi economici che nessun investitore privato potrebbe nemmeno immaginarsi.

  8. muschio ha detto:

    …si dai li spediamo sul sole e alla guida della navicella che li trasporta ci mettiamo la Hack e Veronesi…e come passeggeri dell’audace mezzo un migliaio di politici di camera e senato(destra sinistra e centro-per non fare torto a nessuno!)…in questo modo risolveremo il problema delle scorie! 🙂 🙂 🙂

  9. ilCaio ha detto:

    da “il fatto quotidiano” del 21 settembre 2010:

    Atomo più caro del petroliol’autogoal dei nuclearisti

    Gli è scappata una cifra. Una stima di costi in grado di far cascare tutto l’impianto retorico sulla convenienza dell’atomo in Italia. A pubblicarla è nientemeno che l’Associazione italiana nucleare (Ain), comitato che raccoglie i principali centri di ricerca e gruppi industriali attivi nel nucleare, Enel in prima fila. Fondata nel 1958, membro del Forum atomico europeo e della European nuclear society, l’Ain è un po’ la punta di diamante tecnico-scientifica del mondo nuclearista.
    La stima, contenuta in una nota ufficiale che contesta uno studio americano secondo il quale l’energia fotovoltaica sarebbe ora competitiva con quella nucleare, indica il costo dell’energia nucleare prodotta dalle nuove centrali tra i 10 e i 15 centesimi di dollaro al chilowattora. In euro, fa tra gli 8 e i 12 centesimi, vale a dire più del prezzo al quale l’energia è venduta nella Borsa elettrica italiana, che nel corso del 2010 è stato inferiore ai 7 centesimi.
    “Rinascimento nucleare”
    Ma allora che ne è della retorica dell’atomo come fonte di elettricità a prezzo super conveniente rispetto ai costi del termoelettrico a gas o petrolio? Interpellata dal Fatto Quotidiano, l’Ain non ha voluto fornire dettagli sulla stima, affermando che è tratta da “fonti industriali, riservate”, tra le quali, ovviamente, l’Enel. Il colosso energetico campione del “rinascimento nucleare” italiano deve aver suggerito la parte bassa della “forchetta”, visto che la ricerca di 300 pagine recentemente commissionata allo studio Ambrosetti (“Il nucleare per l’economia l’ambiente e lo sviluppo”) e pubblicizzata con grande enfasi indica un costo di 6 centesimi al chilowattora.
    A conferma che le stime piuttosto alte sul costo dell’energia nucleare devono essere state imputate agli esperti dell’Ain come una gaffe imperdonabile, va registrato che l’Associazione nucleare ha provveduto rapidamente a far sparire dal sito la nota incriminata.
    La stima del costo dell’energia prodotta da impianti nucleari è una faccenda complessa, troppo spesso affidata ai pregiudizi in un campo e nell’altro. Ma i dati dell’Ain fanno riflettere sulla disinvoltura con la quale l’Enel e il Governo diffondono cifre a supporto della tesi dell’economicità del nucleare. “Quelli pubblicati sono tutti range di prezzo”, spiega un portavoce dell’Enel, “basati su ragionamenti che hanno un orizzonte temporale dai 10 ai 60 anni”.
    L’incognita dei costi
    Va qui ricordato che stiamo parlando di impianti che nascerebbero per una vita utile fino ai 60 anni, e per i quali il costo di produzione del chilowattora dipende per oltre il 90 per cento dal costo di costruzione della centrale. Esemplare il caso del primo reattore europeo in costruzione dopo l’incidente di Chernobyl del 1986, quello della cittadina finlandese di Olkiluoto. Avviato nel 2000 il cantiere avrebbe dovuto essere chiuso nel maggio 2009, spesa stimata: 2,5 miliardi di euro. I costi sono ora saliti a 5,5 miliardi e l’impianto secondo Areva, il colosso pubblico francese che lo sta realizzando, dovrebbe essere consegnato alla fine 2012.
    Areva è il partner con cui l’Enel e il governo italiano hanno avviato la nuova avventura nucleare italiana. Con Areva e con il gigante elettrico francese Edf, l’Enel sta costruendo la centrale di Flammanville (in Normadia), basata sulla stessa tecnologia di Olkiluoto, nota come Epr (Europen pressurized reactor). A Flammanville l’Edf è già stata costretta più di una volta a rettificare verso l’alto il costo previsto per il chilowattora prodotto, e proprio a causa dei ritardi nella costruzione, che fanno impennare i costi finali di tutta l’operazione.
    Reattori all’italiana
    In Italia si parla di realizzare quattro reattori da 1.600 megawatt di potenza, per un costo stimato di 16 miliardi, 4 miliardi a centrale. La cifra appare ottimistica. Il gruppo energetico tedesco E.on, interessato alla partita, recentemente ha affermato che centrali di questo tipo costeranno almeno 6 miliardi. La differenza tra 4 e 6 miliardi equivale a un aumento del costo di produzione del chilowattora almeno del 30 per cento. Ad aprile un analista Citigroup, primo gruppo bancario mondiale, ha dichiarato che “da un punto di vista economico, il nucleare è una catastrofe, i costi devono essere trasferiti sui contribuenti”.
    Il decreto del febbraio scorso con il quale il Governo ha dato l’avvio al nuovo programma nucleare prevede una massiccia campagna di “informazione” per far accettare le centrali agli italiani. C’è da scommettere che la campagna non spiegherà che il chilowattora nucleare probabilmente costerebbe di più dell’energia che consumiamo ora. Come anche i super-nuclearisti dell’Ain hanno scoperto.

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