Diego Manna, classe 1979, sta a Trieste quanto Obelix al cinghiale e alla pozione magica nella quale è caduto da piccolo finendo per attecchire.
Zinque bici e un amaro Montenegro è la sua ultima fatica letteraria che passa su carta dopo esser stata letta on line sul sito di Bora la col quale collabora.
E il sapore della scrittura pastosa di Diego si amalgama perfettamente col ritmo lento di un viaggio a pedali. Forse il meno “spiritoso” tra le sue pubblicazioni, ma anche quella più matura, dal punto di vista riflessivo e descrittivo. Ero titubante su questo libro, pensavo che avesse ormai detto e scritto già al meglio le esperienze di viaggio coi suoi primi due diari, Zinque bici e una galina con do teste e Polska rivemo. Le maldobrie delle esperienze passate stavolta non ci sono e questo, se da un lato manca, regala al viaggio la sua dimensione più azzeccata. Non mancano gli aneddoti divertenti, si badi. Ma la goliardia stavolta si mischia con un pizzico di amarezza e di pragmatico realismo che accompagnano l’autore. Una generazione precaria, sempre in bilico tra il voler crescere e la fatica di farlo, tra il viaggiare e ritornare alle origini e il vagare senza senso, che col formato cartaceo abbraccia le generazioni precedenti, legate al materialismo delle pagine da girare. Non è un abbraccio astioso il suo ma una lucida analisi dei tempi balordi che, forse, regalano opportunità ai talentuosi ma non ai “normali”. È un’amarezza catartica che spazia da Trieste ai Balcani, uno scoppio di energie da maree e dall’incontro coi popoli di confine, magari davanti a una birra e con la tavola imbandita. E a tavola ci si ritrova sempre, pur nella precarietà, a cercare conforto e riconoscimento dopo la fatica. Quella fatica che fa cadere le barriere e rende fratelli in un mondo così complicato.
Riderete con l’odissea delle bottiglie di liquore. Riderete del pressapochismo alla “Viva l’A e pobon”. Rifletterete sulla Bosnia martoriata e con un futuro incerto, quanto quello dei compagni di pedali rimasti a casa a lottare contro l’instabilità occupazionale. E rifletterete sui tempi che cambiano così in fretta da rendere sempre più difficile adattarvisi. Se poi vi resterà una punta d’amaro in bocca, versatevi due dita di Montenegro e in attesa di potervi tuffare nel Golfo argentato di Trieste o di Kotar, lasciate che sia la Bora a pulirvi l’anima.
Ultima considerazione è per la scelta di uscire in modo indipendente. 8€ non sono pochi per 100 paginette ma sono ben spese perché supportano un progetto che Diego e la sua banda di simpatici muloni e mulone portano avanti. E senza editori che succhiano linfa e denaro, almeno sappiamo in quali tasche finiranno quei soldi.
Da leggere con attenzione.
Bravo Diego Manna.
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coredà dela mitica fiasca “dedicata”, ghe lo go regalà al veterinario dei mii cagneti. El mulon xè foresto (Tv.), ma oramai naturalizà…el ga ssai aprezà!