Avete mai assistito al rito di uno sciamano? Io si, più o meno ogni week end.. Questo sabato ho assistito al rituale di uno dei più fighi sciamani del mondo, uno dei primi che si è elevato dal ruolo di capocomico orchestratore di concertini meccanici e ha dato consapevolezza a se stesso a ai suoi colleghi dell’enorme impatto di ciò che stavano facendo. Si chiama Jeff Mills, ha 50 anni, viene da Detroit e sabato ha fatto venir giù le malte al Molo IV.
Il contesto in cui si è svolto il tutto è il festival Electroblog (sempre sia lodato), manifestazione che da anni irrompe nella (quasi) monotonia triestina e porta qui da noi stelle di prima grandezza del mondo dell’elettronica. Un bel calendario corposo per l’edizione 2012 con le succose premesse di Mojo e Zinc di venerdì sera, la crew di Electrogreen a far festa in Stazione Rogers ed i mitici Electrosacher a trasformare il Magazzino26 in un club berlinese. Il clou però è al Molo IV, in programma due padri della chiesa della techno, Kevin Saunderson e Jeff Mills.
Prima di tutto chapeau ai ragazzi di Onstage che hanno fatto suonare il Molo IV come mai prima d’ora si era sentito: inutile negare che quando è iniziata a circolare la notizia dell’evento mi era sorta la preoccupazione di come poteva venir fuori un set con i volumi e la pressione che mi aspettavo da gente come i due grandi vecchi, in un ambiente acusticamente ostico come quello del Molo IV. Ebbene, pareva di stare in un altro posto, niente riverbero dal fondo e dai lati, una pressione sonora mai vista, una ricostruzione spaziale perfetta, gran gran lavoro ragazzi.
Gli sciamani, dicevamo: se c’è una cosa di cui la nostra cultura dovrebbe prendere atto è che l’uomo contemporaneo ha la stessa necessità di ballare che avevano i nostri antenati che vivevano nelle caverne e, per quanto io non ami la vicinanza fisica di adolescenti su di giri, c’è la coscienza di star partecipando ad un rituale collettivo che si permea del sapore del Sacro che rende il tutto sopportabile. In questo specifico caso il percorso iniziatico è roba da sciamanesimo siberiano con la città imprigionata in una morsa di ghiaccio e neve che ha reso difficoltoso ai più raggiungere il Molo IV.
La partenza, dopo un warmup filologicamente irreprensibile affidato a Dibla e a Beppe Rossi, è nelle mani di Kevin Saunderson, un nome che da solo mi fa venire i brividi se penso a cosa ha rappresentato per me da adolescente la sua musica: il suo è un set straordinario, la cassa è sempre una legnata nella schiena ma il groove sottotraccia non manca mai, la matrice black emerge in passaggi che vengono dritti dritti dal miglior soul degli anni ‘70, dalle orchestre di Philadelphia, con il basso rotondo e corposo che sembra preso da certa roba Stax. Attenzione, sempre di techno stiamo parlando, quindi non immaginatevi un set di dolci mollezze house. I BPM sono spinti e le bassline in onda quadra dicono chiaramente che stasera non si fanno prigionieri. Tracce di melodia che scompaiono totalmente nel set di Mills che tira dritto sulla sua strada con una sventagliata di mitragliatrice che dura 3 ore filate (di cui l’ultima, mostruosa, fatta solo con la drum machine). Mills in console è un pezzo di ghiaccio; immobile, imperturbabile come un santone. Non sono stato con gli occhi fissi alla console ma non ricordo di averlo visto, non dico ballare, ma muoversi a tempo. Moltissimi echi 90’s nel set di chi quei 90’s li ha sostanzialmente fatti con le sue sante manine: passa un pezzo che suona come il vecchio Inner City “Good Life” con la bassline riveberata (per gli enciclopedici credo sia l’edit di Killa Productions), io sempre con i Doc Martens ai piedi, sembra tutto come una volta. L’ultima ora, come dicevamo, è una cosa spiazzante, ipnotica: abbandonati i dischi, Mills saetta sui comandi di un Roland 909 e ne trae una lunga suite dai sapori tribali, sovente libera dall’ortodossia del 4/4. In quel momento non ce n’è uno che non rivolga lo sguardo alla console, che non riconosca al Dj quel ruolo di sciamano da cui tutta questa storia è partita.
Sono rimasta allibita nel leggere questo testo sciamannato: una spudorata apologia dell’apolidia di suoni senza radici, usati dalle tribù dei nuovi barbari per cancellare ragione e sentimento dalle proprie menti e ridursi a una convulsa fisicità.
Chi organizza questi eventi sciamanici non potrebbe invece proporre ai giovani le tradizioni musicali delle terre tra le quali si incrociano le radici culturali della nostra città, come il valzer viennese e il kolo balcanico?
Invece si preferisce riproporre in continuazione questi suoni apolidi, dal ritmo ripetivo e sessuato. Allora c’è poco da stupirsi se, come mi ha raccontato mia nipote, sul cubo di una nota discoteca cittadina, all’inizio di questo mese, sia stata chiamata a dimenarsi sfacciatamente una ragazzina appena 18enne, in minuscoli abiti provocanti, con sotto un’orda di maschi eccitati e di ragazzine adoranti. E c’è poco da stupirsi se questa giovinetta si sia montata la testa, si faccia chiamare Kelly Miss Hilton e si autodefinisca “web icon” sul suo profilo facebook, con oltre 10mila “mi piace”, tra i quali, purtroppo, anche quello di una mia nipote che non riesco a ricondurre alla ragione.
Sono questi gli esempi che date ai giovani? Come stupirsi allora che una giovane ventenne si fidanzi ufficialmente con un uomo di mezzo secolo più vecchio di lei, come abbiamo appreso pubblicamente ieri da uno spudorato nostro ex capo del governo?
Le un tempo rigogliose fonti dell’Etica si sono ormai ridotte a piccole oasi, circondate da un avanzante deserto morale, nel quale suoni sciamanici e discinte ragazze immagine corrompono anche la tempra, un tempo asburgica, della nostra gioventù.
Giulietta Sanlorge
meh
tana per diego manna tutta la vita