Nel bel mezzo della rotonda di San Polo, proprio di fronte all’ingresso dell’ospedale di Monfalcone, qualcuno ha ritenuto opportuno piantarvi un ulivo secolare, collocato lì in mezzo allo smog, probabilmente con l’apparato radicale ancora costretto nella forma del vaso utilizzato per il trasporto ancorché, tolto da quello, la sostanza non cambi.
Infatti, sempre prigioniero è!
Ma quanto costa poi un ulivo secolare? A seconda delle dimensioni e delle fattezze, tra i 500 e i 1000 euro. Pochissimo indubbiamente, considerato che sono comprese le spese di trasporto, espianto e reimpianto.
Ma perché poi, un albero secolare, deve essere deportato dal suo habitat, separato dai suoi fratelli dell’antico uliveto meridionale, di chissà dove, per essere confinato nella solitudine degenere di uno spartitraffico di Monfalcone?
Sgradevolmente pervaso poi dai vapori di benzina e destinato a non essere mai più utilizzato per fare l’olio, scopo per il quale è nato ed è stato coltivato fin da piccolo, all’epoca dei nostri bis, bisnonni?
Questo gusto dell’orrido, della deportazione e della confinazione – fascista o stalinista, come si vuole – pur botanicamente parlando, viene dalla peggior gestione del verde pubblico, per la quale la città di Gorizia evidentemente ha fatto scuola, già dieci anni fa, sotto la direzione del dott. Andrea Maroè, quando si è smessa ogni preoccupazione per la tradizione, per un disegno complessivo dell’arredo urbano, nella confinazione mentale e limitata di episodi botanici del tutto scollegati dall’assetto cittadino, proprio come dimostrano gli ulivi secolari invasati e impiantati dopo il sottopasso ferroviario e in piazza Corno o come il sacrificio immane dell’aiola della corte interna del palazzo comunale, bellissima prima nell’uniformità verde scuro della convallaria japonica, ridotta poi senza motivo e senza licenza, a incomparabile e disordinata dozzinalità di arbusti di ogni tipo.
Le aiuole spartitraffico, sono oggetti utili a dividere le corsie che accolgono le automobili in uno scorrimento più o meno veloce. Non è loro natura essere campionario botanico per farsi rimirare da parte di chi, appunto alla guida dell’auto, è impegnato a superare lo spazio dell’incrocio.
Che poi il neo assessore di Monfalcone Paolo Frittitta, racconti che in quell’ulivo di San Polo ci sia il ricordo di Giorgi, che Luciano Giorgi senz’altro sarebbe stato contento di quell’albero messo in galera in mezzo alla rotonda dell’ospedale, beh, si può strumentalizzare ogni cosa…
Gli antichi ulivi, almeno quelli che non hanno chiesto di essere deportati, andrebbero restituiti ai loro uliveti, nel quadro del riconoscimento delle minoranze botaniche.
Quanto meno…
Servirebbe anche un regolamento comunale per vietare l’ostensione di fiori e piante varie costrette in piccoli vasi sugli altrettanto inquinati balconi fronte strada delle nostre citta’.
Pensateci.
Se ti vuoi consolare anche noi a ts abbian dei capolavori: i cespuglietti sulle rive tra tutti.
All’epoca del referendum Snam, Giorgi era un nemico dei ds ora pd,da morto diventa amico…la politica monfalconese,salvo rare eccezioni come A.Ritossa o F.Quarantotto,è uguale a quella nazionale,e anche peggio alle volte.
Il povero Luciano si rivolterà nella tomba, a sentire le cazzate di Frittitta.
Ha comunque ragione anche Francesco: Trieste non è seconda a nessuno quanto a misfatti e kitsch sul verde pubblico. Basti pensare alle palme (!) piantate negli ultimi anni qua e là dal Comune (neanche fossimo Palermo…), e che ovviamente . Oppure ai filari di abeti in vaso, che “decorano” ogni Natale la piazza dell’Unità (corredati di altoparlanti che suonano Jingle Bell et similia), oppure al tentativo – sventato solo grazie ad una sollevazione popolare – di stravolgere la piazza Libertà tagliandone anche diversi alberi secolari.
io per principio non sono contrario alle piantumazioni, se poi qualcuno ritenga siano fuori luogo certe specie più di altre è un’altro paio di maniche, per me piantare fa bene alla nostra salute, tagliare ed estirpare no. Per contro possiamo dire ceh quell’ulivo ci sarà ancora grande imperioso e fruttuoso quando tutti noi saremo a sburtar radicio, e già adesso el pensiero che i nostri pronipoti se farà fresco all’ombra de un ulivo no me dispiasi, sempre meio che de una pensilina come quelle mese danti alla posta in piazza vittorio veneto a TS.
vedo che tristemente nisun se ricorda più dei tamerici che ornava le rive de trieste e che l’ex sindaco ga fatto sparir con 4 colpi de segaacadena per mettere le aiuole..
El bel dei tamerici iera ceh ghe servi pochissima acqua x creser e xe resistente al fredoe al sal del mar, oltre ceh a creser molto lentamente.. oltre a far ombra che no xe più!
il mio preferito è il cespuglio a forma di delfino davanti alla ex-pescheria (è un po’ che non passo di li, chissà se c’è ancora)
un ulivo nel cemento…ma quel lo ga pianta el sindaco a Trieste ereditando el piano regolatore
Piazza monte re a opicina, completamente devastata, non so chi abbia progettato quello schifo
O vogliamo dire della piazza di fronte alla posta?
Non so chi sia il genio che ha approvato, ma tanto basta vederecome si tiene il Carso per capire che non capiscono un tubo di verde
CNA per chi no sa l’ulivo xe una pianta che se adatta ogni situazion e resisti al smog
A per dir prima del 20 a Trieste i era pien de ulivi
Non dimenticate anche che quell’ulivo, prima di finire qua, stava in un uliveto, cioè nel posto giusto, dove la sua vita aveva un senso ben preciso. Questo degli ulivi spiantati dal loro luogo d’origine per farne volgarotto arredo urbano a me indigna. Quando li vedo quasi mi vergogno e distolgo lo sguardo.
Piazza Vittorio Veneto, davanti alla Posta centrale di Trieste, è stata progettata dal “grande architetto” lubianese Boris Podrecca, ai tempi del sindaco Illy (lo stesso della variante 66 al piano regolatore, che piace tanto a Matteo:-)))
Quel ulivo li proveniva da qualche vivaio e no da qualche oliveto, non si possono mica spiantare così
Mica lo gA fato l’architetto el pro, dovreste essere felici cosolini sta facendo le salvaguardie
A Dario invece piace distrugger e l territorio con new town, variante 118
Prima di tutto mi domando da dove viene quella foto, visto che NON è assolutamente la nuova rotonda di San Polo. Pare piuttosto Ronchi dei Legionari…
Comunque sia, che l’ulivo stia male lì dove sta è un PARERE, che come tale non dovrebbe stare in un articolo, a meno che non sia un fondo o che non troviate un agronomo che ve lo dichiari.
Come? Non è l’architetto a fare il progetto? E chi lo fa allora: la donna delle pulizie?
Grande Matteo, dai scrivine un’altra delle tue!
E per una volta, scrivi anche il cognome: di cosa hai paura?
Quanto alla variante 118, credo che Matteo sia l’unico a non sapere – o a far finta – che io e gli altri ambientalisti abbiamo chiesto da subito (e ripetuto innumerevoli volte) che la previsioni per le zone “miste strategiche” andavano radicalmente riviste.
Chi è in malafade, di solito, fa così.
Pro no pro, go sbaia
Aieie braso
Mi diria che costruir ex novo new town xe pezo
Il K ovviemente non ha piante a casa perchè sono in “galera”… e il suo giadino è un getto di cemento bellissimo!
Viva gli architetti!
La parte più bella è qualla in cui si parla di “deportazione fascista o stalinista” degli ulivi. Cioè: piantare un ulivo in un’aiuola è segno di fascismo!
Come si fa a scrivere delle vaccate simili?
L.
La foto è di Gorizia per la precisione dopo piazza de Amicis.
Complimenti all’ignoranza ed alla malizia di chi ha scritto questo articolo: resterà stupito nello scoprire che l’ulivo non “nasce per fare l’olio”, che è una pianta resistente alle più svariate latitudini, e che gli ulivi sono diffusi in grandi quantità in qualità coltivative ed ornamentali anche alle nostre latitudini.
E francamente, anche i gusti estetici dell’articolista lasciano decisamente a desiderare.
Signor Kuzmin, invece di scrivere articoli inutili e disinformati come questo, vada a farsi un giro poco dopo Muggia, lato sloveno: scoprirà quanti ulivi vuole.