28 Maggio 2010

“Acquedotto Teresiano abbandonato al degrado”

In previsione della conclusione dei lavori di riqualificazione del complesso edilizio Ater di via del Capofonte – Borgo San Pelagio, iniziati nel 2008, le associazioni “Il Capofonte”, WWF Trieste e Italia Nostra esprimono viva preoccupazione per lo stato di abbandono in cui versa l’Acquedotto Teresiano, bene di proprietà pubblica dal grande valore storico culturale risalente al XVIII secolo e come tale sottoposto a tutela.

Si ricorda che nel corso dei lavori preliminari alla ristrutturazione del Borgo San Pelagio furono procurati dei gravi danneggiamenti all’Acquedotto Teresiano, accertati anche dalla locale Soprintendenza.
In una prima lettera indirizzata al sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, e alla presidente dell’Ater di Trieste, Perla Lusa, datata 9 maggio 2008, infatti, il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, architetto Roberto Di Paola, invitava le amministrazioni a riferire in merito, sospendendo cautelativamente qualsiasi operazione che potesse mettere in pericolo il bene storico. In una successiva lettera del 13 agosto 2008, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia elencava dettagliatamente i danni riportati dall’edificio storico riscontrati durante un sopralluogo effettuato in data 30 giugno 2008 e sottolineava la necessità di un restauro, previa presentazione di un progetto esecutivo alla competente Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico del Fvg.
Allo stesso tempo la Direzione suddetta segnalava che – se accertate – le alterazioni del regime idrico sotterraneo, causate dai maldestri lavori di consolidamento dell’Acquedotto Teresiano, avrebbero potuto compromettere le condizioni di conservazione dello stesso.

Le associazioni Il Capofonte Onlus, WWF Trieste, Italia Nostra presentavano in data 12 maggio 2008 un esposto alla Procura della Repubblica di Trieste (le indagini, a quanto è dato sapere, sono ancora in corso) con ampia documentazione inerente i lavori per la messa in sicurezza del bene storico e ai conseguenti gravi danni causati durante il posizionamento della soletta superiore di protezione proposta e progettata dall’Ater e accettata dagli uffici tecnici del Comune di Trieste.
Nella relazione consegnata al magistrato, si evidenziava come durante i lavori di scoprimento dell’estradosso della galleria interna, fu intercettato il flusso d’acqua che normalmente scorreva dalle gallerie superiori tramite una tubazione di ghisa. Tale tubazione fu successivamente ostruita dal cemento nel corso dell’attività di infissione dei micropali, causando l’innalzamento della soglia di travaso dell’acqua a 98,2 metri sopra il livello del mare. Era stato infatti accertato, in data 27 aprile 2008, l’allagamento di tutte le gallerie superiori con un innalzamento di circa 2,3 metri e un accumulo d’acqua pari ad almeno 500 mc. Il fatto veniva divulgato tramite conferenza stampa dall’Associazione Il Capofonte, e i tecnici Ater decidevano di intervenire per rimediare al danno vuotando, con l’utilizzo di apposite pompe, le gallerie superiori e creando un pozzetto drenante per raccogliere le acque che non scorrevano più nella loro sede originale. Durante questo ulteriore intervento veniva però abbattuta la parete interna di chiusura della galleria e, con estrema fretta, coperto lo scavo, precludendo di fatto ogni possibilità di intervenire sulla regolazione dei flussi idrici a monte del Capofonte Teresiano.

Più volte è stato ribadito il concetto che il bene storico doveva essere tutelato nella sua complessità sia strutturale che funzionale, tanto è vero che negli anni furono effettuati numerosi sopralluoghi e convocate diverse Commissioni consiliari congiunte (lavori pubblici, trasparenza, cultura) del Comune di Trieste.
I danni furono verificati di persona anche dal dott. Dugulin per l’area Cultura, dall’ing. Tevini per l’area Lavori Pubblici del Comune di Trieste e dal presidente della VI Circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazza.

Preme ricordare che in data 3 giugno 2008 l’architetto Anselmi della Soprintendenza dichiarava in commissione Lavori Pubblici che il Capofonte Teresiano è un bene culturale e in quanto tale va mantenuto nelle sue funzioni, e ancora le dichiarazioni del consigliere comunale Sasco, che definiva il manufatto storico e architettonico di importanza primaria e sottolineava che il regime idrico non andava modificato o danneggiato. Ribadiva anche la necessità del ripristino originale ed evidenziava l’importanza primaria di decidere chi avrebbe dovuto eseguire l’intervento ulteriore, chi lo avrebbe pagato e chi avrebbe verificato la corretta esecuzione dei lavori.

Alle proteste dei cittadini, che nel giugno 2008 in 1.600 sottoscrissero una petizione in favore dell’attività svolta dall’Associazione “Il Capofonte” riconoscendone l’operato di manutenzione e conservazione della zona boschiva e delle risorse naturali ipogee ed epigee presenti, nonché l’attività di salvaguardia dell’Acquedotto Teresiano, rispose ancora una volta la IV Commissione consiliare permanente nella riunione tenutasi il 12 marzo 2009, quando dopo una discussione nella quale si prendeva atto di un danno esistente, chiedeva che venisse eseguita in tempi brevissimi una perizia idrogeologica al fine di verificare la situazione e intervenire per un ripristino dopo aver individuato le responsabilità.

Da allora è trascorso più di un anno, ma di studi e verifiche tecniche non si è più parlato: gli abitanti rimangono preoccupati della situazione, mentre le scriventi Associazioni hanno ribadito la necessità di una perizia idrogeologica urgente nell’area anche nelle osservazioni presentate lo scorso novembre in merito al nuovo piano regolatore comunale (var. n. 118).

Solo attraverso un’adeguata valutazione del rischio idrogeologico, infatti, sarà possibile accertare la reale situazione del cambiamento dei flussi idrici sotterranei. La preoccupazione tangibile è che con la consegna dei nuovi alloggi Ater del Borgo San Pelagio tutta la vicenda cada nel dimenticatoio e nulla venga più fatto per ripristinare l’opera ingegneristica di captazione e trasporto idrico delle acque voluta dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, che con l’editto del 19 novembre 1749 ordinò la costruzione dell’acquedotto per far fronte alle necessità idriche dovute all’aumento della popolazione di Trieste nel XVIII secolo. Il Capofonte e le gallerie di captazione dell’acqua hanno un grande valore storico e culturale e devono essere salvaguardati perché testimonianza preziosa per la storia della nostra città.

Le scriventi Associazioni chiamano pertanto in causa tutte le autorità competenti affinché vengano individuati i responsabili degli interventi necessari e vengano date risposte chiare e immediate ai cittadini.

Maria Grazia Beinat, presidente Il Capofonte Onlus
Alessandro Giadrossi, presidente Wwf Trieste
Giulia Giacomich, presidente Italia Nostra – sezione di Trieste

foto: Società Adriatica di Speleologia – Trieste

1 commenti a “Acquedotto Teresiano abbandonato al degrado”

  1. sergio ha detto:

    saluti a tutti, in questa città per le cose storiche si ha poca considerazione, prima domanda chi doveva fare la veifica? penso che un anno bastava per farla, il presidente della VI Circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazzasi si da fare per risolvere il problema? Chi ci tutela? cosa serve la politica? Perchè il sindaco o comune non ha fatto una causa per danni contro chi gli ha causati? ricordatevi di votare persone che si occupano dei nostri problemi, se non gli risolvono lasciateli a casa saluti sergio

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