Il pezzo è del misterioso F.O., studente rigorosamente sardo impegnato in un progetto del Servizio Civile Europeo in Romania. Una recente visita in Italia gli ha permesso di interrompere un quanto mai sofferto digiuno calcistico.
Raggiungo il controllo passaporti e, subito dopo, mi dirigo velocemente -e con una certa compiacenza- verso il banco dove si paga il parcheggio e si comprano i biglietti per il mitico Express 4 che dall’aeroporto porta al centro di Timisoara. I biglietti sono finiti. Non mi pongo troppe domande e raggiungo la fermata del bus. Salirò senza biglietto e, a seconda del tipo di umore -civico/incattivito/idealista/anarchico/Licia-mi-farebbe-un-cazziatone/Mart-pure/tanto-pure-F.G.-una-volta-non-ha-fatto-il-biglietto/moralista-, vedrò cosa fare.
Vedo che un altro italiano ha dei problemi. Chiede in italiano alla donna rumena che non parla italiano: “Ma quindi dove lo compro il biglietto?” La donna non capisce e lui prende quella (letterale) incomprensione in una maniera inaspettata e dice alla donna: “Ma come non ci sono autobus?!?” Altro silenzio della donna. Per evitare che l’uomo continui le sue libere interpretazioni intervengo: “Senta, i biglietti sono finiti”
“E che facciamo quindi?”
“Niente”, dico io “saliamo sul bus e lo diciamo all’autista”
“Ah, siamo proprio in Romania”
“No, guardi, non c’entra niente la Romania.”
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Una serie di eventi, veloci come la vita di un uomo rispetto all’eternità, mi portano in taxi con Maurizio (sulla cinquantina). Maurizio chiama “Stephan” (l’autista del Taxi) [Stepan] e non [Stefan] (leggete all’italiana quello che leggete tra le parentesi quadre. Mi sembra esagerato utilizzare l’alfabeto fonetico internazionale). L’errore sarebbe comprensibile se il mio caro Maurizio non mi avesse detto poco prima che è venuto in Romania per la prima volta nel 1979 e da allora più o meno regolarmente.
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Maurizio viene fuori. E’ qui che capisco subito che io e lui siamo già amici. Che lui mi ha già adottato come figlio/fratello minore. Che mi vuole bene. E’ qui che comincia ad insultarmi ma allo stesso tempo -come solo i grandi Maestri sanno fare- ad insegnarmi la Vita.
Mi insulta: “Hai la ragazza? A 24 anni? Ma sei un coglione?” “Ma tu dovresti fare ammucchiate ogni giorno!” La bellezza del Maestro è che nel frattempo in cui mi provoca, perché lui vuole farmi uscire fuori -lo so-, è in grado di dire “Piazza mea!” (utilizzato come un “ohi ohi”) con uno stile unico ed inconfondibile. “Sei a Pecica? Ma che cazzo ci fai in quel posto di merda?” (Come dargli torto?)
Mi insegna: “L’uccello non ti si consuma mica eh?” “Se vuoi io a questo qui [l’autista del taxi] gli chiedo e andiamo a farci fare un massaggetto erotico da qualche parte!”
In questi momenti -devo essere sincero- mi sentivo colpevole ed imbarazzato. Un’emozione che non sentivo da quando al campetto di calcio il mio compagno di squadra tredicenne e coetaneo mi chiedeva prima o dopo gli allineamenti: “Ma te le fai anche tu le pullighe [seghe]?”
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Arrivati a Timisoara vediamo che il treno partirà dopo due ore. Non si perde d’animo, la mia guida, e ci dirigiamo verso l’uscita per cercare la stazione degli autobus. Mentre usciamo, una ragazza dentro un negozio si rivolge a qualcuno che evidentemente non è il Maestro. La distanza ragazza-noi è tra i 15 e i 20 metri. La ragazza non conosce il Maestro. Il Maestro non conosce la ragazza. Siamo in una stazione piena di gente. Ma il Maestro ha personalità, è sicuro. Sa quello che vuole e -come capirò dopo- cosa le donne vogliono dal Maestro. Il Maestro quindi si avvicina e chiede: “Cosa?” La ragazza non se ne accorge nemmeno e il Maestro si rende conto di aver appena fatto un (rarissimo) errore (volgarmente “mega-cappellata”). Quindi -sempre con stile- si allontana e si riavvicina a me per andare verso l’uscita. Questo momento è un momento che io descriverei come un azione completamente “a caso”, “a cazzo”, “a random”, del Maestro. Ammirazione assoluta.
Usciamo e in un’edicola chiede un giornale. Lì incontra Alin. Alin parla italiano.
“Allora, vediamo. Tu parli italiano perché hai lavorato in Italia!” dice il Maestro -che anche adesso la sa lunga
“Sì” dice Alin
“E facevi il muratore”
“Sì”
“Guarda che mani che hai. Da ginecologo eh!?! Eh, io lo so!”
Grasse risate. Alin è conquistato. Ci accompagna alla stazione dei minibus e lì troviamo un pullmino che ci porterà ad Arad per 2 euro e 50.
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Il viaggio in pullmino sarà più facile del previsto. Il gruppo-insieme “Parole-chiave” diventa sempre più grande.
‘Coglione’, ‘piazza mea’, ‘ammucchiata’ sono affiancate da ‘zoccola’, ‘loffia’, ‘sudore’, ‘salsiccia’. Non 20 secondi di fila di silenzio. I sospiri, che a volte segnalano imbarazzo, sono sostituiti dalle succitate parole e, vi assicuro, sentire ‘zoccola’ al posto di un sospiro è pura genialità.
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Il racconto sarebbe veramente lungo e quindi taglio.
Da raccontare, però, il tentativo di convincermi ad andare con lui ad Oradea dove il 21enne seduto al suo fianco avrebbe dovuto introdurci ad eventuali “zoccole” locali. Il giovane, apostrofato “play-boy” e “Rocco Siffredi”, non ci stava evidentemente capendo una mazza -ma, si sa, i geni sono sempre incompresi.
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Il Maestro è con gli amici più intimi che fa vedere la sua profondità. Al telefono con un’amica:
“Ah ma finalmente rispondi! Hai trombato fino ad adesso!?!? Brutta troia!”
Risposta della donna. E lui: “Eh, hai il periodo?! E ma ti puoi far fottere in culo!” Risate e poi:
“OK, ci vediamo domani sera che parliamo un po’! Ciao bella!”
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“Le turche non sono come le rumene. Qui non hanno sta cazzata del Corano. La danno tranquillamente. Mica perché so’ zoccole! Alcune sì, ci mancherebbe, ma altre perché vogliono sentirsi importanti! Poi, ti dico, 20 anni fa la Romania era molto più bella. Tutto costava pochissimo. File di centinaia di metri per fare benzina e tu, europeo, che pagavi 2-3mila lire in più, passavi come uno sceicco. Ora siamo poveri anche qui. La Romania è finita.”
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Il “paradosso di Maurizio”. Il “Paradosso di Maurizio” è chiamato in questa maniera perché la metodologia del Maestro è auto-validante ed assoluta. Il paradosso è geniale nella sua semplicità e viene fuori dopo un’altra affermazione (“La maggior parte dei turchi sono omosessuali”) che però meriterebbe un’e-mail a parte. Ecco il paradosso:
“Adesso vai in giro qui e una puttana ti chiede 100euro. E che cazzo!? Me ne vengo in Romania per spendere 100euro? In Italia ne trovo una a molto meno! Questo è un paradosso. Ah, l’Unione Europea e la globalizzazione…”
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Sono in pieno disaccordo col 4.5 dato a Caceres (contro il Bayern) da Repubblica (anche se è vero che avrebbe dovuto occuparsi maggiormente della fase offensiva però, cristo, severi!).
Ah! Spassosissimo! 🙂
comprendo il paradosso di Maurizio e condivido in toto il giudizio su Caceres. per dirla con i toni dell’articolo di F.B., è l’unico che c’ha messo le palle.