“Eravamo seduti nella corte di una casa di campagna a Dutovlje e festeggiavamo le nozze di zia Olga. Era l’anno 1946 ed io avevo 6 anni.
Tranne una o due notti, passate all’aperto durante la guerra per paura che bombardassero Sežana, era la prima occasione in cui non dovevo andare a dormire colle galline. La compagnia era vivace come si conviene per via dell’occasione, perché la guerra era finita e perché era possibile dopo lungo tempo cantare liberamente in sloveno.
Io ovviamente tutto questo non lo comprendevo, ero solo incantato dal magico fascino della serata. Cadde un profondo buio estivo e sui tavoli, disposti sotto i pergolati attorno al pozzo, furono portati lumi a petrolio. Ancora oggi vedo la loro morbida luce e le falene che ci sbattevano contro nella loro folle danza. Odore di fieno e di stalla, di fritto, di terano e prosciutto. Carso.”
Jože Pirjevec ha trovato casa sul blog dei liberaldemocratici sloveni.
“Ho deciso di inserire Lisbona nella mia lista di “Citta’ Bianche”. Anche Trieste lo e’: lo penso quando osservo il quartiere del Borgo Teresiano dal forte di San Giusto. Pietra bianca d’Istria. Piazza Unita’ e’ altrettanto bianca, ma a dispetto della sua estensione non da’ respiro. I tre lati la chiudono come il piano di un flipper. Sul quarto lato il mare e’ sempre liscio, e sgombro da navi.”
Tratto da ‘Just some remainders, e qualche idiom‘, blog misterioso in italiano e inglese: un piccolo gioiello da leggere prima che si accorgano che è fermo da quasi un anno e lo cancellino…
E giusto per aggiungerci qualcosa anche in croato: il Club degli studenti istriani a Trieste.
Quest’altro invece istriano non è, ma sempre in visita a Trieste. Credo faccia parte di questo gruppo (il nome del professore è lo stesso).
Ed infine per chi vuole cimentarsi col cirillico: 5 minuti del 1° episodio di “Trst via Skopje“. Il primo titolo dice Confine italo-jugoslavo – 1986… In memoriam?
“Di solito inizio i miei corsi di logistica e trasporti con un test introduttivo. Quanto le nozioni di storia apprese influenzino il giudizio sullo sviluppo economico moderno è illustrato bene dal quesito che regolarmente pongo ai miei studenti:
“L’Austria non ha accesso al mare. Per quale dei porti elencati transita la maggior parte del commercio estero austriaco?“
- Capodistria
- Trieste
- Rotterdam
Gli studenti guardano le carte geografiche, ricordano che Trieste è il porto storico dell’Impero austro-ungarico e regolarmente rispondono Trieste o, talvolta, Capodistria. L’errore sta nell’aver estrapolato dai precedenti storici. La risposta giusta è Rotterdam.
Nel traffico merci la vicinanza geografica di un porto senza infrastrutture moderne è un valore negativo, che grava sul costo del prodotto rendendolo non concorrenziale. Il raggio economico di un porto ben attrezzato raggiunge un hinterland profondo fino a 3.000 km.”
Julijana Mirkov pubblica da Kikinda nel Banato: non su logistica e porti, ma su Malthus, globalizzazione, Kosovo, di un marchio rimasto dieci anni senza un prodotto e della ricerca di un campo di sterminio svanito attorno a Narvik. Brillante, graffiante, impagabile. Intraducibile…
che super-post.
bravo\
Grazie per l’attenzione dedicata ai miei post sul Blog DJ Media – Kikinda.
Una picola precisazione: i miei contributi arrivano tutti dall’Italia (Portogruaro e Bari).
Complimenti per le vostre pagine che ho letto con interesse.
Buon lavoro.
Julijana
Postilla: i miei post sono perfettamente traducibili.
Nell’economia dei trasporti, e qui correggo la traduzione dal serbo-croato, si usa il termine “la distanza economica”, non “il raggio economico”. Tradutore – traditore!