di Maria Irene Cimmino*
Un libro che non lascia respiro, e prende fino all’ultima parola. Un racconto che nella sua drammaticità si fa anche portatore di valori e di speranza. Mercoledì delle Ceneri è il romanzo di esordio di Antonello Dinapoli che si impone all’attenzione dei lettori con la sua scrittura lucida, a volte psichedelica per una tematica spietata e dirompente.
Buon giorno Antonello. Vorrei che ti presentassi ai tuoi lettori, dopo la pubblicazione del tuo primo libro: Il Mercoledì delle Ceneri.
Buongiorno Maria Irene, buongiorno lettori e buongiorno malcapitati del web. Mi chiamo Antonello Dinapoli anche all’anagrafe, ho 31 anni e di mestiere faccio il giornalista radiofonico. Poco è cambiato da quando ho pubblicato il mio primo romanzo (pochissimi vantaggi economici, emotivi, esistenziali o sessuali): l’unica variabile che ha subito una notevole accelerazione è l’ansia da prestazione rispetto alla scrittura della nuova opera.
Quando hai sentito la necessità di cimentarti in questa nuova sfida?
Avevo un blog e sperimentavo molto dal punto di vista della scrittura. Pubblicavo quasi quotidianamente post mediamente brevi (qualche migliaio di battute) e la cosa piaceva a me e ai miei lettori. Nel 2009 ho partecipato a un concorso letterario nazionale per racconti brevi e sono arrivato primo. Ho partecipato poi, qualche mese dopo, a un altro concorso nazionale e sono arrivato ancora primo. Ho partecipato infine a un terzo concorso e sono arrivato fuori dai primi 10. Allora ho pensato, come nella roulette, che fosse meglio fermarsi per un po’ con i racconti brevi. Così ho scritto il Mercoledì delle Ceneri.
Da dove hai tratto ispirazione per la stesura di un testo dall’argomento così attuale, scomodo e trattato in modo tanto dirompente quanto innovativo ?
Dall’attualità, come hai giustamente fatto notare tu. E dalle persone che mi stanno attorno. In particolare spesso ho pensato a come avrebbero reagito le persone con cui passo la mia vita, se portate in un contesto estremo e messe di fronte a situazioni incontrollabili. E da molte di queste riflessioni sono nati gli spunti principali contenuti nel romanzo.
Perché proprio la droga e come hai scelto personaggi così problematici?
La droga è una delle grandi livelle sociali. Taglia in maniera verticale l’universo di comportamenti umani e pone gli individui sullo stesso piano esistenziale e di relazione. Insomma, che tu sia produttore o consumatore (di droga), quando ti svegli al mattino comincia a correre.
Descrivici brevemente i protagonisti del tuo romanzo, che trovo molto ben caratterizzati da un linguaggio duro ma anche ironico e a volte sarcastico.
C’è un professore di lettere che arrotonda il magro stipendio da precario statale vendendo droga (e consumandola), un ragazzino ribelle con la mania dei giubbotti di pelle e della giustizia sociale, una ragazzina in sovrappeso a cui piace studiare, mangiare ed essere lasciata in pace da tutti. Poi c’è un altro ragazzino che vuole liberare i manichini di un negozio, un avvocato massone, un autista spericolato che legge Faletti e un onesto uomo d’affari a cui piacciono i ragazzini orientali. E un cane, un cane che mangia tutto.
Ciò che colpisce leggendo il tuo libro è il tipo di scrittura, perfettamente conseguente all’argomento, lucida e diretta. A quale autore ti sei ispirato e quali sono le letture che preferisci?
Credo che senza James Ellroy, Andrea G. Pinketts e Don De Lillo sul comodino non staremmo parlando di questo romanzo.
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*Maria Irene Cimmino è curatrice di “irReale- narrativakmO”,blog dedicato agli scrittori emergenti ed esordienti del Friuli-Venezia Giulia. Lo scopo del blog e dell’omonima associazione, della quale fanno parte anche Alessandro Limena, Federica Ribolli, Claudia Petracco e Irene Pecikar, è far conoscere, divulgare le opere di narrativa, poesia, saggistica e di coloro il quali vogliono farsi conoscere ed apprezzare da un pubblico più vasto. Per saperne di più vedi qui.
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