22 Giugno 2010

“Trieste e la Sublime Porta” domani l’inaugurazione al Museo petrarchesco piccolomineo

Sarà inaugurata ufficialmente domani, mercoledì 23 giugno, alle ore 17.30, nella sede del Museo petrarchesco piccolomineo, di via Madonna del Mare 13, la mostra “Trieste e la Sublime Porta da Pio II all’arciduca Massimiliano d’Asburgo”.

“E’ la seconda volta in pochi giorni -ha detto l’assessore alla Cultura Massimo Greco- che ci diamo appuntamento in via Madonna del Mare, qualche giorno addietro nel Museo joyciano, adesso al petrarchesco piccolomineo, con una forte volontà di evidenziare il ruolo di tutti i nostri istituti museali. La rilevanza del Museo petrarchesco piccolomineo è confermata dal recente prestito delle tavole quattrocentesche conferite alla mostra “Virtù d’amore. Pittura nuziale nel ‘400 fiorentino” allestita al Museo Horne di Firenze”.

“Ora il Museo petrarchesco piccolomineo –ha spiegato l’assessore Massimo Greco- è alla ribalta per questa curiosa e inedita puntualizzazione delle relazioni storiche, economiche e culturali fra Trieste e l’Impero ottomano, ovvero con l’area balcanica e con il levante mediterraneo”. “Se pensiamo che il grande decollo emporiale triestino avviene proprio nel XVIII secolo, quando si affievolisce la minaccia turca e s’apre una nuova prospettiva adriatica per l’Impero asburgico, si comprende bene l’importanza di questa nostra indagine”.

La Sublime Porta era l’accesso al palazzo del Gran Visir a Istanbul, il luogo dove il sultano teneva la cerimonia di benvenuto per gli ambasciatori stranieri. Ma la Sublime Porta indicava anche, per estensione, tutto l’Impero Ottomano, le cui vicissitudini hanno coinvolto da vicino l’Europa per almeno cinque secoli, dalla fine del XV fino all’inizio del XX.

La mostra –diretta da Adriano Dugulin e a cura di Alessandra Sirugo, con la collaborazione di Elisabetta Lo Giudice dell’Associazione di volontariato “Cittaviva”- si articola in tre percorsi, il primo dei quali è dedicato al complesso disegno politico nei riguardi dell’Impero ottomano di Pio II, già Vescovo di Trieste dal 1447 al 1450, cardinale e pontefice negli anni del crollo dell’Impero Romano d’Oriente e dell’espansione musulmana nel Bosforo e nei Balcani. A partire dal XVI secolo si manifestò la drammatizzazione dello scontro di civiltà nel teatro e nel melodramma, ma nel contempo si diffuse la fascinazione per il Vicino Oriente.

La seconda sezione dell’esposizione è dedicata agli echi dell’espansione ottomana nel Litorale austriaco, nel quadro del graduale superamento della diffidenza verso lo straniero che seguì alla Pace di Carlowitz (1699). Dal 1718 l’imperatore Carlo VI e il sultano Ahmed III inaugurarono le relazioni economiche tra i Paesi asburgici e quelli s oggetti alla Sublime Porta, aprendo da Trieste e da Fiume la via al commercio mercantile verso i porti di Smirne e di Costantinopoli. La piccola comunità di Turchi fu registrata nel censimento del 1857 e della loro permanenza a Trieste reca testimonianza la lapide in lingua osmanli di un dignitario turco collocata nel percorso espositivo accanto alle immagini del Cimitero islamico, inaugurato nel 1848 in via della Pace. In occasione della mostra Giovanni Allotta, discendente di Giani Stuparich, ha prestato i documenti d’identità e le foto di famiglia di Samuel e Virginia Oblath, ungheresi di nazionalità ottomana e religione israelita, che si stabilirono a Trieste a fine Ottocento: erano i genitori di Elody, sposa dello scrittore triestino Giani Stuparich.

La Turchia e la sua conflittuale storia con l’Occidente cristiano ispirarono drammaturghi e compositori come Wiel e Rossini. Le suggestioni della cultura ottomana hanno influenzato anche le espressioni artistiche e lo stile delle abitazioni signorili a Trieste. Lo dimostrano gli affreschi che ornano il soffitto del salone nel Museo della Fondazione Giovanni Scaramangà di Altomonte (1835 ca.), in via Filzi 1, dove è trasfigurato allegoricamente il continente asiatico. La curiosità per la civiltà islamica contagiò il diciottenne Massimiliano d’Asburgo, che dal suo viaggio a Smirne e in Grecia riportò un diario pervaso di emozioni. Gli acquerelli di Germano Prosdocimi rappresentano gli ambienti orientali di Villa Lazarovich sul colle di San Vito, prima dimora dell’arciduca.

Intorno al 1840 l’orientalismo si espresse nei quadri di artisti appartenenti alla corrente del realismo. Natale Schiavoni dipinse L’Odalisca (1840), ritratto idealizzato di una bellezza femminile esotica fuori dal tempo, mentre La preghiera di Maometto del napoletano Domenico Morelli (1887) evoca una spiritualità nel contempo sconosciuta ed affascinante.

L’esposizione è consultabile in italiano e in inglese, ed è aperta al pubblico con ingresso libero e visite guidate gratuite fino a domenica 7 novembre, con orario da lunedì a sabato, 9.00-13.00, il giovedì anche 15.00 – 19.00 (chiuso festivi, ad eccezione del 7 novembre). Visite guidate si svolgono il sabato alle ore 11.00 e il giovedì alle 17.00 a cura di Alessandra Sirugo e delle volontarie dell’Associazione “Cittaviva”, la quale effettua, su prenotazione, anche visite in inglese, tedesco, francese, spagnolo, sloveno, croato, russo.

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