12 Febbraio 2024

Dall’abbandono alla metamorfosi. L’intervista a Giada Genzo, fotografa di #triesteabbandonata

el sunto L'intervista di Maria Fuchs a Giada Genzo, che assieme a Micol Brusaferro ed Emilio Ripari ha dato vita al progetto #triesteabbandonata

Ricordo la sua mostra di alcuni anni fa al centro commerciale Montedoro, dove aveva sotto l’obiettivo le aree della città di Trieste che erano particolarmente abbandonate.

La mostra a cui si riferisce fa parte del progetto #triesteabbandonata, a cui ho dato vita nel 2015 assieme ai giornalisti Micol Brusaferro ed Emilio Ripari, progetto atto alla divulgazione dei beni abbandonati sul nostro territorio e non solo, con il fine ultimo di vederne alcuni riqualificati; i miei due colleghi si occupano della ricerca e dei testi presenti nelle mostre e sui nostri canali, mentre io mi occupo della parte fotografica del progetto.
Abbiamo esposto due mostre targate #triesteabbandonata al centro commerciale Montedoro, una nel 2016 e una nel 2017, poi un mix delle due è stato esposto alla Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste, su richiesta della stessa.
Le prime due mostre ora, nella loro completezza, sono visibili in forma permanente all’ex ospedale militare di Trieste, che ne ha acquistata la proprietà.

Cosa le ha dato quell’esperienza?

La consapevolezza che quello dell’abbandono è un argomento che sta a cuore a molte persone, e che pochissime di esse si rendevano conto della quantità di beni abbandonati che effettivamente si trovano sul nostro territorio, e ancora meno ne conoscevano la storia. Vedere che la curiosità di capire come alcuni immobili abbiano avuto una fine così triste e perché non rivedano la luce è propria di molte persone, mi ha fatto capire quanto sia importante ciò che facciamo con il nostro progetto #triesteabbandonata. Che non è un mero “visitare i posti in decadenza” ma è proprio il frutto di un lavoro su più direzioni che dà una visione del luogo in questione a 360°.

Oggi che luoghi aggiungerete o togliereste?

Quest’anno ad ottobre abbiamo inaugurato “Metamorfosi: la rinascita dall’abbandono”, mostra con 23 pannelli rappresentativi di luoghi abbandonati, ma anche di luoghi che dopo anni hanno finalmente visto una nuova luce ma con una modifica alla destinazione d’uso, una metamorfosi.
La mostra è anche spiegata nel dettaglio grazie a 10 pannelli descrittivi che raccontano la storia di questi 16 luoghi.
Dopo 8 anni e mezzo dalla nascita del nostro progetto, abbiamo visto alcuni esiti positivi e abbiamo voluto divulgarli, sia fotograficamente che narrando la storia di quei luoghi. Quindi alcuni luoghi sono stati tolti dalla nostra sezione “abbandono” per entrare di diritto nella sezione “metamorfosi”, perché di fatto non sono più abbandonati.
Di luoghi aggiunti purtroppo ce ne sono sempre tanti, alcuni con un effetto visivo di maggior impatto e altri meno. Ma tutti hanno una loro storia e quindi non mi sentirei di dire che ne avrei tolto di proposito qualcuno, magari avendo più spazio ne avrei invece aggiunti altri.

Come è nata la sua passione per la fotografia? 

La mia passione per la fotografia è nata già dai primi anni delle elementari, ho documentato tutte le gite e gli avvenimenti da quegli anni in poi, provando con il tempo a utilizzare nuove tecniche e sperimentando scatti diversi, utilizzando quasi sempre rullini da 36 perché con quelli da 12 mi sentivo davvero stretta, risparmiando magari su altre cose ma non sulla quantità di rullini da portarmi in viaggio o sulla quantità delle stampe.
All’università mi sono quindi iscritta al corso di laurea “tecnico di progettazione e grafica e fotografia per la moda”, appena aperto a Firenze sotto la divisione “progettazione della moda” della facoltà di Architettura.
Purtroppo seppur con ottimi voti, dopo il primo anno sono rientrata a Trieste per motivi personali, e sono stata assunta per diversi anni in un laboratorio di sviluppo e stampa fotografica, verso la fine del 2006 c’è stato un passaggio quasi definitivo alla fotografia digitale che mi ha portato a fare esperimenti fotografici diversi rispetto a quelli che facevo prima, ma che ha portato anche ad una crisi del settore economico fotografico, quindi ho cambiato lavoro per alcuni anni finché nel 2013 ho deciso di mettermi in gioco avviando la mia attività.

La utilizza anche per il sociale? 

Credo che il progetto #triesteabbandonata lo sia già di per sé, in quanto portiamo alla luce diverse problematiche legate al territorio, in maniera del tutto autonoma e senza ricevere contributi.

Ora in cosa è impegnata? 

Io mi occupo principalmente di fotografia di eventi, e fotografia per aziende. Quindi oltre al normale lavoro che svolgo sempre (editing, preventivi, servizi fotografici) sto ultimando il nuovo sito di #triesteabbandonata, che uscirà possibilmente verso fine gennaio 2024 e sto aggiornando il mio sito web “www.giadagenzo.com” ed altri portali che utilizzo per pubblicizzare la mia attività, con alcuni scatti rappresentativi dell’anno appena trascorso.

Quali sono i suoi prossimi progetti?

Per il 2024, a parte la possibile riesposizione della mostra “metamorfosi: la rinascita dall’abbandono” del progetto #triesteabbandonata, sul mio piano lavorativo personale, dato che già ora mi occupo di insegnare fotografia sia ai singoli che ai gruppi con corsi specifici commissionati, mi dedicherò alla realizzazione di un progetto che mi permetterà di ampliare la mia rete di insegnamento, ma al momento non voglio spoilerare nulla di più specifico.

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