12 Gennaio 2010

Crisi economica: e se cade la Croazia?

di Luigi Vianelli

L’Islanda è tecnicamente fallita, e il presidente islandese ha già detto che le casse dello stato non potranno onorare il debito delle banche locali, fallite in blocco alla fine del 2008. Sulla situazione greca si discute: forse l’appartenenza all’area Euro la salverà dallo stesso destino. L’Ungheria, i paesi baltici, la Bulgaria e la Romania sono nell’occhio del ciclone già da un anno, e il mercato cerca quindi di capire quali potrebbero essere le prossime vittime di una crisi che – a dispetto degli annunci di alcuni capi di governo – potrebbe non aver ancora mostrato il volto peggiore.

Paesi che fino a ieri venivano indicati come modelli di sviluppo, oggi presentano dei conti disastrosi: basti pensare che la Gran Bretagna, avendo di fatto dovuto nazionalizzare le principali banche del paese, si è presa in carico il costo del loro crack e conseguentemente oggi il debito complessivo britannico ha doppiato il tanto vituperato debito pubblico italiano, palla al piede della nostra economia e mina sempre innescata sotto le nostre sedie.

E gli altri paesi balcanici, come sono messi? Il caso della Croazia

La crisi ha colpito la Croazia in mezzo al guado, come un tram che travolga un pedone sulle strisce. Tutte le ipotesi di sviluppo del paese si basavano sull’ingresso nell’UE, sul mantenimento del cambio Euro/Kuna, su un aumento costante del flusso turistico (una delle voci principali per il bilancio dello stato) e conseguentemente s’un aumento costante del PIL a livelli superiori al 3% annuo.

Alle famiglie croate interessa soprattutto il rapporto Kuna/Euro, poiché a causa della politica commerciale delle banche locali oltre il 75% dei mutui stipulati per l’acquisto della casa di abitazione è in Euro.

Sommando il debito interno e quello estero, la Croazia risulta aver superato di slancio il 120% di debito sul PIL, per buona parte in Euro o in Dollari.

Quindi mentre il valore della sterlina britannica è crollato di parecchie decine di punti percentuali in un anno e mezzo per aumentare la competitività internazionale del paese, la Croazia non ha margini di manovra su questo fronte per un rilancio delle esportazioni o per invogliare i turisti ad incrementare le proprie presenze: decine di migliaia di famiglie verrebbero strozzate dall’innalzamento della rata del mutuo e lo stesso debito estero diventerebbe un’immensa palla al piede.

Qualche mese fa, i croati sono andati in piazza per protestare contro la politica fiscale del governo, che ha tagliato pensioni e stipendi: con la disoccupazione e l’indice di povertà in rialzo, è assai probabile che ulteriori politiche di stretta fiscale incontrerebbero una fortissima resistenza.

Ultimo problema – se ce ne fosse bisogno – è quello della bolla speculativa sugli immobili: in Croazia il settore ha conosciuto uno spettacolare boom, con i prezzi per metro quadro nelle località della costa in perenne aumento: se quindici anni fa un appartamento restaurato di 80 metri quadrati in buona posizione a Parenzo (Istria) costava 60.000 Marchi (già allora i prezzi erano espressi in valute straniere), a giugno del 2008 lo stesso appartamento veniva venduto a 150/160.000 Euro: un prezzo basato unicamente sulle richieste di acquisto degli stranieri, principalmente tedeschi e austriaci, ma inaccessibile per una normale famiglia croata. Se voi andate in un’agenzia, cercheranno di proporvi ancora questi prezzi, ma tirando un po’ riuscirete a farvi fare uno sconto di un buon 20%.

Ma se dall’Istria vi spostate in zone meno pregiate, troverete ribassi fino al 40/50%.

Se questo ribasso dei prezzi continuerà a lungo, l’effetto potrebbe essere molto pesante ancora una volta per le famiglie e per le società immobiliari di qualsiasi tipo, che hanno acquistato confidando in un trend positivo e si troveranno in mano dei beni svalutati. L’ultimo anello di questa catena però sono le banche, che hanno prestato denaro a privati e società basandosi su stime di valore molto alte ed in caso di mancata corresponsione delle rate del mutuo dovranno vendere all’incanto questi beni in perdita.

Fra le notizie positive, la Croazia recentemente ha negoziato un’ulteriore linea di credito a lungo termine col Fondo Monetario Internazionale, e ciò ha dato fiato alle casse dello stato. E tutto sommato anche gli ultimi dati sulle presenze turistiche – settore assolutamente fondamentale per la Croazia – sono andate meno peggio del previsto: il periodo gennaio-ottobre 2009 ha visto una diminuzione del 3% delle presenze, ma solo dell’1% dei pernottamenti.

Paradossalmente, la situazione di alta connessione dell’economia croata con l’area dei Balcani e con alcune economie occidentali (soprattutto Austria, Germania e Italia) potrebbe rivelarsi un’ottima polizza di assicurazione per i nostri vicini d’oltre Adriatico: nelle riviste specializzate si fanno anche ragionamenti molto terra-terra: “Se cade la Croazia, gli interi Balcani sono andati; se cadono i Balcani cade per prima l’Austria – che è già messa molto male – ma se cade l’Austria anche l’Italia e la Germania rischiano grosso. Quindi, la Croazia non può cadere”.

Lo strano castello di carte nel quale tutti stanno attenti a tutti è un po’ il paradosso di questa crisi, che ha disseminato la “certezza dell’incertezza”, e cioè la certezza che la volatilità di tutti i mercati potrebbe diventare una costanza nei prossimi lustri.

E se cade la Croazia…

di Luigi Vianelli

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62 commenti a Crisi economica: e se cade la Croazia?

  1. toro seduto ha detto:

    … non succede proprio nulla. O quasi.

    Gli stati EU sono talmente impelagati da non girarsi nemmeno per la crisi croata. Interverranno a salvare le proprie banche, ma non le affiliate croate (anche se di loro proprieta’).

  2. Euroscettico ha detto:

    la UE è fallita in partenza!

  3. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ toro seduto

    Solo per dire che è tecnicamente impossibile “salvare le proprie banche, ma non le affiliate croate”.

    Il valore di una banca è dato dal consolidato, che ovviamente comprende tutte le partecipazioni.

    A bilancio tu quindi metti il valore della partecipata croata, e se decidi di fregartene del suo fallimento, improvvisamente ti trovi un “buco” tanto più problematico quanto maggiore è il suo valore iscritto a bilancio.

    Tu potresti obiettare: va be’, il valore del titolo scenderà in borsa, il gruppo si leccherà le ferite e poi andrà avanti di nuovo.

    Non è così, nel senso che se tu subisci un default di una tua partecipata i tuoi rating cadono, così come cambiano completamente i tuoi fondamentali. E dalla modifica dei tuoi fondamentali possono addirittura derivare delle conseguenze drammatiche, che possono arrivare alla necessità di ripatrimonializzazione, pena il blocco dell’intera attività bancaria.

    Facciamo un esempio concreto: il gruppo Unicredit nei mercati dell’Est Europa fa il 27,5 degli utili ante imposte, oltre a ciò fra le proprie partecipate vi sono alcune banche austriache, pesantemente esposte in quell’area.

    Forse tu non ricordi che successe negli ultimi mesi del 2008: sembrava che Unicredit fosse sull’orlo del fallimento, proprio per quell’effetto domino che secondo te invece non causerebbe nessun problema. Il titolo giunse a perdere l’80% del proprio valore, il che oltre a tutto significava che gli azionisti avevano visto sfumare gran parte dei loro soldi.

    Oramai tutto si tiene, mio caro.

    Luigi (veneziano)

  4. asem ha detto:

    Povera EU……e sarà ancora peggio se verenno confermati alcuni candidati “scelti a livello nazionale (in base a criteri vergognosi)” per la commisione europea.

  5. Daniele ha detto:

    Una precisazione:

    ‘il debito complessivo britannico ha doppiato il tanto vituperato debito pubblico italiano’ …

    Non e’ propio cosi.Semmai il deficit (differenza tra spesa ed introiti di tassazione) in termini percentuali che e’ il doppio di quello Italiano.

    Il debito Inglese arrivera quest’anno al 100% di PIL – contro il 120% Italiano

    Tranquilli, l’Italia ha ancora il terzo piu grande debito al mondo…

  6. bulow ha detto:

    crisi o non crisi, la cosa veramente preoccupante e’ che continuiamo, come se niente fosse, a segare il ramo su cui siamo seduti.

    alcuni dati dallo “State of the World 2010” (tratti da “la repubblica di oggi”):

    “i 500 milioni di individui più ricchi del mondo (circa il 7 per cento della popolazione globale) sono responsabili del 50 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica, mentre i 3 miliardi più poveri sono responsabili di appena il 6 per cento delle emissioni di CO2.”

    “molti degli individui più longevi consumano 1.800-1.900 calorie al giorno, cibi poco trattati e pochissimi alimenti animali, mentre l’americano medio consuma 3.830 calorie al giorno.”

    “tra il 1950 e il 2005 la produzione di metalli è sestuplicata, il consumo di petrolio è aumentato di otto volte e quello di gas naturale di quattordici; un europeo medio usa 43 chilogrammi di risorse e un americano 88; a livello globale ogni giorno si prelevano risorse con le quali si potrebbero costruire 112 Empire State Building.”

    “negli ultimi cinque anni i consumi sono saliti del 28 per cento. Nel 2008, globalmente, si sono acquistati 68 milioni di veicoli, 85 milioni di frigoriferi, 297 milioni di computer e 1,2 miliardi di telefoni cellulari. Non sono aumenti dovuti solo all’incremento demografico: tra il 1960 e il 2006 la popolazione globale è cresciuta di un fattore 2,2, mentre la spesa pro capite in beni di consumo è quasi triplicata.”

    l’ articolo completo si trova qui:

    http://www.repubblica.it/ambiente/2010/01/12/news/rapporto_worldwatch_institute-1913867/

    non so se i dati riportati siano completamente corretti, ma mi sembra che indichino un trend abbastanza realistico. considerando che le risorse sul pianeta sono limitate, mi vien da dire:

    caro cogoi semo cagai

    sul “report on the limits of growth” del MIT
    (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Limits_to_Growth) (a partire dal 1970, e nei suoi aggiornamenti del 1997 e 2005) vengono suggerite delle possibili strategie per stabilizzare il sistema, ma sembra che nessun politico abbia intenzione di tenerne conto.

  7. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Daniele
    La frase forse non è del tutto chiara, ma dipende tutto da come si fanno i conti.

    La Gran Bretagna ha:

    1. Un debito pubblico stimato dal Fondo Monetario Internazionale pari all’81,7% del PIL nel 2010 (Italia: 120,1%).
    2. Un debito privato pari al 100% del PIL (Italia: 34,2%).

    Già facendo le somme in percentuale si arriva a 181,7% per la Gran Bretagna e al 154,3% per l’Italia.

    Ma nell’articolo c’è scritto che il debito “complessivo” della Gran Bretagna ha doppiato il debito “pubblico” italiano.

    Alla somma fatta prima manca però una voce che negli ultimi ventiquattro mesi è stata una vera e propria voragine: il debito bancario.

    Questo debito – enorme per le banche britanniche – attualmente non è completamente contabilizzato nel bilancio britannico, ma dovrebbe esser contabilizzato almeno pro quota, in quanto alcune delle suddette banche sono state nazionalizzate dallo stato per evitarne il crack.

    Morale della favola: come hanno già segnalato alcuni economisti (Fortis già da mesi, Zingales recentemente) se sommiamo gli interi debiti del “sistema paese” ci accorgiamo che la Gran Bretagna ha quasi il doppio dei debiti dell’Italia.

    Se invece limitiamo il nostro campo di osservazione al debito pubblico, più il debito privato, più il debito delle imprese non bancarie, notiamo che la Germania e l’Italia (le “malate d’Europa” fino a un paio d’anni fa) hanno un debito totale pari rispettivamente al 223,8% e al 200,1% del PIL, mentre la Gran Bretagna è al 277,5%.

    Luigi (veneziano)

  8. Luigi (veneziano) ha detto:

    Scusate, ho invertito per sbaglio gli ultimi dati di Italia e Germania: alla prima va il 223,8%, alla seconda il 200,1%.

    L.

  9. toro seduto ha detto:

    Luigi

    Grazie, ti sono veramente grato per queste illuminantissime lezioni di economia, di bilanci bancari ecc. ecc.

    Comunque, prima di continuare, vai a vederti che cosa e’ successo con Icesave e le altre banche islandesi e poi vedrai che cosa salvano i singoli stati nazionali, quando una loro banca fallisce.

    Le banche austriache, in caso do collasso croato, salveranno le proprie banche, ma non le affiliate croate, che sarebbero comunque un buco nel loro bilancio..

    E adesso, ti prego, tirami fuori 5 pagine di dati e teorie per negare le mie affermazioni. Grazie

  10. Ivan ha detto:

    @Asem

    Non ho capito bene cosa c’entra l’UE (e in particolare se ti riferisci alla Commissione, al Parlamento, al Consiglio…)

  11. Cristiano ha detto:

    @6
    @8

    In realta’ il caso islandese e’ un po’ diverso dalla Austria-Croazia: l’Islanda negli ultimi 10 anni si era convertita in un centro finanziario mondiale, stile City di Londra, attirato un sacco di capitali dal mondo, aperto filiali e conti di deposito per correntisti all’estero (soprattutto UK).

    Il fatto e’ che poi la ricchezza creata in questi 10 anni era solo virtuale (andate voi a capire Hedge funds, Subprimes e altre robe, io non riesco) e le sue banche si sono esposte per qualcosa tipo l’800% del PIL islandese. Risultato: banche non /o solo parzialmente salvabili.

    Le banche sono state parzialmente nazionalizzate, in parte vendute, ma soprattutto lasciate andare in fallimento.

    I soldi dei C/C inglesi di Kaupthing Edge sono stati tolti “di autorita'” da Flash-Gordon Brown e altrettanto “di autorita'” passati a Ing Direct nell’ottobre 2008, per salvarli dal buco nero (ero correntista anch’io all’epoca, e per un par de settimane ho sudato freddo).

    Oggi l’Islanda e’ li’ a capire come pagare tutto il debito che con l’IMF che ha sua volta l’ha salvata e a cercare di entrare in fretta nell’Euro.

    The UK e’ altrettanto imbarcamenato a venirne fuori dopo due anni di sterlina svalutata per aiutare l’export di non so che cosa visto che gli inglesi non producono piu’ ‘na cippa da mo’. Pero’ sono notizie di ste settimane che un po’ di luce in fondo al tunnel la si vede.

    Il caso Austria-Croazia secondo me e’ diverso.
    Primo perche’ l’economia austriaca non si fonda in gran parte sulla finanza, adesso non so dirti la quota.
    Secondo, non credo (ma non ne sono sicuro) che le banche siano esposte a livelli “islandesi”.

    Terzo, perche’ appunto l’Austria e’ nell’euro, per cui ha qualche garanzia in piu’.

    In realta’ e’ la prima volta che sento della Croazia come gamba debole degli investimenti Austriaci, sapevo piu’ paesi baltici.

    Ma forse mi sbaglio o mi confondo.

    P.S. domanda del mononeurone: ma il Luigi Vianelli dell’articolo e’ Luigi (Veneziano)?

    Ta’!

  12. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ toro seduto

    Conosco benissimo il caso islandese, soprattutto per motivi di lavoro, ma come sai è totalmente diverso.

    Le banche islandesi fallite non erano di proprietà di banche estere, e quindi il loro fallimento non ha potuto trascinare con sé le case madri.

    D’altro canto, ha trascinato con sé sia le casse dell’Islanda – che tecnicamente è già in default – che (in parte) quelle dell’Olanda e del Regno Unito, che ha garantito con denaro pubblico i conti fino a un massimale di 50.000 sterline.

    La questione non è drammatica come potrebbe essere quella croato/balcanica, perché le istituzioni e i privati coinvolti (a parte gli islandesi) sono circa 320.000. Il caso islandese da questo punto di vista può esser fatto se mai con l’Argentina, che ad un certo punto ha detto: io non pago più i miei titoli, e i privati che li avevano in portafoglio se la sono presa in saccoccia. Ma siccome erano “solo” alcune centinaia di migliaia… ciccia!

    Comunque sia, è in corso da mesi e mesi un braccio di ferro fra Islanda e Regno Unito, dato che quest’ultimo ha congelato i beni islandesi nel suo territorio, utilizzando all’uopo la legislazione contro il terrorismo (!).

    Questo significa che di fatto ci si aspetta da un momento all’altro il crack completo dell’Islanda, nel senso che nessuno farà più credito al piccolo stato nordico, e a quel punto il “miracolo” islandese (un altro stato precededentemente additato come esempio) lascerà dietro di sé solo macerie. A meno che non si decida di salvare l’Islanda, il che significa che qualcuno dovrà tirar fuori i 116 miliardi di dollari, che sono il totale dei debiti che dovrebbe accollarsi l’Islanda.

    Questi debiti sono pari al 998,64% del PIL islandese, il che sighifica che mai e poi mai l’Islanda potrà pagare.

    Se fallissero gli stati balcanici, è ma-te-ma-ti-co che le banche austriache cadrebbero in blocco, visto che oltre il 60% degli asset di tali banche (il dato vale nel complesso) è costituito dalle partecipazioni e dalle attività nei paesi oggi a rischio.

    A meno che – anche qui – lo stato austriaco non decida di nazionalizzare tutto il sistema bancario, facendo fallire le banche e rimettendole in piedi dicendo che a questo punto non pagherà più nessun debito.

    Il problema però in questo caso è dato dall’appartenenza dell’Austria all’UE, perché le regole della BCE (come saprai la politica monetaria dell’UE non spetta più alle singole banche centrali) prevedono che se tu fai uno scherzo del genere allora cadono le garanzie sul debito pubblico, con la conseguenza che l’Austria si troverebbe a vedersi “bruciare” qualsiasi possibilità di ottenere linee di credito dalle istituzioni comunitarie. A questo punto sarebbe costretta ad uscire dalla moneta comune, poi dovrebbe procedere ad una drammatica svalutazione della propria nuova moneta e quindi si troverebbe in una situazione “di scuola” ad un passo dall’iperinflazione, con i suoi beni all’estero probabilmente bloccati dai creditori. E’ un po’ la situazione attuale della Grecia.

    Morale della favola: se dal (possibile, ma poco probabile e per nulla auspicabile) crollo della Croazia ne derivasse un’instabilità finanziaria nei Balcani, è probabile che tutto ciò si ripercuoterebbe sulle teste di noi tutti.

    Luigi (veneziano)

  13. Cristiano ha detto:

    @12

    morale della favola: ande’ in vacanza in Croazia …(e spende’ tanto!)
    se ghe teni’ alla stabilita’ economica nei prossimi anni! 😀

  14. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Cristiano

    Sì, io sono quello lì.

    In realtà l’Austria non è il primo partner commerciale della Croazia, ma è il primo paese come investimenti diretti nel paese.

    Il ragionamento però è un altro: il crollo della Croazia di per sé potrebbe essere assorbito dal sistema finanziario internazionale, ma si teme che trascinerebbe con sé l’intera area, avendo ripercussioni sia in Slovenia che in Bosnia che in Serbia che in Austria che in Italia.

    Se fosse questo lo scenario, allora l’Ungheria potrebbe ricevere la “botta” definitiva (l’Ungheria è messa molto male), e a quel punto cadrebbe anche l’Austria.

    Luigi (veneziano)

  15. Cristiano ha detto:

    @13

    cio’, gia’ che ghe semo…

    GBP/EUR?

    short? long? 😀

  16. Ivan ha detto:

    @ Cristiano / Luigi

    HUF/EUR?

    vivo a Budapest…

  17. Cristiano ha detto:

    @15

    mi vicin a Liverpool omo 😀

    alla luce de quel che disi Luigi disesi short, ma fate dir de lui che seno’ xe’ danni assicuradi 😀

  18. Luigi (veneziano) ha detto:

    Estremamente difficile dare un consiglio nello stato attuale: il trend a brevissimo è cambiato tre volte negli ultimi cinque giorni.

    A meno che tu non sia un esperto del Forex, sta’ fuori dal mercato delle valute.

    L.

  19. Luigi (veneziano) ha detto:

    EUR/HUF

    Il canale è sempre discendente, ma c’è un supporto attorno a 265.

    L.

  20. Cristiano ha detto:

    @17

    piu’ facile a dirsi che a farsi quando hai lo stipendio e fai lo scoiattolo in valuta e vedi tutto fluttuare :-/

  21. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Cristiano
    Scusami, credevo che tu fossi un investitore.

    Tecnicamente, proprio in questi giorni si sta testando la resistenza (attorno a 0,892), e se la sfonda la prossima è attorno a 0,88. Se va sotto 0,88, le aspettative sono di un ribasso drastico.

    E adesso metto il disclaimer di legge.

    ATTENZIONE: sto parlando puramente di analisi tecnica, e la presente indicazione non rappresenta un consiglio operativo.

    L.

  22. Cristiano ha detto:

    @20

    star!

    cheers matey!

  23. Cristiano ha detto:

    @20

    Luigi, scusa se torno… qualche contatto per consulenze?

    grazie

  24. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Cristiano

    Scusami, ma pur apprezzandola, declino l’offerta. Partecipo a bora.la solo per divertimento…

    Ciao.

    L.

  25. Ivan ha detto:

    19@

    A mi te me dixi… Agosto 2008: 231, Aprile 2009: 308…

    Scoiattolo in valuta scottado… anche se in recupero…

  26. Cristiano ha detto:

    agosto 2007: 1.5 gennaio 2009: 1.02, senza pasar dal via e senza ritirar le 20.000 lire…

    te fa robe interessanti a Budapeshti?
    (no doppi sensi)

  27. cieco beppe ha detto:

    Se casca la Croazia… se casca l’Italia… xè più giorni che luganighe

  28. toro seduto ha detto:

    luigi

    Se tu non sei pensionato, come fai a guadagnarti il pane se scrivi romanzi qui su?

  29. Ivan ha detto:

    @25

    Non lavoro nel cinema, non so se purtroppo o per fortuna… ;o)
    Lavoro per un programma di cooperazione finanziato dalla CE con sede a Budapest

  30. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ toro seduto

    Bisogna avere il computer perennemente connesso e possibilmente le idee chiare già prima di inziare a scrivere, oltre ad un archivio di dati sempre a disposizione.

    L.

  31. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Ivan

    Lo zio di mia moglie (fiumano) era incredibilmente portato per le lingue ed aveva imparato l’ungherese navigando per l’Adriatico negli anni ’30 agli ordini di un comandante fiumano ungherese.

    Anni fa (purtroppo è morto in Australia) mi disse che se impari l’ungherese puoi imparare qualsiasi lingua del mondo.

    L.

  32. Cristiano ha detto:

    @23

    tranquilo, grazie cmq omo

    @28

    bella storia…all’inizio pensavo che la “o” del smiley fossi la bocca…vista la location…vabeh 😀 😀 😀

    te rimani su o te torni co finisi il progetto?

  33. boh ha detto:

    per quel che capisso xe mejo vender tutto in borsa

  34. Ivan ha detto:

    @ Luigi
    Direi che e’ vero. Due anni di studio e non vado molto oltre ad un’ordinazione al bar.

    @31
    dipendi un po’ da tante robe. Per adesso va ben cusi’ e gho tempo fino al 2015

  35. boh ha detto:

    L’economia non si e’ rinnovata poi molto nei secoli pare…..auguri

    Marcus Tullius Cicero

    The budget should be balanced, the Treasury should be refilled, public debt should be reduced, the arrogance of officialdom should be tempered and controlled, and the assistance to foreign lands should be curtailed lest Rome become bankrupt. People must again learn to work, instead of living on public assistance.

    Marcus Tullius Cicero

    Endless money forms the sinews of war.

  36. Luigi (veneziano) ha detto:

    Ai tempi di Cicerone non esistevano i derivati…

    L.

  37. bulow ha detto:

    se vi capita, leggete “gli affari del signor giulio cesare” di brecht… l’ idea alla base dell’ “oggetto narrativo”, e’ che la forza di cesare stava proprio nel suo essere indebitato fino al collo: se fosse crollato lui, si sarebbe trascinato dietro tutti i creditori…

  38. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Ivan

    Senti qua l’imperatore come lo parla bene:

    http://www.youtube.com/watch?v=K9zUb4V6qJI

    L.

  39. Daniele ha detto:

    @ Luigi (Veneziano)

    ah ecco, debito nel senso Tremontiano…si il basso indebitamento delle famiglie Italiane e’ l’unica buona notizia sul fronte del debito Italiano

    Il debito pubblico Inglese sec stime dovrebbe arrivare al 100% con nazionalizzazione inclusa . Cmq era al 60% fino a poco fa.

    In ogni caso non concordo nel mettere insieme il debito pubblico con quello privato – essendo due cose diverse, che rispondono a dinamiche distinte, non mi sembra corretto tirare la somma

    Se cade la Crozia addio a Unicredit…

  40. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Daniele
    La questione che tu sollevi è abbastanza dibattuta in dottrina, e si collega alla domanda: “Come conteggiare la ricchezza di una nazione”?

    C’è stato il periodo di “dittatura del PIL” (chi ha il PIL maggiore è meglio) con le varianti del PIL pro capite, del PIL pro capite PPP eccetera.

    Da tempo s’è fatto notare che da solo questo concetto può essere fuorviante, e il crollo del 2008/2009 ha fatto ripensare parecchi concetti.

    Idem per il discorso del debito. Se ipotizzassimo uno stato senza tassazione e senza spesa – e debito quindi pari a zero – ipotizzando nel contempo che tutti i servizi siano privati (dalll’istruzione alla sanità, dalla politica estera alla polizia) e pagabili dal cittadino con un salato “ticket” a prestazione, cosa otterremmo? Otterremmo che i conti statali sarebbero impeccabili (anche perché inesistenti), mentre quelli delle aziende che forniscono i servizi e dei privati che li pagano potrebbero essere (in ipotesi, prendendo in considerazione gli antipodi) splendidi per tutti o sull’orlo della bancarotta per tutti.

    Andando più sul concreto: se le ferrovie statali inglesi avevano (per ipotesi) un debito di 1 miliardo di Sterline, venendo privatizzate quel debito sparisce e quindi non devo più contarlo per il “sistema paese”? La cosa interessante è che dal punto di vista statistico, il “fatturato” di queste ferrovie farebbe parte del PIL e del debito pubblico “allargato” nel primo caso (ferrovie pubbliche), del PIL e non del debito pubblico nel secondo caso (ferrovie private). Ma quel debito è sempre lo stesso!

    E’ anche da notare che la crisi della fine del 2008 è esplosa a causa dei debiti dei privati. I subprime infatti che cosa sono, se non il piazzamento sul mercato di titoli tossici, derivanti dall’indebitamento delle famiglie per l’acquisto di un bene come la casa? Lo stato qui non c’entra nulla, salvo doversi poi far carico nel proprio bilancio per centinaia di miliardi (di Euro o di Dollari) di questi debiti privati, passati per il tramite di una serie di intermediari che si chiamano soprattutto “banche” o “assicurazioni”!

    E dopo questo giro di valzer a che cosa stiamo assistendo? Al ripetersi paro paro degli stessi comportamenti, con tassi d’indebitamento medi dei cittadini di vari stati (USA, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Islanda…) che superano alle volte allegramente l’intero PIL statale.

    Luigi (veneziano)

  41. matteo ha detto:

    Quando un piano regolatore è carente di accurate motivazioni, lì dove decide di ridurre l’edificazione, e manca di una riflessione generale sulla sostenibilità urbanistica, lì dove individua i nuovi insediamenti e le nuove infrastrutture, e quando a sostenerlo è la Direzione regionale della pianificazione, quel piano è sbagliato. 18 sono infatti le riserve sostanziali e vincolanti con cui la Regione rinvia al Comune di Trieste la variante 118, adottata a luglio dell’anno scorso. 18 riserve che suonano come una sonora bocciatura della presunzione del sindaco di aver fatto un ottimo piano.
    Il Comune non poteva da una parte ridurre l’edificazione e dall’altra individuare nuove aree di espansione residenziale senza una coerente e approfondita quantificazione del fabbisogno abitativo. E nelle periferie e sul Carso non poteva farlo senza conoscere l’effettivo stato di urbanizzazione del territorio e senza misurare preventivamente le ricadute dei nuovi insediamenti sugli abitati esistenti e sulla viabilità.
    Ma è sullo sviluppo futuro del territorio che la Regione picchia giù duro: nelle due mappe del piano struttura il Comune ha solo indicato l’ampliamento dell’area per la ricerca scientifica e il polo energetico, o le infrastrutture, come la Tav, la metropolitana leggera o il collegamento sottomarino tra porto vecchio e porto nuovo. Ma ha dimenticato di redigere le analisi degli effetti e delle ricadute che questi nuovi insediamenti avranno nel medio e nel lungo periodo sulle attività economiche e sociali, sulle risorse naturali e sugli altri insediamenti e infrastrutture. Manca cioè la verifica della compatibilità urbanistica, infrastrutturale e paesaggistico-ambientale delle previsioni di sviluppo di Trieste. Ma queste previsioni – è detto dalla Regione – travalicano anche gli obiettivi che il Consiglio comunale si era dato con le direttive impartite nel 2007, al punto che ora dovrà o riformulare le direttive politico-programmatorie e quindi riadottare il piano o rielaborarlo completamente. E se pensiamo che stiamo parlando dell’infrastruttura ferroviaria dell’alta capacità e del rigassificatore di Zaule, capiamo anche come la dimenticanza incida proprio sul futuro del tessuto economico e produttivo di Trieste e del suo porto. Ma non basta colorare con i retini le aree o disegnare gli assi ferroviari sulle mappe, è necessario – sostiene sempre la Regione – definire anche un approfondimento progettuale più aderente, che individui gli obiettivi finali che si vogliono raggiungere e le modalità e i tempi per raggiungerli.
    Eravamo facili profeti quando sostenevamo che il piano regolatore di Dipiazza era solo un piano edilizio e non un piano urbanistico e che fin dalle direttive erano mancate le linee strategiche per lo sviluppo del territorio.
    http://www.fabioomero.it/public/

    xe valido o no sto piano?

  42. Ivan ha detto:

    @Luigi

    Grazie per l’imperatore. Comunque qui con l’Austria e’ un rapporto di amore/odio. Molto interessante e’ invece la questione minoranze. Alcuni colleghi (che sono ormai diventati amici) sono di Oradea/Nagyvárad, Cluj/Kolozsvár, etc. etc. e mi raccontano un sacco di aneddoti sulle difficolta’ vissute ieri ed oggi…

  43. Daniele ha detto:

    @ Luigi

    il punto che volevo sollevare e’ propio quello della misurazione della ricchezza (e del debito) – allo stato attuale non c’e’ un modo per misurare la ricchezza che non abbia qualche difetto

    L’esempio della privatizzazione pero’ regge in autarchia, se l’investitore e’ straniero che succede ? Il debito di EDF nelle operazioni internazionali e’ Francese o delle singole nazioni dove l’azienda opera ? Un altro esempio, se una finanziaria Americana operante in Europa fallisce, non rimette i profitti negli USA diminuendo il PIL USA oltre che quello del paese dove opera.

    il debito privato e’ molto complesso e non credo sia possibile (anzi sbagliato) accorparlo con semplice somma al debito pubblico e quindi parlare di ‘debito complessivo’ come misura economica.
    Non che non sia d’accordo sulla necessita di guardare diverse variabili al di la’ del PIL, ma sul ‘debito complessivo’ resterei cauto.

  44. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Daniele
    Ciò che segnali è un mero problema contabile, mentre quello che intendo dire io – molto terra terra – è che l’eccesso di debito pubblico crea problemi, ma l’eccesso di debito privato può creare dei problemi identici, se non peggiori, per cui è bene considerare sia questo che quello (alcuni lo chiamano “debito aggregato”).

    In particolare, fra il 2008 e il 2009 abbiamo assistito al trasferimento “di botto” di vagonate di debito privato al pubblico in molti paesi, laddove questa cosa in Italia non è praticamente accaduta.

    E fra i più avveduti (comprese alcune banche centrali, come quella spagnola) si sta già cercando di identificare quanto debito privato “incagliato” potrebbe necessariamente essere reso pubblico nei prossimi due anni. Il che significa che si è lì col pallottoliere a cercare di capire non quanti punti, ma quante DECINE di punti potrebbero appesantire nuovamente i conti dello stato.

    L.

  45. boh ha detto:

    Fascism should rightly be called Corporatism as it is a merge of state and corporate power. – Benito Mussolini

  46. Luigi (veneziano) ha detto:

    Anca el duce parlava in inglese. Sarà parché lo ga imparà da Cicerone?

    L.

  47. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Cristiano

    EUR/GBP

    Più o meno alle 15:30 è stato sfondato il supporto (prima per errore l’ho chiamata “resistenza”, che è invece in fase “ascensionale”) a 0,892. In un’ora s’è andati a testare l’altro supporto a 0,88, che per adesso sembra reggere (micro-rimbalzino in finale). Se si sfonda anche quello, il prossimo supporto importante in canale discendente è a 0,865.

    Segnale d’inversione del trend negativo solo se si va sopra lo 0,895. Buona inversione se ci s’infila in un “canale ascensionale” fra 0,895 e 0,900.

    La view rimane quindi abbastanza negativa. Chiuse le posizioni odierne, i colleghi che seguono il GBP mi dicono che sono impostati su una serie di opzioni put sulla sterlina.

    L.

  48. boh ha detto:

    luigi ::)

    ps per chi lavori

    ps2 penso che qualcosa di inglese parlasse il secondo il primo sicuramente no..:))

    per il resto tutte le lingue derivano da un paio di lingue antiche….. quelle indoeurpee…diverso per l’unghere il turco o il finnico che sono ugro mescolate con le lingue delle popolazioni precedenti dei luoghi dopo le migrazioni nei vari lontani secoli…per il resto per mi pode’ parlar anche in cinese, che me diverto

  49. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ boh

    Ho un contratto d’esclusiva per una banca.

    L.

  50. Cristiano ha detto:

    @ 47 Luigi (Veneziano)

    te son troppo coccolo, seguo il consiglio e chiudo una posizione che gavevo adesso che son positivo.

    Cmq andra’ tutto speso in pesce e maialini arrosto in zona Pola da primavera in poi! 😉

    Son interessado anche al cross GBP/USD, anche quel da ieri sta rompendo dei minimi di qualche settimana…riprendo GBP anche li?

    Se non te se la senti de andar oltre, no preocuparte, capiso benissimo,
    solo tante tante grazie ancora,

    buona! 🙂

  51. boh ha detto:

    cos’e’ un contratto d’esculsiva Luigi…

    ho lavorato nel ambiente finanziario dl 1987 al 2002 mo non ho mai sentito di tali c.tti

  52. Luigi (veneziano) ha detto:

    Un contratto di esclusiva – nel mio caso – è un mandato senza rappresentanza che esclude espressamente la possibilità di lavorare per altri nel campo dell’intermediazione finanziaria.

    L.

  53. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Cristiano

    GBP/USD

    Il trend principale da giugno è un movimento laterale nel canale 1.60/1.70, testato già otto volte fra supporti e resistenze.

    A breve – e secondo la logica “classica” – ci si aspetta un ritorno verso la quota superiore, ma come puoi vedere dai dati odierni c’è moltissima speculazione all’opera, e quindi… nervi saldissimi e stop sempre pronti!

    L.

  54. Cristiano ha detto:

    @53 Luigi

    Iera l’ultima, no techiedo ulteriormente,

    ancora tante grazie!

    Tornando all’articolo… La Croazia come xe’ messa a esportazioni?
    Rappresenta una forte quota de PIL?

  55. Luigi (veneziano) ha detto:

    Esportazioni croate?

    Poca roba in assoluto, ma il dato è apprezzabile in rapporto al PIL: nel 2009 7 miliardi di Euro, su un PIL di 43 (tutti questi dati sono ancora stime. I dati consolidati dovrebbero esser noti a fine febbraio). Il rapporto è di 1/6,14.

    La Croazia esporta soprattutto materie prime e semilavorati.

    La Croazia però ha una bilancia commerciale che – se non vado errato – non è mai stata in attivo in tutta la sua storia.

    Se la stagione turistica va male, sono dolori.

    L.

  56. boh ha detto:

    ok Luigi ho capito… hai qualche sito /blog interessante da segnalare o tweeters …grazie

  57. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ boh

    Prego.

    Scusami, ma non sono qui per segnalare siti, blog o tweeter di nessun tipo. Ripeto: a me bora.la diverte, perché gli argomenti che tratta sono in genere sempre stati di mio interesse, anche per motivi di lavoro.

    Ho seguito alcuni clienti che hanno investito in Croazia (attualmente non in slovenia), per cui certe notizie sulla situazione economica di queste terre ho semplicemente dovuto conoscerle in anticipo. Altre notizie le ho apprese andandoci. Altre ancora rimanendo in contatto con alcuni amici croati che lavorano nel settore finanziario o immobiliare.

    Scusami per la brutale franchezza: non scrivo qui dentro per farmi pubblicità o per trovare clienti o per cose di questo genere.

    L.

  58. boh ha detto:

    nessun problema…. io sono su tweet e trovo un sacco di persone interessanti di livello e ben introdotte li’… blog e siti guardo poco oramai… ad ogni modo stamane leggeve che il numero di disoccupati ha superato quello degli occupati in croazia…ma ormai siamo in una bella crisi globale di cui nessuno conosce ancora i possibili esiti e durera’ molto a lungo… nell’ultimo libro di Greenspan diceva che molte persone vivranno un periodo tragico…. quindi diamoci da fare…auguri

  59. Luigi (veneziano) ha detto:

    Dove hai letto che i disoccupati superano i disoccupati in Croazia?

    Alla fine del 2008 gli occupati erano 1.55 milioni, e i disoccupati 149.000 (saliti a 165/170.000 ad oggi)!

    In realtà la notizia è che in Croazia la parte di popolazione in età d’impiego (15-64 anni, 3,6 milioni in tutto) che non lavora è superiore a quella in età d’impiego che lavora, ma questo era vero anche per gli anni precedenti, ed oltre a tutto è una cosa completamente diversa!

    Tanto per capirci meglio: in italia (Terzo quadrimestre 2009) gli occupati erano 23,01 milioni, i disoccupati 1,81 milioni, e il tasso di occupazione totale della popolazione è al 59,0%. Il che significa che il 59% degli italiani fra i 15 e i 64 anni sta lavorando, e il 41% non sta lavorando.

    L.

  60. Antonio ha detto:

    perchè? hai notizie in merito?

    io ho letto l’articolo in internet..

  61. wimaro barbatos ha detto:

    i disoccupati in Croazia sono 319.700 e in costante aumento

  62. Marko ha detto:

    Da bon croato sono incazzato nero con la mia gente, perchè in questo paese tutti vogliono far carriera, tutti vogliono rubare, tutti vogliono far soldi alla facile maniera ma nessuno vuole lavorare, nessuno vuole fare i sacrifici. Se noi fossimo un popolo di lavoatori, la Jugoslavija sarebbe rimasta in piedi e sarebbe divenata una potenza economica. Invece quel poco che abbiamo costruito , abbiamo poi regalato allo sraniero.

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