10 Maggio 2024

Orando – Obbedienza

el sunto Quarto episodio della serie di racconti di Davide Stocovaz dedicati alla figura del personaggio di fantasia Orando

I giorni scivolavano via in modo lento e insostenibile, sembravano tanti istanti composti di colla infissa nel tempo. Non mi riusciva di continuare a scrivere il mio romanzo, pensavo solo e costantemente a Marina e alla brutalità con cui mi aveva abbandonato a me stesso.
Così, durante il giorno, riuscivo a cucinare a malapena qualcosa giusto per sostenere quelle poche energie che mi restavano. Poi scendeva la sera e uscivo di casa. La meta era sempre la stessa, la piccola piazza Barbacan, come un villaggio incastonato tra le palazzine della città.
Anche quella sera, non fui da meno.
Era un mercoledì, perciò non mi aspettavo un grande afflusso di persone nella piazza. Invece, appena giunsi in cima a via dei Capitelli, già un chiacchierio acceso si alzò nell’aria. Girai l’angolo e notai che la piazza era ghermita perlopiù da compagnie di giovani, che tra bicchieri e sigarette trascorrevano le ore parlando di cose non meglio identificabili. Con un certo fastidio, notai che anche il mio solito tavolino, in angolo all’esterno, era stato occupato da una coppia che si scambiava smancerie.
Stizzito, entrai nel primo bar. Ordinai subito una birra chiara media, deciso a iniziare così la serata, aumentando la gradazione delle bibite successivamente.
Appena il barista mi servì, uscii guardandomi attorno. Mi ero dimenticato che si era in piena estate, e in quel periodo dell’anno la città tutta si rianima, grazie anche alle orde di turisti che la invadono.
Mi misi allora in un angolo, posando la schiena contro un muro. Sentivo già una sorta di tenebra addensarsi dentro di me. Tenebra che i fumi dell’alcool avrebbero presto placato, o almeno così speravo.
Non dovetti attendere molto. Come spesso capitava, Orando doveva avermi adocchiato al mio arrivo in piazza e lo vidi aprirsi un varco tra i giovani, puntando verso di me.
L’ultima volta ci eravamo lasciati dandoci appuntamento nella medesima zona, così non fu difficile per lui rintracciarmi.
Appena fu a qualche passo da me, sorrise e quei suoi occhi azzurri parvero scintillare nella penombra della notte, attenuata dal lucore dei lampioni stradali.
Feci un breve cenno del capo in segno di saluto. Lui mi si mise accanto e continuò a sorseggiare il suo spritz bianco. Restammo in silenzio per alcuni minuti, con gli sguardi che saettavano lungo la piazza e i giovani presenti.
Fu lui a rompere il silenzio, forse vedendomi più tenebroso delle altre volte.
– Stai ancora pensando a lei, vero? –
Annuii, incapace di mentirgli. Era strano, ma avevo l’impressione che con lui certe bugie non avrebbero funzionato. Quei suoi occhi vispi sembravano penetrarti l’anima, scavare fino in fondo a te stesso.
– Presto, imparerai a lasciar andare. Ci vuole solo del tempo. –
– È un altro consiglio preso in prestito dal tuo essere zen? –
– Mi sembra che tu non ci creda molto. –
– Infatti. La vita è una lotta continua. Uno stare a galla in modo costante. Poi, basta un attimo, e tutto può precipitare. Ti svegli un giorno e non riconosci più nemmeno te stesso.–
– Credo sia solo questione di come la vivi. La vita è un viaggio, e non è importante la meta, ma il percorso e quanto si apprende durante questo. –
Bevvi un sorso della birra. Poi lo guardai negli occhi, cupo.
– Apprezzo i tuoi tentativi per tirarmi un po’ su di morale, ma stasera va così. Possiamo anche mettere da parte lo zen, per una volta. –
– Eh, ragazzo mio, sei ben lontano da capire cosa sia lo zen. Ti vedo e ti ascolto, non sei ancora pronto. –
– E allora, avanti, illuminami Orando. Dimmi cosa fare per uscire dalla mia situazione. Parti dal presupposto che non credo allo zen o alle tue parole, dimmi un po’, come puoi far sì che obbedisca ai tuoi consigli? Insomma, come posso crederti, come posso obbedirti? –
– Vieni qui, più vicino, e te lo dimostrerò. –
Feci un passo in avanti, quasi a sfiorargli la spalla. Ero tutto orecchie.
– Vieni alla mia sinistra. –
Mi spostai e, con qualche passo, mi posizionai al suo fianco.
– No, scusa, parleremo meglio se ti metti alla mia destra. –
Sbuffai, ma mi spostai ancora, passandogli davanti e cambiando lato. Orando mi rivolse un sorriso.
– Vedi? Mi stai già obbedendo, e penso che tu sia una persona molto gentile che sta attraversando un periodo particolare. Ma passerà. –
Rimasi muto. Terminai quella mia prima birra. Lui finì il suo spritz bianco. Tra noi non volò più una parola. Mi sentivo quasi mortificato da quella sua dimostrazione.
Fu dopo diversi minuti che mi tornò la voce.
– Ne vuoi un altro? –
– Volentieri. –
– Bene. Offro io. –

(CONTINUA)

RINGRAZIAMENTI:

Desidero ringraziare molto Rebecca Campisi per avermi suggerito il personaggio di Orando dopo una lunga serie di riflessioni.

Qua trovi i libri dell’autore Davide Stocovaz.

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