7 Giugno 2024

Orando – Ama apertamente

el sunto Quinto episodio della serie di racconti di Davide Stocovaz dedicati alla figura del personaggio di fantasia Orando

Più i giorni passavano, più l’immagine di Marina andava confondendosi nella mia mente. Quel Noi che eravamo stati al tempo aveva assunto la forma di una nebulosa indefinita. Fu solo allora che iniziai a guardarmi attorno, specie durante le mie traversate cittadine per salire in piazza Barbacan la sera e incontrare il mio nuovo amico Orando.
Se il tempo sa davvero curare tutte le ferite, io gli lasciavo fare il suo lavoro. Nel frattempo, però, Marina mi mancava, o almeno mi mancava avere qualcuno accanto che provasse un sentimento forte nei miei confronti.
Ero anche fermamente convinto che tutto potesse ricominciare da zero, anche da un semplice sorriso tra la gente di una bella sconosciuta.
Ed è quello che capitò proprio una sera, nella piazza che avevo eletto come ritrovo con me stesso e dove avevo conosciuto Orando.
Ero proprio in sua compagnia. Stavamo seduti al nostro solito tavolo, a sorseggiare in silenzio degli spritz bianchi. Quando, tra la folla di giovani che sostava tra i locali, sagome scure in contrasto col lucore giallastro dei lampioni, si fece largo una ragazza. La notai subito.
Era alta poco più di me, indossava degli shorts in jeans che le mettevano in risalto le gambe aggraziate e scarpe da ginnastica. La t-shirt rossa aderiva perfettamente alle linee sinuose del suo corpo. Notai subito che portava i capelli biondi e lisci raccolti in una coda di cavallo.
Era uno spettacolo da lasciare il fiato stroncato in gola.
Si avvicinò al nostro tavolo e, con grande mia sorpresa, chiamò Orando per nome.
Questi si riebbe dalla sua probabile nube di pensieri, si girò sulla sedia e, appena vide la ragazza, i suoi occhi scintillarono di gioia.
– Linda! Ma quanto tempo! Che piacere rivederti! –
Si alzò con grazia dalla sedia e abbracciò la giovane.
– Sei sempre in forma, Orando. E lui chi è? –
Orando non perse tempo, ci presentò. Mi venne spontaneo scattare in piedi, come un soldato di leva davanti al suo generale e porsi la mano a Linda. Me la strinse forte, sorridendomi a denti bianchi. Aveva occhi azzurri che sembravano oceani in miniatura.
– Cara Linda, se hai piacere, puoi bere un bicchiere con noi. Sei sempre la benvenuta. –
La ragazza sorrise, ringraziò, e prese posto tra noi due. Orando sembrava soddisfatto, poi crollò nel suo classico mutismo.
Così, per rompere il silenzio, iniziai a fare le classiche domande di routine a Linda: se era di Trieste, dove aveva conosciuto Orando, che lavoro facesse. E sì, lei era di Trieste, nata e cresciuta in città; aveva conosciuto Orando qualche anno prima, durante un corso di Reiki, da allora erano rimasti buoni amici; lavorava come parrucchiera in un salone di bellezza sito in centro.
Poi fu il mio turno. Le nascosi la mia recente separazione da Marina, con tutto il dolore che n’era seguito, e le dissi solo che sognavo di diventare uno scrittore professionista e che stavo stendendo la mia prima opera.
Continuammo a parlare un po’, sotto lo sguardo sereno di Orando.
Le tre del mattino scoccarono anche troppo presto, i baristi iniziarono a ritirare sedie e tavoli. Dovemmo separarci. Linda prese via San Michele, se non avevo capito male abitava nel rione di San Giacomo. Sul dove abitasse Orando, non ne avevo la minima idea.
Appena la ragazza se ne fu andata, Orando mi guardò.
– Bella, vero? –
– Lei… lei è stupenda. –
– Scommetto che vorresti rivederla. –
– Beh, in un certo senso, sì, sì, mi farebbe piacere. –
– Tempo al tempo. Potrebbe ricapitare prima di quanto speri. –
Ci lasciammo, e mentre avanzavo lungo le vie diretto al viale XX Settembre, la speranza di rivedere Linda già la sera successiva iniziò ad albeggiare dentro di me.
Quella sensazione di trepidazione mi sconvolgeva. Mi accompagnò per tutto il giorno seguente, tant’è vero che non riuscii a stendere nemmeno una parola del mio romanzo. Per diverso tempo mi sentii come un adolescente al suo primo appuntamento. Linda.
La sua figura snella e attraente, mi appariva e scompariva dalla mente, come tutta una serie di fotogrammi che, uniti assieme, formavano una pellicola. E cos’era quella sensazione di enorme pace interiore, di calma, di serenità, che si alternava ad attimi di pesantezza di stomaco e fiato corto?
Analizzai quelle mie sensazioni, giungendo alla conclusione più ovvia e banale: ero stato stregato da quella ragazza. Linda. Ero stato vittima di un autentico colpo di fulmine.
Decisi di accantonare il romanzo, almeno per quel giorno, e di seguire l’ondata di emozioni che mi stravolgevano dentro.
Così, mi ci vollero diverse ore, stesi una lettera di dichiarazione. Ben sapendo che sarebbe stato impossibile prenderle la mano, guardarla negli occhi, e spiegarle quanto provavo, a causa della mia timidezza, della storia dolorosa con Marina, conclusi che la scrittura mi avrebbe in qualche modo aiutato nei miei intenti. Le mani scivolavano sulla tastiera, il battito dei tasti divenne presto musica; stesi parola dopo parola di getto, sentendo il cuore che vibrava, l’anima che volava in cieli sereni.
Non rilessi nemmeno la lettera. Al suo interno, frase dopo frase, narravo del mio trascorso con Marina e di quanto lei, Linda, mi avesse colpito, risvegliando in me sensazioni che credevo fossero seppellite.
Imbustai la lettera. Quella sera stessa, la portai con me, raccolta in una tasca della camicia.
Per tutto il tragitto, dal viale XX Settembre alla piazza Barbacan, pensai a Linda, al momento in cui le avrei consegnato la lettera. Mi sentivo un po’ stupido, in imbarazzo, eppure vivo, come da tempo non lo ero stato.
E quando giunsi in fondo alla salita di via dei Capitelli, col vociare di tante persone che appestava l’aria, fu grande la mia sorpresa quando vidi Orando già lì, in compagnia di lei. Avevano preso posto al solito tavolo e sembravano stessero in attesa del mio arrivo. Linda indossava una t-shirt nera, con i suoi shorts di jeans e le scarpe da ginnastica. Era una vista da lasciare senza parole.
Mi mossi verso di loro come preda di un capogiro. Sentivo le gambe molli, il cuore che aumentava le pulsazioni. Un rivolo di sudore mi scivolò lungo la schiena.
Li salutai con un gracidio nella voce. Avevo la gola secca. L’atmosfera si era fatta subito più rovente. Presi posto tra i due. Ordinai il solito spritz.
Linda mi chiese se quel giorno avessi scritto il mio romanzo. Le dissi di sì, tra una cosa e l’altra.
Orando se ne stava in silenzio, ci guardava con fare bonario, soddisfatto. Per un attimo, pensai che avesse organizzato lui l’incontro con Linda la sera precedente, e che ci fosse sempre dietro lui anche a quel secondo incontro. Avrei dovuto parlargli in merito, prima o poi. Ma ciò che mi fremeva, quella sera, era riuscire in qualche modo a consegnare a Linda la mia lettera.
Trascorsero almeno due ore, tra silenzi piacevoli e qualche battuta, prima che Orando si alzasse dalla sedia per andare un attimo ai servizi igienici. Col cuore che gridava come una scimmia urlatrice e che saltava nel petto come un canguro, decisi di approfittare di quel momento per compiere il mio gesto. Con mano tremante, presi la lettera e gliela porsi a Linda. Lei la guardò per qualche secondo, interdetta. Poi il suo volto si ammorbidì in un sorriso.
– L’ho scritta per te -, gracidai.
Lei la prese piano, la posò sul tavolino. E la lasciò lì, senza aprirla.
– Sai, non credo che la leggerò. –
Mi sentii morire dentro. Dovevo aver assunto un’espressione da vero idiota, perché lei si mise a ridere.
Avrei tanto desiderato che una fossa mi si aprisse accanto per poterci scivolare dentro e svanire sotto chili di terra.
Linda smise di ridere, si pulì gli occhi dalle lacrime. Nel frattempo, Orando fece il suo ritorno al tavolo. Adocchiò la lettera, posta accanto a Linda. Mi guardò come si guarda un pulcino caduto da un nido.
Distolsi lo sguardo, avvinto dall’imbarazzo più totale.
Allora Linda si alzò dal tavolo, mi si fece incontro e si fermò a qualche passo da me. Non so con che forza riuscii ad alzare la testa e a incrociare il suo sguardo, ma riuscii a farlo. Gli occhi di lei scintillavano come biglie celesti.
– Se davvero ti sei innamorato così tanto, vieni qui ad abbracciarmi adesso -, mi disse.
Sentii una scarica elettrica avvolgermi tutto il corpo, da capo a piedi. Mi alzai, e per poco non rovesciai la sedia. Con movimenti goffi, mi portai faccia a faccia con lei.
E l’abbracciai. Un abbraccio leggero, guancia contro guancia. Assaporai il suo profumo che sapeva d’albicocca. E restammo uniti, non so per quanti secondi, forse anche per qualche minuto, perché non avevo nessuna intenzione di staccarmi tanto presto da lei.
Spostando un attimo lo sguardo, incrociai la figura di Orando, seduto al tavolo. Ci guardava, con un gran sorriso stampato sul volto.
Nella mia mente echeggiava ora un solo nome: Linda. E me lo ripetevo all’infinito.

(CONTINUA)

RINGRAZIAMENTI:

Desidero ringraziare molto Rebecca Campisi per avermi suggerito il personaggio di Orando dopo una lunga serie di riflessioni.

Qua trovi i libri dell’autore Davide Stocovaz.

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