18 Luglio 2011

Alkene on air (first stage)

Dopo il concerto del 30 aprile al Tetris di Trieste, gli Alkene tornano sulla scena con nuovi progetti, idee e proposte per il futuro, vicino e lontano. Li abbiamo intervistati per spiare dalla serratura il panorama musicale contemporaneo. Underground naturalmente.                           foto di Sofia Minetto

Come nasce l’idea del Podcast?

Molte persone ci hanno detto che live la prestazione è migliore, l’impatto è più diretto, più aggressivo. Da qui l’idea di suonare l’EP live in sala, di registrarlo inserendo anche una componente video. Quando registri, viene comunque un po’ tutto più rilassato. Vogliamo far vedere che siamo attivi.

A proposito di live, avete in programma qualche concerto? Vi muoverete in regione?

In regione abbiamo fatto qualche data, eravamo anche all’Homepage. L’idea ora è quella di girare fuori da qui, anche perché facendo l’Italianwave un po’ di contatti li abbiamo raccolti. Qui è più facile insomma… noi vorremmo andare verso il Veneto, il Trentino. L’idea un po’ di tutti era quella di non rimanere solo dentro i confini. Poi c’è il discorso organizzativo, andare più lontano vuol dire fare un viaggio che ha un suo “peso”. Si trovano agganci per Lazio e Umbria, però più lontano si va e più è da organizzare bene. Non è una cosa “prendi e vai”. Tra l’altro il nostro problema è sempre stato quello di avere molte strumentazioni sul palco. Oltre agli strumenti nostri abbiamo il pianoforte, le chitarre quindi c’è anche il trasporto degli strumenti da considerare, che è impegnativo.

Avete nominato l’Italianwave. Che impressioni avete ricevuto da questa esperienza?

Non ci aspettavamo di arrivare in finale (regionale N.d.R.). Di per sé é stata un’esperienza molto positiva, poi passare le selezioni e arrivare fino all’ultima sera per noi è un ottimo risultato. Tra l’altro, avevamo già partecipato all’Italianwave l’anno precedente con due pezzi, i primi due che stavamo registrando, e non siamo passati… l’anno dopo invece!
Una cosa sicuramente importante è che lì riesci a trovare contatti con chi in regione si muove di più… quindi c’è anche il discorso di farsi conoscere. Comunque, come concorso è organizzato bene e non è un fatto scontato, soprattutto qua. Oltre all’Italianwave nel settore alternativo c’è poco.  Ora molti contest sono on line “vota, vota, vota”. E non rispecchia tanto il panorama, è solo spam. Tante volte non ci rimette chi non è bravo ma chi non “rompe” abbastanza alla gente perché voti.

Tra i vari progetti “alternativi” spicca quello con Natour…

Nasce sempre dall’idea di fare qualcosa di diverso, di sperimentare. Per ora ne abbiamo fatte due, la prima è “La mia ansia” e la seconda “Ovunque”. Anche in radio abbiamo fatto qualche performance… Abbiamo preso delle canzoni e le abbiamo messe in versione acustica, però inserendo anche altri strumenti, non solo quelli che abbiamo usato per registrare. Ad esempio, abbiamo usato anche l’armonica a bocca.

Ritornando su cose più classiche invece: parliamo dei video.

Ne abbiamo fatti parecchi, tra quelli della radio, quelli Natour, quello di Medusa.. adesso vedremo in estate di continuare a girare qualche video per Natour con qualche pezzo nuovo.
Abbiamo la fortuna che tra di noi ognuno si arrangia un po’, quindi anche per la parte video facciamo noi sia le riprese che il montaggio. È importante per noi gestire tutte le parti del progetto in modo da avere più controllo possibile rispetto a chiamare qualcuno che magari ha una sua idea di una cosa e la imposta in modo diverso, sicuramente in modo più astratto. Ci occupiamo anche della sezione della grafica, del packaging. Chiaramente il progetto è anche più soddisfacente. Poi risulta anche più coerente ed è tutto tuo.

Azzardiamo: forse anche in termini di messaggio avete più libertà, non correte il rischio di un filtro.

Sicuramente sì, alla base riesci a costruire qualcosa che abbia significato, le tematiche riesci a farle capire meglio. Ognuno ha un po’ il suo campo, siamo eterogeni, e alcuni di noi sono un po’ più creativi, quindi abbiamo la possibilità di fare tutto. Anche la registrazione dell’EP l’abbiamo fatta noi in sala.. dalla registrazione, al mixaggio.. C’è la possibilità di avere tempi lunghi e quindi di tornare indietro, vedere se ci sono pezzi che mancano. E poi fai cose che non faresti in uno studio… Al primo ascolto non lo noti, ma ne “Il buio”, se ascolti bene, senti dei vetri rotti sotto.. eravamo noi che mentre registravamo spaccavamo dei vetri in una vaschetta! Se hai uno che ti segue, non è detto che sia così automatico che ci sia quel tipo di rapporto. Per ora non abbiamo considerato di registrare da qualcuno perché c’è il fatto di avere poco tempo a disposizione. Magari il risultato dal punto di vista qualitativo è anche migliore, però una buona qualità la raggiungiamo autonomamente. È un fattore banalmente psicologico, è molto diverso rispetto un contesto dove ti dicono “Bene hai tre giorni, otto ore al giorno” e stai lì a dover registrare.

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