8 Giugno 2017

Dieci cose che i napoletani non capiranno mai dei triestini. E viceversa

el sunto Lunedì 12 giugno alle ore 18 la presentazione del nuovo libro di Chiara Gily e Micol Brusaferro: triestini e napoletani, istruzioni per l'uso.

Dopo il successo dell’Osmiza sul mare, Radiodrammi di coppia e Monon Behavior, ecco un nuovo libro targato Bora.La 🙂

Triestini e napoletani: istruzioni per l’uso. E’ il titolo della nuova opera di Chiara Gily e Micol Brusaferro, dedicata appunto al divertente confronto tra le due popolazioni.

Il libro nasce dall’incontro tra le due autrici, rigorosamente una napoletana, Chiara, e una triestina, Micol, che tra uno spritz, un caffè e un capo in b scoprono i moltissimi tratti in comune delle due città, conditi tuttavia da molte caratteristiche completamente opposte. Ci prendono così per mano, accompagnandoci in un divertente viaggio tra sole e bora alla scoperta di matrimoni da boss, corteggiamenti minimalisti alla triestina, domeniche dal menù eccessivo o eccessivamente sportivo, fraintendimenti sul significato di andare al bagno e la doverosa battaglia per il primato sul caffè.

Il libro si trova in tutte le librerie di Trieste e Bisiacaria al prezzo di 10 euro, nonché online sula Botega di Trieste e anche in formato ebook.

La presentazione ufficiale è fissata per lunedì 12 giugno alle ore 18.00 presso la Pizzeria Peperino a Trieste in via del Coroneo 19/c. A seguire, per chi volesse fermarsi a cena, i gestori hanno preparato un menù speciale dedicato alla serata, con mix tipicamente triestino&napoletano.

Ecco in anteprima le dieci cose che triestini e napoletani non capiranno mai gli uni degli altri:

DIECI COSE CHE UN NAPOLETANO NON CAPIRÀ MAI DI UN TRIESTINO

1. Salta il pranzo per andare a prendere la tintarella – troppo stress.
2. Desidera una barca. Anche il napoletano la desidera, ma è quella dell’amico con cui passare i fine settimana a Ischia. Ovviamente, il napoletano si disobbliga sempre portando quantità industriali di viveri.
3. Prende il bus e lo chiama al femminile. “La 9” a Trieste è “o’ nov” a Napoli.
4. Si sveglia presto la domenica per andare a camminare in Carso. Per il napoletano la sveglia prima delle 10 del mattino, se non deve andare a lavorare, è considerata crimine contro l’umanità, una tortura.
5. Va a cena fuori alle 19.30 perché quella, per il napoletano, è l’ora del primo aperitivo.
6. Non conosce a memoria tutte le strade della città, anche se Trieste è grande quanto un quartiere di Napoli. Molte volte è il napoletano che dà indicazioni stradali al triestino.
7. Si offende se qualcuno osa dire che Trieste si trova in Friuli. Il napoletano è così abituato a sentire che anche chi è di Aversa (provincia di Caserta) si definisce napoletano che pure per lui so’ tutti napulitan, senza bisogno di specificare.
8. Parla in triestino, praticamente sempre. Il napoletano ha un accento inconfondibile ma raramente parla in dialetto nei contesti lavorativi o davanti a chi non lo capisce. A Trieste no, il dialetto è la lingua ufficiale.
9. Dice che va al bagno per indicare, invece, che va al mare, inducendo così il napoletano in errore, dato che pensa che il triestino vada a fare la pipì!
10. Ama l’osmiza. Prendere la macchina e inerpicarsi tra le montagne per andare a mangiare fuori non può ridursi solo a mangiare uova sode, salumi e formaggi.

DIECI COSE CHE UN TRIESTINO NON CAPIRÀ MAI DI UN NAPOLETANO

1. Si abbuffa come se non ci fosse un domani, ama proprio il cibo moltissimo, dalla cucina alla tavola, dalla preparazione alla degustazione…
2. Presta tutto all’amico, dallo scooter all’auto, compresa la casa se serve. E se il napoletano vive in un’altra città ospita tutti, amici e parenti, quando lo vengono a trovare, mentre il triestino, di natura, è più riservato e pure un po’ geloso delle proprie cose.
3. Ha un rapporto conflittuale con casco e cintura di sicurezza…
4. Feste per compleanni, onomastici, fidanzamenti, battesimi, comunioni, cresime, per non parlare dei matrimoni, diventano veri e propri show, colorati, animati e con una durata media di 12 ore.
5. Va al mare portandosi dietro la casa, oltre a un’infinità di contenitori di cibo.
6. Ama i corteggiamenti appassionati, i gesti iper romantici, le serenate sotto il balcone dell’amata.
7. Impazzisce quando sente la parola “Maradona” anche a distanza di anni dalle prestazioni del mitico campione…
8. Parla a voce alta e gesticola sempre.
9. Se parla in dialetto stretto stretto servono i sottotitoli.
10. Il pranzo della domenica sembra quello di Natale. Ma perché iniziare a cucinare già all’alba quando si può uscire a correre o comunque uscire di casa???

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20 commenti a Dieci cose che i napoletani non capiranno mai dei triestini. E viceversa

  1. robbe' ha detto:

    mah, un bel po’ di luoghi comuni risalenti agli anni 80. urge visita a Napoli per aggiornamento.

  2. A. ha detto:

    Sì concordo con Robbe’,….i giovani di Napoli son cambiati,non credo ci siano più differenze culturali tra napoletani e triestini,la globalizzazione ha raggiunto ogni angolo del mondo,…….quelli citati sopra son proprio luoghi comuni del passato…secondo me.

  3. Fiora ha detto:

    @1 e 2
    condivido pienamente. Resta che piace abbarbicarsi su questi stereotipi con una punta di nostalgia per un’identità precisa che ci diversificava ,senza ostilità. …così solo perché variatio delectat.

  4. Fiora ha detto:

    Né Merola, né Pilat…semo ( simme) omologati Europei e po’ bon (e poi buono!)

  5. germano Bezzina ha detto:

    Dai commenti sembra che conoscete pochissimo di napoletani all’estero,come e’ il mio caso.Steme ben.

  6. Fiora ha detto:

    @5
    diccelo tu come sono i napoletani all’estero, visto che è il tuo caso.
    Personalmente da Triestina a Trieste ,affettuosa custode nel mio cuore del come eravamo, mi ero limitata a convenire con il ragazzo napoletano che “così” non siamo più. Né noi né loro. Da parte mia con un certo rimpianto, eh?!
    Da lontano è differente.Ho anch’io dei cari espatriati e rilevo che la triestinità da stereotipo che snobbavano, gli riaffiora prepotente. lontan dagli occhi, sempre più vicini con il cuore.

  7. Fiora ha detto:

    …un imprinting che riaffiora ma lo stile di vita è ormai identico a quello di tutti i giovani coetanei del mondo

  8. A. ha detto:

    @7 condivido

  9. Fiora ha detto:

    @8
    ..superfluo aggiungere “occidentale” al termine mondo.

  10. Antonio ha detto:

    Posso aggiungere una cosa all’elenco che un napoletano non capirà subito (ma poi imparerà) del triestino? L’uso del termine “volentieri”. Dinanzi al bancone la commessa, 24 anni fa, alla mia richiesta rispose con un sorridente “volentieri”, e rimanemmo a guardarci, lei chiedendosi perché non me ne andassi, io chiedendomi perché non andasse a prendere sullo scaffale la camicia che chiedevo. Poi ho capito. “Volentieri” è come il caffè bevuto in piedi invece che seduti comodamente. “Volentieri” è il prodotto del lato pratico, veloce e settentrionale dell’anima triestina, perché sintetizza un non detto troppo lungo e inutile, “volentieri le darei ciò che mi
    sta chiedendo, ma non posso perché…”, e qui varie opzioni: “no gavemo”, “no i fa più de ani”, “mai sentido”, “no esisti”, più raramente “la ga zercà in Friul?”.
    Auguri a Micol e Chiara per il loro libro.

  11. A. ha detto:

    @9

    ovvio

  12. Fiora ha detto:

    beh cambieranno usi e costumi ,ma il nostro “volentieri” rimarrà imperituro. Sintesi di impossibilità carente del minimo sforzo per porvi rimedio, ma pure di gentilezza nel dichiararlo

  13. Fiora ha detto:

    se il “volentieri ” riassume disimpegno con bon ton, l'”indiferente” è sintomatico della nostra scarsa propensione ad addentrarci in disquisizioni e diventa il termine conclusivo di una discussione cui non si vuole dare seguito.

  14. giorgio (no events) ha detto:

    in quel “volentieri”, io leggo la tristezza di non poter accontentare il prossimo, la malinconia che deriva dalla consapevolezza di “non avere i mezzi o le capacità”. E, comunque, un modo di rispondere più gentile e aperto di un secco “no-se-pol”.

    Ma, mi son sempre chiesto, i triestini trapiantati a Napoli cercano, come i napoletani che vivono a Trieste, di parlare il dialetto locale? E con gli stessi (spassosi) risultati?

  15. diegomarini169@alice.it ha detto:

    credo che per un triestino sia difficile , se non impossibile imparare il napoletano.

  16. A. ha detto:

    E invece io ne conosco alcuni che l’hanno imparato,…..non è una lingua straniera in fondo,…se poi non c’è volontà nè interesse….è un altro discorso.

  17. ufo ha detto:

    Bona sta qua, un triestin impararse per napoletan. Qualcossa de più facile no, eh?

    No so se ve rendè conto de cos’che ste disendo. Vedemo el ponto de partenza:
    – no ga servido mile ani de tempo e soto casa diesine de miliaia de persone bone per farghe far pratica al triestin standard per impararse più de quindese parole de sloven, che metà de lori gavessi podù imparar direto de su nona
    – per el croato, che se parla a quaranta chilometri de quà sempre dei stesi mile ani, el conto dele parole se ferma a sete, e nol xe nianca ancora rivà a guantar che sloven e croato xe do lingue diverse
    – per el furlan, stesi quaranta chilometri e stesi mile ani, el conto dele parole se ferma a ‘mandi’, e el patoco medio no xe nianca bon de ordinar un cafè senza che i ghe meti davanti un bicier de nero.
    Cossa volè che un Tojo o un Ucio qualsiasi i se impari per napoletan, che unica roba in comun fra Trst e Napulè fussi eser sul mar (e, bom, l’idea che el lavor – ogni lavor – pol spetar). Anca Tokio e Homg Kong le xe sul mar, ma no me par che servi ssai…

    Mi me par che unica xe de darghe in man un telefonin con guggle transleit, perché triestin no xe fato per imparar lingue. Anzi, triestin no xe fato per imparar proprio, me da l’anda. Tanto cossa servi.

  18. John Remada ha detto:

    17@ 15 parole….escluse le besteme !

  19. mattia ha detto:

    Ma questo xe il contenuto del libro? un mix de banalità ed inesattezze? spero de no dai.
    “Molte volte è il napoletano che dà indicazioni stradali al triestino”cazzada
    “Il napoletano è così abituato a sentire che anche chi è di Aversa (provincia di Caserta) si definisce napoletano che pure per lui so’ tutti napulitan, senza bisogno di specificare” prova a dirghe a un de salerno che xe napoletan!

  20. A. ha detto:

    @19
    Bravo Mattia,hai reso perfettamente il concetto,se definisci “napoletano” un salernitano,son casini,……solite rivalità che trovi in ogni regione…nulla di strano

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