{"id":83690,"date":"2023-08-04T09:21:58","date_gmt":"2023-08-04T08:21:58","guid":{"rendered":"https:\/\/bora.la\/?p=83690"},"modified":"2023-07-31T09:26:48","modified_gmt":"2023-07-31T08:26:48","slug":"il-segreto-di-nicola","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/bora.la\/2023\/08\/04\/il-segreto-di-nicola\/","title":{"rendered":"Il segreto di Nicola"},"content":{"rendered":"

Nicola Petronio si scost\u00f2 brusco dal materasso sul quale si era posato. Rimase immobile, in piedi, come inebetito. Le persiane della camera da letto erano socchiuse a tre quarti, perci\u00f2 una penombra soffusa abbracciava la sua figura e, in quegli attimi, sembrava premere su ogni centimetro del suo corpo teso. Guardava la sagoma che si delineava tra le lenzuola, davanti a s\u00e9.<\/p>\n

Nessun movimento. Nessun respiro.<\/p>\n

Nella penombra il volto di sua madre non si distingueva, era una chiazza tondeggiante e indefinita. Uccellini invisibili cinguettavano allegri nel cortile sottostante l’abitazione. I loro schiamazzi, provenienti dalla finestra aperta, echeggiavano nella camera conferendo al momento un che di surreale.<\/p>\n

Nicola aveva trentasei anni e non era per niente pronto a vivere quel momento. Fece un passo in avanti, si protese verso l’altezza della bocca di sua madre, una macchia nera. Vi accost\u00f2 l’orecchio per percepirne il respiro. Niente.<\/p>\n

Allora allung\u00f2 una mano e tast\u00f2 con un dito la vena carotidea, nella speranza di sentire pulsarle il cuore. Niente.<\/p>\n

Si alz\u00f2 di nuovo, di scatto, e fece alcuni passi su e gi\u00f9 per la stanza. La realt\u00e0 della faccenda si stava facendo largo nella sua mente, come un fiume di melma. Per un attimo, temette di svenire. Ma riusc\u00ec a mantenere la calma. Inspir\u00f2 ed espir\u00f2 a fondo, cercando di ordinare le idee.<\/p>\n

Sua madre se n’era appena andata, e a lui ora non restava pi\u00f9 molto da fare.<\/p>\n

Nadia Ferluga aveva sessantadue anni e il cancro al pancreas l’era stato diagnosticato troppo tardi. In un fil di voce, aveva dichiarato a Nicola di voler trascorrere i suoi ultimi giorni in casa, la sua adorata casa, stando ben lontana da ogni genere di ospedale. Nicola non aveva obiettato. Fin da quei primi giorni, l’era stato accanto, cercando di accudirla in ogni modo mentre Daniele, il fratello maggiore, doveva continuare a lavorare per le economie della famiglia.<\/p>\n

In quei momenti, come un’ondata di marea, a Nicola torn\u00f2 in mente tutto l’ultimo periodo trascorso con quella donna che aveva tanto amato: di quando le preparava da mangiare, di quando l’aiutava a farlo, di quando le leggeva un romanzo del suo mito Wilbur Smith, di quando trascorrevano ore a ricordare le gite in famiglia, quando lui e Daniele erano piccoli, le scorribande nei boschi, le vacanze al mare, il ricordo sempre presente del loro cane meticcio, Otto, che sembrava non aver mai abbandonato quelle pareti; il ricordo di suo padre, marito di Nadia, venuto a mancare cinque anni prima a causa di un infarto fulminante. Valanghe di ricordi che si sommarono l’uno sopra l’altro e, che per un attimo, gli tolsero il respiro.<\/p>\n

Usc\u00ec dalla camera da letto, percorse il piccolo corridoio fino a raggiungere un mobiletto. Sollev\u00f2 il cordless e compose il numero del soccorso medico. Non attese molto. Disse alla centralinista che sua madre aveva smesso di respirare, le diede generalit\u00e0 e indirizzo. Quando abbass\u00f2 il telefono, si sent\u00ec cogliere da un intenso vuoto interiore. Respir\u00f2 a fondo, rimanendo immobile nel corridoio, in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Pos\u00f2 il dorso contro la parete, mentre lacrime amare iniziarono a bruciargli gli occhi.<\/p>\n

In quel mentre, la porta di ingresso si apr\u00ec e apparve Daniele. Indossava una t-shirt verde, pantaloni resistenti e grosse scarpe anti-infortunistiche. Svolgeva il lavoro di giardiniere presso una piccola ditta privata della citt\u00e0. Sembrava esausto, indice che la giornata era stata pesante.<\/p>\n

Vedendo il fratello minore in quella posa inusuale, Daniele si affrett\u00f2 a chiedergli cosa fosse successo. Solo allora, Nicola trov\u00f2 la forza per parlare, anche se dalle sue labbra usc\u00ec una sorta di brontolio roco:<\/p>\n

“Mamma… non c’\u00e8 pi\u00f9.”<\/p>\n

Daniele lasci\u00f2 cadere lo zaino nero che reggeva in spalla e si lanci\u00f2 nella camera da letto. Nicola pot\u00e9 sentire i suoi passi pesanti sul parquet. Attese, paziente. Dalla stanza non si alz\u00f2 nessun rumore, nessun grido, nessun pianto. Gli uccellini continuavano a cantare.<\/p>\n

Dopo qualche minuto, Daniele riemerse dalla penombra della stanza. Si pass\u00f2 una mano sugli occhi lucidi e gli si fece incontro posandogli una mano sulla spalla.<\/p>\n

“Noi… abbiamo fatto il possibile. Possa riposare in pace”, mormor\u00f2.<\/p>\n

Poi raccolse lo zaino e svan\u00ec in salotto.<\/p>\n

Nicola rimase in corridoio, abbass\u00f2 il capo. Sentiva, dentro di s\u00e9, che assieme a sua madre si spegneva anche una parte di lui. Si diede dell’idiota. Non si era mai preparato per quel momento, ben sapendo che sarebbe presto arrivato. Ma, in sua discolpa, per quanto ci si possa preparare prima, psicologicamente, spiritualmente, non si \u00e8 mai abbastanza pronti per affrontare lutti del genere.<\/p>\n

Quando arrivarono i soccorsi medici, non poterono fare altro se non dichiarare la donna deceduta. Fu Daniele a spiegare loro il decorso della malattia, di quel maledetto cancro al pancreas, e a sostenere con la propria presenza l’animo ridotto a brandelli di Nicola, mentre vedevano la loro madre venir portata via su una lettiga, coperta da un lenzuolo bianco.<\/p>\n

Quella sera stessa, con la casa avvolta da un silenzio assordante, non cenarono nulla, n\u00e9 parlarono l’uno con l’altro. I due fratelli si ritirarono a letto presto, chiudendosi ognuno nella propria camera.<\/p>\n

Fu Daniele a occuparsi e a sbrigare tutte le pratiche per il funerale. Nicola sembrava essere caduto in una sorta di stato catatonico. Le mattine seguenti al giorno del decesso, egli si svegliava sempre pi\u00f9 tardi, si trascinava in cucina e si preparava a malapena la colazione. Mentre Daniele si gestiva il tempo tra lavoro e preparazione del funerale, Nicola vegetava in casa. I due fratelli si incrociavano solo verso sera, riunendosi al tavolo in salotto per la cena. Nicola aveva smesso di cucinare, parlava poco con suo fratello, si esprimeva pi\u00f9 a cenni che a parole; a malapena telefonava ai ristoranti della zona per ordinare da mangiare. Ordinavano una pizza, oppure qualcosa di cinese, una sera mangiarono sushi. E quando Nicola abbassava il telefono, si lasciava cadere sul divano, come se il solo ordinare la cena avesse costituito uno sforzo sovrumano.<\/p>\n

La sera prima del funerale, Daniele gli aveva posato una mano sulla spalla, l’aveva guardato negli occhi in modo comprensivo e gli aveva detto:<\/p>\n

“Lo so, non sar\u00e0 facile d’ora in avanti. Ma dobbiamo reagire. Tu, devi reagire. E questo non significa dimenticarci di mamma, di pap\u00e0 o del piccolo Otto, ma devi capire che la tua vita non finisce qui. Tu e io dobbiamo andare avanti, come meglio riusciamo. Intesi?”<\/p>\n

In tutta risposta, Nicola si era limitato ad annuire piano.<\/p>\n

Fu Daniele a occuparsi anche del trafiletto apparso sul giornale locale in cui si dava la notizia della scomparsa di Nadia e del suo necrologio. Poi pens\u00f2 a contattare tutte le sue amiche e conoscenti, in modo da darle una degna sepoltura.<\/p>\n

Il rito si svolse in presenza di diverse persone, riunite tutte al cimitero cattolico di Sant’Anna. Si trattava del cimitero monumentale di Trieste, inaugurato il primo agosto del 1825. Il cimitero sorgeva su un’area che apparteneva alla famiglia patrizia dei Burlo che, oltre a una casa, possedeva proprio su questo terreno una cappella dedicata a Sant’Anna. Il bellissimo cimitero venne realizzato dall’architetto neoclassico Matteo Persch, che suddivise la necropoli da due grandi viali in quattro riquadri con al centro la famosa cappella neoclassica. Attraversando uno di questi viali non si poteva non meravigliarsi dello splendore delle statue, delle cappelle di antiche famiglie, che fondevano una certa suggestione in chi le guardava e che sembravano rappresentare pi\u00f9 inni alla vita che alla morte stessa. Ma Nicola era ben lontano da considerazioni del genere. Tutto il mondo sembrava essere sfocato in una nebulosa. Specie quando la bara contenente sua madre venne depositata con cura nel terreno. Con un gesto quasi automatico, lasci\u00f2 cadere una rosa rossa nel buco, poi affianc\u00f2 il fratello tenendo il capo abbassato.<\/p>\n

Quella sera non cenarono. Nicola and\u00f2 a chiudersi in camera sua. Si lasci\u00f2 crollare sul letto, ancora vestito, e cos\u00ec rimase finch\u00e9 un sonno profondo non lo colse.<\/p>\n

Si dest\u00f2 nel cuore della notte. Respirava male. Sentiva il cuore sobbalzargli nel petto. Aveva la gola riarsa e provava dei brividi freddi. Si alz\u00f2, arranc\u00f2 nel vicino bagno. Apr\u00ec l’acqua del rubinetto, bevve dei lunghi sorsi, poi vi immerse le mani e se la pass\u00f2 sul volto. Specchiandosi, fatic\u00f2 a riconoscersi: i capelli scompigliati, gli occhi arrossati, gonfi, una carnagione pallida. Sembrava essere divenuto l’ombra di s\u00e9 stesso. Cerc\u00f2 di tornare a letto, inizi\u00f2 a respirare piano, ma quel tumulto dell’anima sembrava non lasciarlo. Non chiuse pi\u00f9 occhio.<\/p>\n

Quando un’alba tenue si insinu\u00f2 nella sua stanza, sent\u00ec trillare la sveglia del fratello nella camera vicina. Di l\u00ec a poco sent\u00ec dei movimenti, segno ch’egli si stava alzando dal letto. Lo ascolt\u00f2 ripetere la stessa routine di ogni giorno: prima il bagno, con una lunga pisciata; poi la cucina dove si preparava il caff\u00e8, il borbottio insistente della moka, il volume basso della televisione, fissata su un programma locale. Nicola ascoltava, restando immobile a letto. Ascolt\u00f2 ogni singolo movimento di suo fratello: la TV che veniva spenta, la moka che veniva risciacquata e smontata, gli sbuffi in camera per indossare i pantaloni pesanti, poi quelli pi\u00f9 profondi per indossare le grosse scarpe. E infine i suoi passi pesanti lungo il corridoio, la porta di ingresso che si apriva e subito dopo si richiudeva. Il silenzio. Un silenzio denso, carico di ricordi.<\/p>\n

Si alz\u00f2 piano, barcollando nella camera. Si tolse gli abiti scuri che aveva indosso, prese i primi pantaloni su una sedia, una t-shirt bianca e un gilet di tuta. Si rec\u00f2 in cucina, bevve un lungo sorso d’acqua. Non aveva voglia di prepararsi il caff\u00e8. Sembrava non avere voglia pi\u00f9 di nulla.<\/p>\n

Scivol\u00f2 sul divano in salotto, abbass\u00f2 il capo, portandosi le mani al volto. Alcuni passerotti iniziarono a cinguettare fuori dalla finestra. Ma lui sembrava non sentirli.<\/p>\n

Sentiva piuttosto una sorta di maremoto interiore, lo stesso che l’aveva strappato dal sonno quella notte e che non gli aveva pi\u00f9 permesso di rilassarsi. Era un misto tra ansia pulsante e una non meglio identificata paura. In quel momento, cerc\u00f2 di focalizzarla per capirla. Paura del presente? Paura del futuro? Paura della morte? Paura della vita?<\/p>\n

E pi\u00f9 cercava di metterla a fuoco, di conoscerla, pi\u00f9 questa paura si ritraeva, si nascondeva nei recessi pi\u00f9 profondi del suo essere. Si alz\u00f2, quasi di scatto. Inizi\u00f2 a camminare avanti e indietro nel salotto, preda del suo pensare, del suo volersi sondare per bene. Non tenne il conto del tempo, perci\u00f2 a un certo punto, indifferente dell’ora, decise di uscire almeno per prendere una boccata d’aria.<\/p>\n

Si era agli inizi della primavera. Il cielo era un tappeto azzurro, privo d’ogni traccia di nuvola. I raggi di un sole vivido si rincorrevano tra i rami degli alberi del Viale XX Settembre. Le rondini svolazzavano tra i tetti, lanciando le loro grida echeggianti. L’aria sembrava leggera, come certi pensieri che si sfilacciano al calar della luce. La citt\u00e0 intera sembrava ammantarsi di una quiete quasi ultraterrena. Ma Nicola non se la godeva, non la percepiva neppure. Avanzava lento nel gioco di chiaro scuri del viale, incrociando diversi passanti che nemmeno scorgeva. Camminava senza una meta precisa, tenendo lo sguardo basso, ciondolando le spalle. Nonostante il clima che lo avvolgeva, un’ombra pesante sembrava essere scesa su di lui, dentro di lui. La sentiva prendere forma e ingigantirsi a ogni respiro. Inizi\u00f2 presto a sudare freddo. Era giunto a circa met\u00e0 viale, all’altezza del cinema Ambasciatori e la scuola media divisione Julia. Qui si ferm\u00f2, di colpo, mentre avvertiva il braccio sinistro indurirsi e il cuore accellerare i battiti. Le gambe iniziarono a tremargli. Si trascin\u00f2 verso un albero, vi si pos\u00f2 sopra. Venne colto da un senso di vertigine. Per un attimo, cielo e palazzi, viale e pedoni sembrarono confondersi in una macchia indefinita. Chiuse gli occhi. Inspir\u00f2 ed espir\u00f2 con calma, portandosi una mano al petto. Si trov\u00f2 a boccheggiare. Si allontan\u00f2 dall’albero, si chin\u00f2 alla vicina fontanella, premette il pulsante e cacci\u00f2 la nuca sotto l’acqua corrente. Poi bevve avidamente. Quando si alz\u00f2, con l’acqua che gli scorreva lungo il collo, si sent\u00ec un p\u00f2 meglio. Decise di tornarsene subito a casa.<\/p>\n

Chiuse la porta, and\u00f2 in camera sua e croll\u00f2 sul letto. Scivol\u00f2 subito in un dormiveglia confuso, in cui i raggi del sole si confondevano con la stanza, e in quei raggi di sole rivide, per un attimo, il volto di sua madre, com’era negli ultimi istanti di vita, il volto sciupato, gli occhi stretti a fessura, la pelle che sembrava carta vetrata, e quel volto si trasform\u00f2 presto in una macchia scura e indefinita. Alz\u00f2 il busto di soprassalto, trasse un respiro profondo. Stava impazzendo. Questa consapevolezza lo folgor\u00f2 come una potente scarica elettrica. Doveva fare qualcosa. Doveva trovare un modo per uscire da quella sua condizione, da tutte quelle sensazioni che lo stavano trascinando nell’oblio.<\/p>\n

E, in quel momento, comprese di avere un’unica via d’uscita.<\/p>\n

Medit\u00f2 per bene cosa avrebbe fatto, come si sarebbe espresso. E solo allora trasse un altro respiro profondo e riusc\u00ec a calmarsi un poco. Attese il calare della sera. Lo attese restandosene disteso a letto, con indosso la giacca e i pantaloni grigi. Per comodit\u00e0 si era levato le scarpe, che ora giacevano ai piedi del letto. Nella sua mente non aleggiava pi\u00f9 un solo pensiero. Si ritrov\u00f2 a contare i minuti, a scandire lo scendere del sole con lo sguardo. Finch\u00e9 non sent\u00ec la porta di ingresso aprirsi e i passi pesanti di Daniele nel corridoio.<\/p>\n

Solo allora si alz\u00f2 piano dal letto. Apr\u00ec la porta della camera e chiam\u00f2 suo fratello.<\/p>\n

Questi si gir\u00f2 sulla soglia del salotto, lo sguardo interrogativo.<\/p>\n

“Devo parlarti”, mormor\u00f2 Nicola.<\/p>\n

Daniele lo anticip\u00f2 in salotto, fece scivolare lo zaino dalla spalla, accostandolo al tavolo. Si sedette. Nicola prese posto davanti a lui, in modo che potessero guardarsi negli occhi.<\/p>\n

“Ti devo confessare una cosa.”<\/p>\n

“Ti ascolto.”<\/p>\n

“Si tratta di mamma. Vedi? A volte, le cose non sono come sembrano.”<\/p>\n

“Cosa intendi dirmi?”<\/p>\n

Nicola trasse un respiro profondo. Cerc\u00f2 di mantenersi calmo.<\/p>\n

“Sono stato io, Daniele. Insomma, lei non si \u00e8 spenta da sola. Le avevo appena portato da bere, un semplice bicchiere d’acqua, e lei ha esalato un lamento che mi \u00e8 arrivato dritto al cuore. Sapevo che aveva, ormai, i giorni contati, forse persino qualche ora. E quel lamento, quel suono lacerante, mi ha straziato l’anima. Cos\u00ec ho posato il bicchiere, ho preso un cuscino e glielo posato sul volto. Non ho dovuto premere molto. Lei non ha opposto resistenza. Forse perch\u00e9 era gi\u00e0 debole, o forse perch\u00e9 anche lei non vedeva l’ora di porre fine alle sue sofferenze. Solo qualche secondo, ma \u00e8 stato sufficiente. Allora ho ritratto il cuscino, l’ho posato l\u00ec accanto e sono rimasto a guardarla. Non ce la facevo pi\u00f9 Daniele, non sopportavo pi\u00f9 tutta quella sua sofferenza.”<\/p>\n

Gli occhi gli si inumidirono, le labbra vennero percorse da un tremito. Daniele lo ascoltava, lo sguardo perplesso, gli occhi che trasmettevano una profonda sorpresa.<\/p>\n

“E la cosa peggiore, \u00e8 che non riuscivo a dirtelo. Non so perch\u00e9, forse per paura. Paura s\u00ec, della tua reazione. Paura di una tua possibile denuncia, non so, alle autorit\u00e0. Solo che questo mio segreto mi stava logorando, Daniele. E gi\u00e0 ora, mentre ti racconto questo, mi sento gi\u00e0 pi\u00f9 leggero; come se un peso enorme si stesse alzando dal mio spirito. Ora, tu sai la verit\u00e0. Vedi tu cosa pensi di fare, adesso.”<\/p>\n

Daniele sembrava paralizzato. Riusc\u00ec a malapena a sbattere le palpebre. Nicola abbass\u00f2 il capo, in attesa della sua reazione.<\/p>\n

“Va bene Nicola, va bene”, mormor\u00f2 Daniele, dopo un tempo che sembr\u00f2 eterno: “Ti capisco. Sai? Anche io non sopportavo pi\u00f9 di vederla soffrire a quel modo. Mi chiedi cosa penso di fare adesso. E la risposta che ti dico \u00e8 niente. Non penso di fare niente, Nicola. Come gi\u00e0 ti dissi, noi abbiamo fatto tutto il possibile. E questo, Nicola, rester\u00e0 il nostro segreto.”<\/p>\n

Allora Nicola alz\u00f2 lo sguardo sul fratello. Daniele lo guardava in modo deciso. Nicola si alz\u00f2 dalla sedia, aggir\u00f2 il tavolo e gli si piant\u00f2 davanti.<\/p>\n

“Potrai mai perdonarmi per questo?”<\/p>\n

Daniele allarg\u00f2 un braccio, invitandolo a unirsi a lui. Nicola accolse l’invito. Si premette contro il corpo robusto di Daniele, affond\u00f2 il volto nell’incavo del suo collo. E scoppi\u00f2 a piangere.<\/p>\n

Un pianto lungo, liberatorio, alternato a profondi singhiozzi. Con quel pianto, represso per troppo tempo, Nicola sembr\u00f2 depurarsi l’anima stessa. Avvinghiato a suo fratello, pianse come mai aveva fatto prima. E Daniele lo tenne stretto a s\u00e9, assorbendo tutta la sua sofferenza.<\/p>\n

I fratelli Petronio restarono in quella posizione per svariati minuti, finch\u00e9 Nicola termin\u00f2 tutte le sue lacrime e la sera scivol\u00f2 sulla citt\u00e0, sul mondo intero, soffocando gli ultimi raggi del sole.<\/p>\n

Qua trovi i libri dell\u2019autore Davide Stocovaz<\/strong><\/a>.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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