Rifondazione «paladina» del friulano. «È una lingua, va insegnato a scuola»

CORRIERE DELLA SERA 2/9/2007 pag. 13

MILANO — La premessa: il friulano non è un dialetto ma una lingua. «Se non si tiene conto di questo, non si capisce il senso di quello che stiamo facendo. E che il friulano sia una lingua non lo dico io, ma una legge dello Stato, la 482/99, che la include tra le dodici lingue minoritarie». Mette subito le mani avanti Roberto Antonaz, assessore all’Istruzione della
Regione Friuli Venezia Giulia, nonché esponente di spicco di Rifondazione, che in questi giorni è al centro di un fuoco incrociato perché ha presentato una legge per la tutela del friulano, che ne prevede l’insegnamento a scuola «un’ora in più a settimana e dove le condizioni lo consentano, in caso di classi omogenee, l’uso come lingua veicolare per alcune ore anche per tutte le discipline».

I colpi arrivano da destra e da sinistra. «La proposta non piace alla Lega — spiega Antonaz — perché noi non usiamo il friulano per creare divisioni. Non piace nemmeno ad An, da
sempre paladina dell’italiano. Ma si sono scagliati contro — ammette quasi stupito — anche alcuni esponenti della Quercia. I Ds sono spaccati. Eppure non facciamo altro che attuare il programma. Il fatto è che tra otto mesi ci sono le elezioni regionali…».

Retropensieri a parte, Antonaz ci tiene a spiegare che la tutela del friulano va vista in chiave di «lotta alla globalizzazione» perché «ogni anno spariscono trecento lingue nel mondo e questo è un impoverimento per la nostra società, si perde un pezzo della nostra
storia. Ci impongono gli stessi consumi, tutti parlano quella specie di inglese, il globish, poverissimo di vocaboli: bisogna tutelare le lingue. E noi in Regione abbiamo oltre all’italiano, il friulano, lo sloveno e il tedesco. Sono previsti provvedimenti per tutte e tre, ma nessuno si sogna di fare polemiche sullo sloveno o sul tedesco. Tutto perché dimenticano che il friulano è una lingua e non un dialetto. Del resto sotto il fascismo, non era proibito parlare veneto o romano, ma da noi non si poteva usare il friulano.

Comunque, la nostra è la legge delle opportunità e non degli obblighi: la scelta sarà facoltativa e l’autonomia scolastica è rispettata. Intanto cerchiamo di preparare adeguatamente gli insegnanti, vorremmo che facessero un corso di formazione». Insomma, nessun colpo di mano. Del resto non riuscì nemmeno trent’anni fa, quando la componente autonomista del Pci friulano propose l’obbligatorietà della «marilenghe» nelle
scuole e dovette fare i conti con Enrico Berlinguer, che si rifiutò di tenere il comizio elettorale a Udine. Tutto si risolse grazie alla mediazione di Tullio De Mauro. Anche oggi la Quercia è perplessa.

Infatti il deputato ds Alessandro Malan ha proposto almeno un referendum prima che la legge sia varata. Per ora Antonaz è il paladino del friulano: «E pensare che sono di Monfalcone, io nemmeno lo parlo il friulano…».

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