Ancora problemi frenano il travagliato percorso del progetto ovovia. Il Comitato spiega le
ragioni del nuovo ricorso che impugna il Decreto Salvini, che al momento dovrebbe
finanziare l’opera ma pare non sia legittimamente utilizzabile dal Comune di Trieste.
«Siamo in attesa di conoscere la disposizione del Dirigente del MIT che definirà le
modalità con le quali il Comune di Trieste dovrebbe utilizzare il finanziamento del Decreto
Salvini – spiega il Coordinatore del Comitato NO ovovia William Starc -. Come noto questi
fondi sono assegnati in sostituzione di quelli del PNRR, che il Comune ha perduto per non aver rispettato le regole. Sembra però che anche questa volta qualcosa non vada e, a parere del legale che ci assiste in questa interminabile vicenda, il progetto della cabinovia non avrebbe titolo a usufruire delle nuove risorse assegnate. Esaminando il decreto Salvini e i documenti citati nello stesso, acquisiti tramite accesso agli atti, risulta che il nuovo finanziamento della Cabinovia viene reperito da uno stanziamento precedentemente assegnato al Comune di Padova, che, a parità d’importo, usufruirà di quello PNRR originariamente previsto per Trieste. Ma le risorse finanziarie padovane derivano da un bando emesso dal MIT con scadenza 15/01/2021, denominato “Avviso n.2 per la presentazione di istanze per accesso alle risorse destinate al Trasporto Rapido di Massa ad Impianti Fissi”, nella cui graduatoria il Comune di Padova ha ottenuto ulteriori 97 milioni per il tram, per completare il finanziamento dei 238 milioni già assegnati. Il Decreto Salvini “gira” al Comune di Trieste parte delle risorse già assegnate a quello di Padova, ma il Comune di Trieste non è mai stato nella graduatoria dei classificati dell’Avviso n.2. Un tale disinvolto travaso presenta oggettivi caratteri di illegittimità che costituiscono la motivazione del nuovo ricorso presentato dai residenti».
«A fronte delle risorse originariamente assegnate di 48 milioni di euro, il Progetto di
fattibilità tecnico economica (PFTE), l’unico al momento approvato, prevede una spesa di
62 milioni – evidenzia inoltre il Comitato -. I mancanti 14 milioni verrebbero reperiti con un finanziamento straordinario messo a disposizione dal Governo per fare fronte agli
incrementi di spesa dei progetti PNRR. Ma, a seguito della perdita del finanziamento europeo, queste risorse sono ancora disponibili? e, qualora si volesse proseguire nell’iter amministrativo per l’approvazione dell’opera, come si risolve questa rilevante carenza di fondi? Per altro ad oggi, nonostante il progetto definitivo sia stato consegnato nell’ottobre 2023, non si conosce il nuovo quadro economico di spesa, sicuramente diverso da quello originario contenuto nel PFTE, a causa dell’inflazione e degli aumentati costi in questi anni. A cui si aggiunge l’aumento di spesa che certamente deriverebbe dalla necessità di ottemperare alle prescrizioni formulate dagli Enti preposti nella Conferenza dei Servizi, qualora vi si arrivasse.
«Sorprende che il Comune continui a non far trapelare alcuna notizia in merito allo stato
dei procedimenti inerenti l’iter della cabinovia, mentre, anche alla luce degli ultimi ricorsi
presentati dai residenti e dalle Associazioni ambientaliste, ci si aspetterebbe delle prese
di posizione pubbliche. Sarà che l’impegno del Comune per il progetto di Porto Vivo
assorbe in modo prioritario le energie di comunicazione? In ogni caso la trasparenza
aiuterebbe tutti a comprendere che il progetto della cabinovia non ha niente a che fare
con il trasporto sostenibile, visto che nell’antico scalo si progettano 1200 parcheggi e si
parla di allargare la viabilità di Barcola con una ulteriore corsia accentuando anziché
diminuire il traffico nell’ex ambito portuale», attacca Starc.
Un altro aggiornamento riguarda la documentazione che la Regione ha presentato al TAR
in risposta all’Ordinanza emessa in dicembre: «Tramite i legali che ci assistono abbiamo
formulato puntuali controdeduzioni a quanto contenuto nei documenti, in particolare sulle
emissioni di CO2 e la presenza di specie protette nell’area classificata Natura 2000.
Sorprende che vengano ancora sostenuti i motivi per usufruire della deroga al divieto di
impianti a fune nelle zone ricadenti in quest’area, nonostante più volte si sia dimostrato
l’infondatezza del metodo proposto dal Comune per stimare l’effettivo apporto della
cabinovia alla riduzione delle emissioni di CO2 e l’insufficienza dell’analisi compiuta per
rilevare la presenza delle specie protette nel Bosco Bovedo», spiega il Coordinatore.
«Confidiamo che sulla base degli atti depositati presso il TAR si possa giungere a un
pronunciamento che metta la parola fine all’iter di questo progetto, che continua a
dimostrarsi inutile, impattante, insostenibile, insicuro, illegittimo e soprattutto non voluto
dalla maggior parte dei cittadini» conclude Starc.