25 Febbraio 2025

L’emeroteca di Piazza Hortis a Trieste: un crocevia di storie e solitudini

el sunto L'emeroteca di Piazza Hortis a Trieste è un luogo di cultura e incontro, dove giornali e riviste si intrecciano con le vite di chi la frequenta

L’emeroteca di Piazza Hortis è il luogo dove vengo a scrivere. Qui, si leggono giornali, quotidiani, riviste di ogni tipo, cinema, scienze, letteratura, arredamento, moda, e si studia. Persone di ogni età siedono alle poltroncine per sfogliare Il Piccolo, il Corriere, La Repubblica eccetera. È frequentata da studenti giovani e meno, come quel signore chinato su vecchi tomi di matematica da cui prende appunti, sottolineando ordinatamente con stecca e matita. È un luogo pregno di cultura e realtà e, forse, anche della voglia di sentirsi meno soli. Questo mi interessa, soprattutto. Quando mi siedo a una della lunghe scrivanie  condivise, noto di osservare varie solitudini.

È quasi ora di pranzo, ormai. Questa mattina, ho già incontrato la signora S., che recupera oggetti dalle immondizie e legge riviste di moda con i suoi occhiali spessi e mi chiede se le lascio un caffè pagato. C’è anche il signor F., che scruta tutti attentamente bofonchiando che il mondo è pieno di incapaci. Poco fa, ha usato addirittura il termine di handicappati mentali, senza temere di offendere qualcuno. Mi chiedo da quale infanzia provenga la sua rabbia, mentre lo osservo girare col berretto di lana verde militare, le mani in tasca e lo sguardo cupo. È passato di qua anche l’ottuagenario signor B., alto, e pieno di lentiggini, col suo inseparabile chihuahua tinta caffè latte che dorme sul cuscino della moglie defunta. Questo me lo ha raccontato piangendo mentre dava ad Argo un po’ della schiuma del suo cappuccino nel bar vicino.

Ci sono persone che pare non sappiano dove altro andare. La scorsa settimana, in bagno, ho incontrato una donna di mezza età che dopo essersi lavata i capelli con il sapone per le mani, li ha messi un po’ sotto l’asciugatore e se n’è andata a leggere un giornale scelto a caso per nascondere il fatto che fosse qui per un motivo diverso dalla cultura. Ho avuto questa impressione. Ma quale cultura maggiore della vita stessa può esserci?

E poi, ho incontrato un signore anziano che si aggirava con la sua stampella fra i banchi e ogni tanto lasciava una caramella accanto a qualcuno; a me, no, cavoli, quando ne avrei tanto voluto una. Allora, forse, il suo motivo di venire in emeroteca è vedere le persone sorprese dal suo gesto e ricevere un po’ di gratitudine, un sorriso, boh…

Una volta, ho visto anche una mamma col figlio adolescente. Leggevano qualcosa stando in piedi, camminando come fossero sulla navata di una chiesa. Avevano i vestiti macchiati. Si tenevano per mano. Sembravano un dipinto in movimento: dignità di madre e l’amore di un figlio.

Un mio amico ha smesso di venire a studiare qua perché non sopportava gli odori che ogni tanto sentiva. Gli dissi che era il motivo per cui io ci vengo.

Un signore distinto con Borsalino, mocassini e calzini a quadri scozzesi legge The Financial Times sul una poltroncina arancione. Se stesse fumando una pipa, anche lui potrebbe comparire in un quadro.

Questo luogo è una fucina preziosa. È dolce e amaro, come un brano di Tim Buckley, quello che ho come sottofondo mentre ne scrivo. È un cammino in cui ogni persona con la sua storia è un’orma del procedere del luogo stesso. E anch’io lo sono, come la signora S. che vede così poco da appoggiare il naso su IoDonna; e il polemico signor F., appena  uscito, o un altro uomo, appena arrivato, che cerca dove sedersi e leggere la sua rivista jazz facendosi portare da gambe lunghe come trampoli; e un ragazzo delle superiori che decifra grafici su un tablet tenendo in mano una matita; e una coppia sui vent’anni, un tipetto con espansore e cresta di fronte a una biondina dal viso rotondo,  che si tengono la mano e si mandano dei baci.

Mentre preparo tutto per andarmene, entra un ragazzo pakistano. Si siede a una delle postazioni col computer. Mette le cuffie e si connette a skype con una ragazza col bindi rosso, la vedo dallo schermo, bella come una rosa ocra scuro. Le parla sussurrando per non disturbare gli altri. Prima di avviarmi all’uscita, noto che lui indossa solo una maglia gialla della tuta e mi ricordo che fuori ci sono cinque gradi con la Bora. Mi ricordo del Silos, anche, e che è febbraio, tempo di frittelle, coriandoli e maschere.

Claudia Pezzutti una storia bluClaudia Pezzutti. Sono nata nel 1980 in provincia di Treviso. Vivo e lavoro a Trieste dove mi occupo di disabilità. Con lo psudonimo di Claudia Libra ho pubblicato Carteggio d’inverno (Noon 2016, scritto con il poeta Ianus Pravo). Sono autrice di spettacoli teatrali accompagnati da musica dal vivo, Donne che si raccolgono col cucchiaino da sole (2018), Non è l’amante (2020), liberamente tratto da L’amante di Marguerite Duras, Strange Fruit, sulla vita delle cantanti jazz e le vittime in Iran, scritto in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulla donne nel 2022. Nello stesso anno ho pubblicato La Passiflora con Calibano Editore, una raccolta di racconti riguardanti l’amore, l’eros, la morte, Dio, con la prefazione dello scrittore Pino Roveredo. Con la stessa casa editrice ho pubblicato nel 2023 Una Storia Blu, romanzo con i disegni del pittore Ugo Pierri.
Collaboro inoltre come redattrice con il mensile di arte e cultura online Il Ponterosso e il giornale di strada Volere Volare e tengo un corso di scrittura presso l’ALT, Associazione di cittadini e familiari per la prevenzione e la lotta alla tossicodipendenza, al reparto di alcologia.

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