Giorno 4:
MURSKA SOBOTA – ZIDANI MOST – SEVNICA – TREBNJE – NOVO MESTO (219 km, 3h 54’)
Sui treni internazionali
Rispetto ai giorni precedenti, il mio tragitto ferroviario odierno prevede meno ore, quindi ne approfitto per prendermela comoda.
La zona del Prekmurje, dove si trova Murska Sobota, è (almeno dal punto di vista italiano) la regione più remota della Slovenia, venendo in tal modo spesso trascurata a favore di attrazioni più famose, quali Lubiana, il lago di Bled e Pirano. In realtà il territorio, un tempo arretrato, ospita numerosi motivi di una possibile visita: terme rilassanti, ottimi vini, un paesaggio languido tra colline verdi e lussureggianti, ampie pianure e imponenti castelli, in un gustoso mix tra la cultura slovena e quella magiara.
Per valorizzare tutto ciò, è stato recuperato il padiglione Expano, stand della Slovenia all’Expo di Milano del 2015, reimpiantandolo qui, per raccontare con soluzioni interattive la storia, la vita e la tradizione degli abitanti del Prekmurje.
Dal mio albergo, in centro città, al padiglione, situato a sud vicino all’ingresso dell’autostrada, ci sono circa tre chilometri, una buona passeggiata mattutina. Decido quindi di sgranchirmi le gambe e partire di buon passo. Il clima non è dei più invitanti, con fitte nuvole a nascondere la luce solare, e con una bella umidità ad accompagnarmi per strada. Seguendo la mappa, giungo alla fine della zona residenziale sud, e dovrei proseguire per una strada campestre sterrata. Uso il condizionale, perché arrivato al confine della città, il mondo pare non esistere più. Una nebbia fittissima e quasi fantozziana non permette di vedere venti metri oltre il sentiero, che prosegue nell’ignoto mondo di una zona a me sconosciuta. Continuo nonostante tutto verso la meta, e dopo poco mi trovo completamente circondato dalla nebbia, senza nessun punto di riferimento che non sia la strada campestre sotto ai miei piedi. Essa taglia alcuni campi da poco arati, ai bordi dei quali si trovano ancora i resti di petardi da poco esplosi per festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Ad un certo punto intravedo una massa indefinita sulla mia destra, mi avvicino e scopro essere una striscia larga qualche metro di alte piante di mais, non ancora mietute come a formare una folta siepe tra un campo e l’altro. Subito dopo una sagoma, che si avvicina: l’apparente fantasma prende quindi le sembianze di un anziano contadino, a passeggio incerto col suo bastone, col quale provo a scambiare due chiacchiere (eravamo gli unici due esseri viventi in quel mondo), ma a cui, per mie lacune linguistiche, mi limito solo ad augurare una buona giornata. Camminato ancora un paio di centinaia di metri, incrocio finalmente una strada, è la statale che porta all’autostrada. Spostandomi quindi sulla ciclopedonale parallela, la percorro in un paesaggio campestre, sempre dominato dalla nebbia, fino a raggiungere dopo circa un chilometro l’Expano, ancora invisibile tra la foschia. Entro nel parcheggio quasi vuoto, e dopo poco compare finalmente il padiglione. Ha una forma particolare, che a me ricorda una lama dentata di un coltello, orientata verso la riva del vicino laghetto. Al suo interno, apprezzo particolarmente alcune attrazioni virtuali, come quella che fa sorvolare le bellezze naturali e architettoniche del posto a bordo di una mongolfiera (a ricordo di un atterraggio ‘alieno’ avvenuto in zona nel 1934 da parte di due esploratori belgi), un viaggio indietro nel tempo della zona dell’Expano, dai giorni nostri alla formazione della Terra, e la possibilità di scrivere sull’acqua. Ottimo modo per stimolare i viaggiatori a fermarsi in loco, per visitare le bellezze molto poco conosciute della regione.
Terminato il giro, esco dalla struttura e… mistero! Sarà un’altra delle attrazioni virtuali del padiglione, o la semplice realtà? La nebbiosa, fredda e umida pianura attraversata la mattina presto ha lasciato il posto a un paesaggio campestre bucolico, baciato dal sole, in una giornata incredibilmente calda pur essendo a gennaio. Ripercorro la strada dell’andata, potendo ora ammirare anche la sconfinatezza dei campi tagliati dalla stradina di campagna, interrotta qua e là solo da qualche albero isolato, oltre alla ‘siepe’ di granturco.
Ripasso velocemente in albergo a recuperare lo zaino, e mi dirigo verso la stazione, per la prima tappa in treno della giornata, con destinazione finale Novo Mesto. Devo ritornare verso il centro della Slovenia e scendere a Zidani Most, dove ho un cambio ‘volante’ per la tappa successiva. Per la prima volta nel corso del viaggio, il treno atteso è in ritardo. Passano i minuti e il convoglio ancora non appare, il tempo di cambio a Zidani Most è limitato, e comincio a preoccuparmi di perdere la coincidenza. Finalmente il treno compare, c’è speranza di proseguire come da programma il mio viaggio! Scopro che quello appena arrivato proviene da Budapest, ed ha le carrozze a scompartimenti come quella su cui avevo viaggiato qualche giorno prima da Jesenice. Come ho letto da qualche parte, un tempo queste carrozze in uso fino agli anni ’90 erano una sorta di insieme di salotti viaggianti a sei posti, in ciascuno dei quali, una volta chiuse le porte scorrevoli che li divideva dal corridoio, nascevano conversazioni, confessioni, amicizie, amori. Il tutto incorniciato da una finestra sui panorami più belli e vari. Ora tutto questo non c’è più. Nell’era degli smartphone ognuno vive in un mondo a sé stante, definito ‘social’ ma in realtà molto asociale, povero di interazioni con il prossimo.
Lungi dall’essere uno sfogo del tipo ‘si stava meglio quando si stava peggio’, sperimento questa metamorfosi nella fauna dei viaggiatori. Nello scompartimento chiuso tento due chiacchiere con chi si avvicenda dentro di essa, ma i telefoni cellulari hanno la meglio. All’esterno il paesaggio scorre veloce abbandonando le verdi pianure nordorientali, e approfitto di trovarmi in coda al treno per recarmi in fondo alla carrozza, da dove posso godere di un’atipica vista a 180° dalla fine del treno. È in questa postazione privilegiata che ammiro la cittadella di Ptuj arroccata sulla Drava, e l’infinito binario singolo che taglia in due la pianura e ci porta in direzione sud-ovest.
Il treno continua a non recuperare il ritardo accumulato a Murska Sobota, e rischio seriamente di perdere la coincidenza. Quasi arrivato a Zidani Most mi preparo a saltare giù dalla carrozza, nel caso il prossimo treno sia ancora lì. Mal che vada, ne approfitterò per fotografare con calma i ponti visti di sfuggita all’andata, tra i fiumi Sava e Savinja. Il secondo treno ci sta però aspettando sul binario attiguo, così riesco a prenderlo letteralmente al volo. Anche questo è un treno internazionale, prosegue in direzione sud-est, fino a raggiungere Zagabria. Stavolta la tratta è brevissima, solo un quarto d’ora, trascorso il quale scendo a Sevnica, mentre il treno continua a ridiscendere la Sava.
Col prossimo treno arriverò fino a Trebnje. Anche a Sevnica il tempo di cambio è pochissimo, e non mi permette di esplorare i dintorni. Salgo quindi subito sul treno per la prossima tappa, un’altra suggestiva littorina storica, simile a quella che mi aveva portato sferragliando a Ravne na Koroškem, col nome ‘Trebnje’ sulla vettura di testa. Passano un paio di minuti, e in stazione arriva un altro treno, stavolta di quelli più moderni. Il mio treno non accenna a mettersi in moto, e di colpo il nuovo treno appena giunto modifica la destinazione scritta in testa in ‘Trebnje’, è quindi quest’ultimo il treno da prendere! Assieme agli altri occupanti del mio treno, mi affretto a trasbordare, giusto in tempo per la partenza.
Il sole sta ormai calando, e non mi permette di godere come vorrei delle bellezze del paesaggio. Al crepuscolo, riesco comunque a scorgere uno scenario suggestivo e un po’ inquietante, con una curiosa quanto spettrale nebbiolina, che avvolge i prati tra un bosco e l’altro.
Fattore comune ai treni della giornata, anche questo convoglio sta maturando un po’ di ritardo, con la prossima coincidenza piuttosto stretta. Arriviamo a Trebnje e per fortuna l’ultimo treno, che mi avrebbe portato a Novo Mesto, ci sta aspettando. Pure questo è del tipo ‘littorina’, e come sul treno per Ravne anche qui il controllore si dimostra incuriosito del mio biglietto, ma non ha tempo per due chiacchiere e deve continuamente verificare i titoli di viaggio dei nuovi passeggeri saliti. Noto infatti che, come mi è capitato in altre tratte del viaggio, più la linea ferroviaria è secondaria e apparentemente poco sviluppata, più è frequentata dalla gente del posto per i brevi spostamenti da una villaggio all’altro.
Stavolta il mio tragitto fino a Novo Mesto si svolge interamente ben dopo il calar del sole, quindi non vedo alcunché della zona che sto attraversando. Poco male, perché all’indomani ripercorrerò la tratta in senso inverso, e pertanto potrò rifarmi.
Scendo alla fermata di Novo Mesto Centro, con solo la tabella col nome a identificarla, priva di qualsiasi pensilina, come mi sarei invece aspettato di trovare. Sul marciapiede, solo quattro adolescenti teppistelli, vestiti di nero, che ingannano il tempo tentando di dar fuoco invano a un cestino dell’immondizia.
Dalla ferrovia, risalgo le scale che portano al centro storico, caratteristico insediamento sviluppatosi su una lingua di terra sopraelevata, in un’ansa del fiume Krka. Alloggiando sulla piazza principale, approfitto del tragitto dalla fermata per fare una passeggiata by night. La città mi piace, si intravedono vari angoli caratteristici che sicuramente visiterò il giorno successivo. Sulla piazza, varie luci natalizie colorate allietano l’atmosfera, resa ancora più gioiosa dalle famiglie che popolano la pista di pattinaggio, installata per l’occasione come già notato in altre città viste nel mio viaggio.
Lascio lo zaino in albergo, e risalgo verso l’estremità nord del centro per un hamburger e una buona birra in un locale vicino al palazzetto. Prima di rientrare in hotel, risalgo la collina, dove fanno bella mostra di sé alcuni presepi in legno, con figure ad altezza naturale. Siamo nel giorno dell’Epifania, e forse quelli visti stasera saranno gli ultimi presepi e le ultime luci natalizie che vedrò. Ridiscendo a caso tra le viuzze, e mi ritrovo al margine meridionale della piazza, all’estremità del ponte di Kandija sul Krka. La luna si specchia magica nelle calme acque del fiume, e con questa immagine incantevole mi congedo dalla lunga giornata, pregustando l’esplorazione di Novo Mesto l’indomani.
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