11 Aprile 2022

Vinicio Capossela e Trieste: Si può già parlare di gemellaggio?

el sunto Il cantautore viene accompagnato dai musicisti che hanno contribuito alla stesura dei primi tre album oggetto della rivisitazione

Se il pubblico che ha riempito a tappo il Teatro Rossetti si può definire quello delle grandi occasioni, ovvero quello la cui fila per entrare arrivava veramente fino a Via Rossetti, quello che ha di più stupito la platea ieri sera, è stata la naturalezza con cui Capossela ha fatto suo il palco, il pubblico e la triestinità in generale.

ph: Simone di Luca

L’occasione era una delle più ghiotte: metti un tour celebrativo come da prassi in questi tempi, metti un’atmosfera da jazz club allargato, metti che erano due anni che non si usciva di casa se non per pisciare il cane, insomma, i presupposti c’erano tutti, ma non sono stati questi a decretare la standing ovation finale.

Sale sul palco puntualissimo, pure timidamente, sedendo al piano per intonare quella “Resta con Me” che è stato il suo primo vaggito discografico, e già da qui si è capito che il concerto sarebbe stato tutto fuorché ciò che ci si sarebbe aspettato da un Vinicio Capossela: atmosfera, come detto, da jazz club a tarda notte, occhiali scuri e cappello, schiena rivolta verso il pubblico e ritmiche spazzolate.

Il cantautore un poco emiliano, un poco spagnolo ed un poco irpino, viene accompagnato dai musicisti che hanno contribuito alla stesura dei primi tre album oggetto della rivisitazione di questa serata (“All’una e trentacinque circa”, “Modì” e “Camera a Sud”, per un periodo che va dal 1990 al 1994), ovvero il sassofonista ed arrangiatore Antonio Marangolo, Giancarlo Bianchetti alla chitarra, ed Enrico Lazzarini al contrabbasso, assieme a Zeno de Rossi alla batteria.

Quasi volutamente, mantiene il profilo basso per la prima metà dell’esibizione, non parla ed i suoi testi sono sussurrati, creando un clima rilassato al punto che ti faceva sentire il gusto del sigaro in bocca, e scivolano via così quasi tutte le tracce dell’album d’esordio.

Le sorprese arrivano quando fa salire sul palco la sua giovane collaboratrice Irene, poi la cantante triestina Eva Pascal, ed anche l’amico di vecchia data Sandro Mizzi, che ha recitato una toccante poesia di Virgilio Giotti , un tasello alla volta, suggellando l’affinità di un Capossela che con Trieste non condivide solo un palco, ma un modo di vivere a tuttondo, tesi arricchita dai racconti delle sue numerose incursioni nella nostra città, alcune pubbliche, altre più defilate, come quella in cui ha raccontato il ritorno a casa dal club “Round Midnight” di Via Ginnastica, o quando ha intonato “No go le ciave del porton” in perfetto mood patòco.

ph: Simone di Luca

La standing ovation finale, quindi, è meritata, ma non sarebbe stata tale senza l’apporto dell’incredibile combo di musicisti che lo hanno accompagnato, un vero toccasana per le orecchie e l’anima.

Impeccabile la produzione dell’evento, a cura di VignaPR e dell’intero Staff del Teatro Rossetti, assolutamente all’altezza degli artisti che di volta in volta, portano in città.

Tag: , , .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *