Ancora una volta il dialetto triestino ottiene un ottimo piazzamento al Concorso Nazionale “Salva la tua lingua locale”, dedicato ai dialetti di tutta Italia.
“Le disgrazie del tran de Opcina”, libro in vernacolo di Diego Manna, si è classificato infatti al secondo posto assoluto, alle spalle di “Mai dismintiarai”, raccolta di racconti in dialetto veneto.
Le disgrazie del tran de Opcina è una grande avventura alla Goonies ambientata in una Trieste del 2052. La città è sotto il controllo del Centro Operativo per la Friulana Egemonia, il COFE, che nel tempo ha esteso la sua influenza su tutta la regione. L’unica realtà che potrebbe tenere testa al COFE è il MONA, Movimento Organizzato per la Nazione Alabardata, ma di esso si sono perse le tracce da anni. Così Piazza Unità è da molti anni Place Piciule Patrie, ma conserva ancora i suoi alberi di Natale. Con difficoltà riconosceremo la spiaggia del Pedocin, trasformata dai friulani in una piccola Lignano dal nome “Budiese”, cimice, o il rione di San Vito, divenuto nella nuova toponomastica friulana San Zico. Oltre alla messa al bando dello spritz, del capo in b, del nero e del “volentieri”, un altro duro colpo alla triestinità sarà la trasformazione del tram di Opicina in un “barachin per petessoni” all’Obelisco, con un menù di cocktail decisamente etnico: si va dall’Havara e Cola istriana al Gin Lemononon bisiaco alla Gubana Libre friulana. Ma una nuova speranza sta per nascere.
Cinque ragazzini della Scuola Elementare James Joyce, durante l’ora di frico e cotecio, scoprono un’antica profezia che li porterà a diventare i protagonisti di una esilarante corsa contro il tempo, recuperando il tram e attraversando addirittura i gironi dell’inferno triestino e friulano, per ridare la libertà alla propria città, tra scienziati inventori di improbabili macchine del tempo, sfingi logorroiche, ristoranti McFrico’s di lusso e tanti, tanti dannati triestini e friulani, persi nei vari gironi delle bobe, delle commesse ranzide, dell’ozio e persino dell’Udinese in B.
Il secondo posto di Manna non è tuttavia la sola buona notizia per il dialetto triestino: tra i finalisti al Premio c’è infatti posto anche per “La bereta de San Nicolò”, divertente storia per bambini di Cristina Marsi, illustrata da Ingrid Kuris, dedicata al Santo più amato dai triestini.
Sono stati ben 270 gli autori che hanno partecipato all’ottava edizione del Premio, istituito dall’Unione Nazionale delle Pro Loco (Unpli) e da da Ali Autonomie Locali Italiane, la cui premiazione si svolge ogni anno nel mese di dicembre a Roma, in Campidoglio.
“La riscoperta e la valorizzazione delle lingue locali in questo periodo storico assume sempre più rilevanza per la nostra società, com’è dimostrato dalla crescente partecipazione al concorso letterario nazionale. L’identificazione nelle proprie tradizioni locali e nei valori che esse veicolano è indubbiamente un valore aggiunto nel processo di rinascita nel post pandemia, in cui le comunità, a partire da quelle più piccole, devono essere centrali”, evidenzia Bruno Manzi presidente del Consiglio Nazionale di Ali- Autonomie locali italiane.
Il dialetto triestino si conferma uno dei grandi mattatori del Premio Letterario, che ha visto addirittura la vittoria nel 2017 di Riccardo Russo con “Daghe” e nel 2015 di Alessandro Fullin con “Sissi a Miramar”. Secondo posto per Diego Manna anche nel 2013 con Polska Rivemo, impreziosito dai disegni di Michele Zazzara.
Questa la classifica completa della sezione prosa edita 2020:
1° Gelsomino Molent, Mai dismintiarai – La Concordia di ieri in sessanta racconti, Ed. 900 Concordiese, Concordia Sagittaria (VE), 2017
2° Diego Manna, Le disgrazie del tran de Opcina, Ed. White Cocal Press, Trieste, 2019
3° Eliana Ribes – Silvano Fazi, Per quanti fjuri caccia ‘m prate, Autopubblicazione, Macerata, 2019
Finalisti
Aniello Amato, ‘I cundi re ‘na vota, L’ArgoLibro, Agropoli (SA), 2017
Maria Bochicchio, Cazzamala, Gruppo Albatros Il Filo, Roma, 2020
Cristina Marsi, La bereta de San Nicolò, Ed. White Cocal Press, Trieste, 2019
Giuseppe Vaccari, Un mondo di fatica, Fondazione Fioroni, Legnago (VR), 2015
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