18 Marzo 2021

La storia del dialetto nel Porto di Trieste in un libro

el sunto Il 18 marzo il Porto Franco di Trieste compie 302 anni. Per l’occasione esce un interessante libro di Nereo Zeper sul dialetto usato dai portuali

Il Porto di Trieste ha avuto in altri tempi, soprattutto tra gli scaricatori e in generale tra tutti gli addetti ai lavori di fatica, una sua parlata peculiare: qualcosa che aveva in sé, oltre che del dialetto, anche del gergo e del linguaggio tecnico. Quasi un vero e proprio codice, che con il tempo si è sviluppato, affinato, consolidato in un linguaggio specifico dei “portuali”, ricco di terminologie spesso sconosciute al concittadino non iniziato. Ne è un noto esempio l’inversione criptolalica delle sillabe, ovvero il parlare alla “vèrsari” (riversa). Un espediente, si narra, per non farsi comprendere dagli estranei al lavoro di banchina o dai “regnicoli”, italiani giunti a Trieste da altre zone dello Stivale. Che cosa è rimasto oggi di quella parlata?

La risposta ce la fornisce Nereo Zeper, probabilmente oggi il maggior esperto di dialetto triestino, già autore della riedizione del dizionario del Doria e della prima grammatica sistematica del triestino, nel suo nuovo libro “Il dialetto nel Porto di Trieste”, edito da White Cocal Press, un saggio storico e un dizionario indispensabile per scoprire etimologie, consuetudini e “trucchi” linguistici del vernacolo portuale triestino.

Già a partire dall’indice il percorso tracciato dall’autore è chiaro: si parte dal confronto fonetico e morfologico tra il “triestin patoco”, quello più comune, e il “triestin negron”, la lingua dei portuali, per poi approfondire l’origine e gli usi gergali di quest’ultimo. Si entra poi nel vivo della pubblicazione: un ricco dizionario delle parole che caratterizzano questa variante dialettale, con una lunga sezione dedicata alle voci volgari, su cui la fantasia dell’ambiente portuale ha lasciato una notevole impronta.

Ma la parte più preziosa è quella sulla terminologia propria del mestiere di portuale: voci triestine piegate a un nuovo significato tecnico, neoformazioni, abbreviazioni gergali, prestiti da altre lingue e dialetti si accavallano fra i quasi 150 lemmi che l’autore è riuscito a raccogliere. Le accurate descrizioni di particolari oggetti o congegni fanno venir voglia di dar loro un’occhiata dal vivo. Un altro tassello, insomma, di triestinità, non solo linguistica, si salva grazie a quest’opera dall’oblio.

Il viaggio nel mondo del dialetto del porto si conclude con due esempi pratici della parlata di un fachin de porto, ossia delle “ciacolade de Gigi Lipizzer”, personaggio ideato da Eugenio Valenti che caratterizzava il “Marameo”, periodico satirico in parte dialettale che uscì a Trieste dal 1919 al 1942.

Il libro “Il dialetto nel porto di Trieste”, del costo di 10 euro, si trova in libreria a Trieste e Venezia Giulia nonché online su amazon, anche in formato ebook, e sul sito di e-commerce www.bora.la, che per tutto il mese di marzo praticherà lo sconto del 20% sui titoli White Cocal Press in occasione del secondo anniversario della nascita della casa editrice.

Nereo Zeper, poliedrico regista RAI, autore di numerosi testi radiotelevisivi e grande conoscitore del dialetto triestino, nasce a Trieste nel rione di Barriera. Ideatore di macchiette quali El Mago de Umago e Cianeto, è al contempo autore di vari libri (Ladro di montagne: Ignazio Piussi, montanaro, alpinista, esploratore – Narcisi di montagna e altri); traduttore in dialetto dell’Inferno e del Purgatorio della Divina Commedia, e di Pinocchio (Pinuci); documentarista (Ladro di montagne, riduzione del libro, premiata con la Genziana d’Argento al Festival di Trento e altri). Nel 2012 cura la revisione e riedizione del Grande Dizionario del Dialetto Triestino di Mario Doria. Nel 2015 pubblica la Grammatica del Dialetto Triestino.

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