23 Giugno 2020

“Nata Brezza, da grande volevo fare la Bora”

el sunto Edda Vidiz, nata Brezza, ci racconta il suo ultimo libro "La leggenda della Bora", illustrato da Bernardino Not. L'intervista di Rino Lombardi

La leggenda della bora, il nuovo libro di Edda Vidiz illustrato da Bernardino Not per White Cocal Press, è stato presentato ieri per il Triestebookfest, con la partecipazione delle organizzatrici della manifestazione Loriana Ursich e Angela Del Prete, di Rino Lombardi del Museo della Bora, e dell’editore Diego Manna.

leggenda della bora

Il video è visibile qui:

Qua alcune delle risposte dell’autrice:

Ti piace la bora? Hai un ricordo particolare legato al “nostro” vento?

Piacermi la Bora? Altro che piacermi! Dato che per l’anagrafe io mi chiamo Brezza, fin da ragazzina ho amato la bora come una di famiglia, tanto che, alla solita domanda “Cossa ti vol far de grande?” rispondevo: “Farò la Bora” – “E cossa mai ti farà de Bora? – “Quel che voio… senza ciaparle de mama”.
E così, vedi il curioso! Diventata “grande” mi è rimasto un ventoso chiodino fisso: non ho fatto sempre quello che volevo, ma la bora l’ho fatta: da velista affrontandola in mare, dedicandole una grande manifestazione medievale e portando in scena un musical: “Dove regna la Bora” e, ora, questo libretto sulla sua leggenda, che mi è scaturita dal cuore e che sembra destinata a intenerire anche quello dei più ruspidi triestini, e non solo!

Com’è nata questa leggenda? E cosa racconta?

Non mi ricordo assolutamente quando, ma deve essere stato un momento magico: …correva l’anno 2006 quando organizzai tre giorni medievali a Giarizzole, chiamati “Nel Regno di Bora” – tre giornate ricche di cavalieri e… madonne. Ed è proprio in quell’occasione che fu letta per la prima volta la leggenda che, pensata in ambito medievale, ho chiamato “La leggenda di Madonna Bora!”
Leggenda che, quest’anno diventata “grande” si è tolta il manto di “Madonna” diventando un vero mito adatto a tutti i bambini dai tre ai cento anni e passa!
La leggenda racconta la nascita di Trieste che, più di una città è la città che non c’è, sospesa in un limbo dove il passato e il presente si intrecciano fra di loro, e che ha tutto il fascino di un mondo incantato: le onde del mare, i sassi del Carso, la città dal volto imperiale ancora soffuso di grande bellezza e questa Bora, che sa illuminare e rendere terso il paesaggio o affondarlo in un tempaccio d’acqua a catinelle … e tutto dipende dall’umore di Bora… persino l’umore degli stessi triestini.

Qual è il primo racconto, testo, poesia che nella vita ti ha dato soddisfazione e ti ha convinta a raccontare storie?

Io sono nata il dieci d’agosto, la notte di San Lorenzo…
San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle
per l’aria tranquilla arde e cade,
perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla….
Ma, chissà? Sicuramente io non sono stata portata dalla cicogna o, sia mai! nata sotto un cavolo… probabilmente sono una una stellina caduta dal cielo… ma certamente a dieci anni scrivevo poesie che, ovviamente, nessuno apprezzava, perché nell’altro secolo era una cosa impensabile… ma il Pascoli , come la fantasia, sono rimasti ancora oggi nel mio cuore.

Quindi Trieste è nata per colpa della Bora …

Non per colpa di Bora, ma grazie al primo amore nato fra un essere umano, Tergesteo, e un elemento della natura, Bora, che a Trieste ancora oggi regna sovrana, soffiandovi impetuosa: chiara fra le braccia del suo amore, scura nell’attesa di incontrarlo.

Quale caratteristica della Bora trovi nei triestini?

I triestini a parer mio sono imprevedibili, capricciosi e umorali come la bora, tristi quando piove e allegri quando c’è il sole. Tutto sommato, direi che i triestini hanno una metereopatica grazia che, per corteggiarti, invece di regalarti un fiore ti tirano sardoni.

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2 commenti a “Nata Brezza, da grande volevo fare la Bora”

  1. Marina Beccari ha detto:

    La Bora

    Sento un sibilo arriva la bora!!!
    Ecco i suoi refoli corrono diritti al mare
    Si posano su di lui lo accarezzano
    Lei vuole giocare con le onde
    Lui è sempre più arrabbiato
    Diventa furioso la sua voce si trasforma in un tuono
    Le onde diventano cavalloni
    Tra loro nasce un’intesa
    Ora è Amore e Rabbia
    Corrono Avvinghiati l’uno all’altra
    Refoli e Onde alte sbattono sugli scogli
    Vanno lontano
    Si perdono all’Orizzonte diventano tutt’uno
    Danzano
    Una musica Infernale li accompagna
    Fino alla fine Si fino alla fine
    La bora cesserà
    Il mare ritornerà calmo

    Ci sarà la Quiete dopo la Tempesta

    Mary

  2. Giorgio ha detto:

    Questa poesia ha risvegliato Ricordi di bora
    “Co gavevo la tua età per un poca de bora no gavessi rinuncià a una sera al Verdi. Fila! Vestite ben e Va.” Con queste parole mia mamma mi ha buttato fuori di casa, in Corso italia. Ho atteso in portone “Ciano”, anche lui sfrattato dai suoi. Ma lui, disgraziato, doveva arrivare da Via Pietà!
    Cosi, tutti e due ci siamo diretti al Verdi. Oddio, in realtà la Bora ci ha diretti al Verdi. Per terra c’era el lastron de iazo. Gelicidio xe disi. Ricordo che in Piazza della Borsa ho mosso ben poco i piedi, faceva tutto el iazo e la bora: ero preoccupato per la “virata” alla fine di via Canal Piccolo verso Piazza Verdi, quando la Bora, da “in fil di ruota” mi sarebbe arrivata “al lasco”. Si, son drogà de la vela! Per fortuna davanti al Bar Violin c’erano le cadenele aggrappato alle quali sono arrivato a Piazza Verdi ed al teatro. Era la Vigilia di Natale: ’61? ’62? ’63? Chissà! Non mi ricordo più gnanca coss che i dava. So che coi biglieti de seconda galeria i ne ga fato andar in platea. Ierimo in tuto dieci o dodici de lori.
    Ciano no xe più. Ma dove che el xe adeso, penso che el se ricorda ancora e el soridi.
    Ben bon, ecco, son passà dal ‘talian al triestin, che no so scriver. Chiedo perdono per l’ortografia.

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