26 Gennaio 2020

Basket: Trieste è nell’isola che non c’è. E Milano l’asfalta

el sunto Scola e Burns travolgono Trieste che dura poco più di metà periodo.

Soy el fuego que arde en tu piel.

La frase emblematica della sigla di Narcos, pluri-premitata serie tv di Netflix, è stata forse il leitmotiv che ha accompagnato le dieci stagioni di Dalmasson alla guida della Pallacanestro Trieste. Stagioni dopo stagioni la compagine dell’allenatore veneto, nonostante l’andirivieni di giocatori in canotta biancorossa, ha dimostrato di avere un gran carattere. Un fuoco che ardeva nell’anima di ogni giocatore, un attaccamento e rispetto per la canotta giuliana di cui il pubblico era testimone ogni partita.

Un fuoco che è culminato nella bellissima cavalcata della scorsa stagione dove Dragic e soci ci avevano fatto sognare portandoci ai playoff nella nostra prima stagione in serie A. Ma tutte le migliori favole sono destinate a finire. E la favola di Dalmasson come coach in questa stagione sembra proprio giunta al termine.

La sconfitta con l’Armani di oggi ci poteva stare in questa stagione turbolenta. La prima della classe (anche se non in classifica) con i suoi Scola, Rodriguez e Burns non poteva non vincere al PalaTrieste. Tuttavia è il modo in cui la Trieste ha perso questa sera che fa male. E parecchio.

Trieste lotta per metà partita. Poi scompare travolta dalla classe di Scola e dallo strapotere fisico di Burns.  Peric e Cervi (applauditissimo dal pubblico) sono le uniche note positive in questo ennesimo disastro biancorosso stagionale. Cervi smanioso di far vedere di che pasta è fatto, gioca un ottimo match con grande intelligenza cestistica. Peric, che forse sente il fiato sul collo dello stesso Cervi – suo compagno di ruolo, tira fuori il carattere che gli era in parte mancato nelle due stagioni a Trieste. E’ il miglior marcatore di Trieste alla fine della gara con 15 punti e 5 rimbalzi.

Per il resto della squadra il tabellino a fine partita recitava: non pervenuta. Fernandez e Cavaliero sono stati l’ombra dei giocatori importanti per la cavalcata playoff della scorsa stagione. Da Ros che guarda mestamente la partita senza poter neanche calcare il parquet per scelta tecnica è uno spettacolo impietoso. Washington e Hickman, i due nuovi acquisti presentati dalla società come i salvatori della Patria, sembrano due vecchietti scongelati dalla grafite come Han Solo in Star Wars. Alquanto irritante è l’approccio di Jones, che schiacchiate a parte, in fase difensiva è inesistente.

Salvezza o meno, è innegabile che siamo di fronte alla fine di un ciclo, quello di Dalmasson. Un ciclo bellissimo fatto di promozioni e playoff,ma che inevitabilmente vede la fine. Il fuoco que arde en tu piel di Dalmasson non c’è più.

Una stoccata finale va rivolta ai cosiddetti capi e “tifosi” ultras della Pallacanestro Trieste. Forse qualcuno dovrà spiegare l’amara verità alle geniali menti dei capi ultras che settimanalmente aizzano una parte del pubblico del PalaTrieste urlando alla terna arbitrale “Lega italiani figli di puttana”: quelle multe che spesso vengono date alla Pallacanestro Trieste, vengono e verranno pagate con i soldi dei brick versati dalle aziende e dai tesserati che hanno aderito al progetto  “Siamo Trieste”. Non credo che molti vogliano e vorranno ancora far parte di questo progetto se poi dovranno continuamente finanziare le multe di cui voi siete (in parte) colpevoli.

Come recita il coro della Curva Nord “Noi vogliamo gente che lotta”…è vero, ma anche gente che fuori dal campo pensa prima di aprir bocca.

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