7 Gennaio 2020

Le disgrazie del tran de Opcina: la recensione di Righevaghe

el sunto Angela Del Prete sul blog righevaghe recensisce l'ultimo libro di Diego Manna, Le digrazie del tran de Opcina

Pubblichiamo la bella recensione de Le disgrazie del tran de Opcina fatta dal blog Righevaghe.

tran de opcinaLa storica rivalità tra triestini e furlani, due organizzazioni che controllano, più o meno, le fazioni e le fasi della secolare guerra – il COFE (Centro Operativo per la Friulana Egemonia) e il MONA (Movimento Organizzato per la Nazione Alabardata). 5 bambini, 3 veci o forse più, una serie di personaggi che lontani da qui – Trieste – sarebbero improbabili come la pizza con l’ananas, un fantomatico ‘eletto’, il tram e la Città, che nel 2052 è ormai dominata dai friulani.

Il capo in b è vietato, lo spritz bianco pure e… non si può neanche parlare in triestino. Una catastrofe insomma.

Trieste è “friulana” da così tanto tempo che del MONA ormai non sa più niente nessuno, fino a quando 5 ragazzini della scuola elementare James Joyce non scoprono un’antica profezia, scritta su una ciabatta, che potrebbe liberare Trieste e portarla agli antichi splendori. E via con ricerche, tra realtà virtuali e non, al Pedocin, a Barcola, a Miramare; e poi inseguimenti, “pupoli” e una corsa col tram, quel tram nato disgraziato che è fermo una volta sì e l’altra pure e che nell’universo creato da Diego Manna è diventato un bar. Sotto l’obelisco a Opicina.

Chi è l’eletto? Qual è l’arma segreta? Ma che significa ‘sta profezia? E Trieste? Sarà mai più libera? Si potrà tornare a cantare le canzoni di Pilat senza rischiare di “finir in canon”?

Lo scoprirete solo leggendo, rigorosamente in triestino, Le disgrazie del Tran de Opcina, di Diego Manna, edito da Bora.La.

Cosa ne penso io, ‘taliana che a Trieste ha trovato un po’ di casa?

All’inizio pensavo che sarebbe stato difficilissimo arrivare alle dieci pagine, con tutte quelle “xe”, “go”, “ga”, le non doppie, un vocabolario diverso e fittissimo di termini colorati e sconosciuti. E poi però i quasi 5 anni nella città giuliana hanno aiutato. Mi sono ritrovata a leggere il triestino, e a comprenderlo, con una facilità e leggerezza inaspettata.

Ho riso, pure, tanto, ritrovando nelle battute, nei modi di dire, una quotidianità che si vive passeggiando tutti i giorni per questa città.

Certo, lo so, il libro è una storia locale per i locali, in un’Italia che per la maggior parte non sa della ‘guerra’ tra “furlani” e “triestini”, che non trova assolutamente strano abbreviare Friuli Venezia Giulia in Friuli su tutti i canali di comunicazione nazionali ed è inconsapevole che ogni volta che questo succede un triestino “perde uno spritz”, con tanto di discussioni animate, insulti e bestemmie sul gruppo “Te son de Trieste se…”, il freschissimo e brillante libro di Manna ha poche possibilità di essere veramente apprezzato ma, per tutti quelli che questa città la vivono, o che l’hanno un po’ amata, per tutti i triestini in giro per l’Italia e per il mondo, e per tutti i non triestini che a Trieste, come me, hanno messo radici, quest’avventura divertente tra i luoghi topici, i miti, le usanze e una lingua che ha una sua particolare bellezza, è assolutamente da non perdere.

Vi ritroverete a ridere, col cuore. E vi verrà voglia di fare un giro in tram… ops!

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