7 Novembre 2016

Bora.la goes to Trieste Science+Fiction: giorno #4

el sunto Trieste Science+Fiction, recensione dei film del quarto giorno

Quali sono i film che i ragazzi della redazione di Bora.la hanno visto nella quarta giornata del Trieste Science+Fiction 2016? Eccoli recensiti per voi.

BLIND SUN (di  Joyce A. Nashawati, 2016)

blind_sun

E’ un estate torrida in Grecia. La conseguente siccità, la privatizzazione dell’acqua e il taglio all’energia elettrica decisi dallo Stato greco innalzano la tensione in un paese che è già in piena crisi economica.

In questo clima di guerra civile dove i cittadini sono sempre più insofferenti verso lo Stato incontriamo Ashraf (Ziad Bakri). Ahsraf, un emigrato di origine arabe, è il guardiano di una villa sulla costa greca che appartiene a una ricca famiglia francese. Il lavoro che dovrebbe essere apparentemente semplice diventa un incubo, un calvario, per quest’uomo. Un poliziotto greco gli sequestra il permesso di soggiorno e lo minaccia. Vandali e ladri entrano ed escono dalla villa quando vogliono senza che lui possa fermarli. Tutte le persone che Ashraf incontra lo guardano con diffidenza.

“Blind Sun “viene presentato come un film di fantascienza, ma definirlo tale è erroneo perché tutti gli avvenimenti che accadono nel film sono già avvenuti in altri paesi medio-orientali e occidentali. La siccità è uno dei motivi principali che hanno dato vita alle rivolte arabe e attualmente sta diventando un grave problema anche per regioni ricche come la California negli Stati Uniti. La privatizzazione dell’acqua, nonostante il referendum del 2010, sta già avvenendo in parte in Italia.

Ma quello che soprattutto ci vuole raccontare “Blind Sun” di Nashawati è la prospettiva di un emigrato che lavora, probabilmente sottopagato, in un luogo a lui ostile e da cui probabilmente scapperebbe se potesse. La pellicola è un viaggio nella mente di uno dei tanti emigrati del XXI secolo che devono affrontare i pregiudizi delle persone. “Blind Sun” ti fa riflettere su quanto traumatica deve essere la vita da emigrato la cui libertà dipende da un foglio di carta come il permesso di soggiorno. E’ angosciante e triste osservare come i poliziotti greci minaccino Ashraf, facendo valere la loro posizione di forza, senza che lui possa mai replicare.

Questo senso di impotenza e di costante paura di essere vittima di soprusi portano Ashraf a rinchiudersi nella villa che sorveglia. Le paure che l’uomo si porta dietro, unite al caldo atroce e alla mancanza d’acqua, fanno sì che poco a poco non riesca più a percepire cos’è reale e cos’è irreale. Se le persone che si aggirano nella villa sono fantasmi o sono dei veri e propri ladri.

“Blind Sun” è un film fin troppo lungo che spesso e volentieri si perde eccessivamente a raccontare la dimensione psicologica di Ashraf. Allo stesso tempo però la regista Nashawati, qui anche sceneggiatrice, riesce nell’intento di portare in sala un ritratto odierno di un paese occidentale alle prese con una grave crisi socio-economica il cui colpevole di quest’ultima diventa l’emigrato.

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