29 Febbraio 2016

La permacultura? Un sistema di progettazione sostenibile, negli orti come nella vita

el sunto La Permacultura è un sistema olistico di progettazione di insediamenti umani sostenibili e rigenerativi. Come diceva Bill Mollison, cofondatore

Corso di Permacultura con Giuseppe Sannicandro

Abbiamo chiesto che cos’è la permacultura a Giuseppe Sannicandro, che oggi progetta e insegna con grande passione corsi dedicati all’argomento, in Italia e all’estero. Alle sue spalle un percorso orientato alla questione ecologica e alla promozione di uno stile di vita naturale e sostenibile. Dal 2013 gestisce un orto sperimentale in Puglia, organizzato con differenti tecniche di coltivazione, e un giardino alimentare con un gruppo di amici.

Ha occhi che sorridono, una presenza positiva e rassicurante. Lo sguardo è quello di chi crede: “nell’ecologia come unica possibile fonte di soluzioni”, dice. Trasmette tranquillità, fermezza ma anche una forte spinta dinamica, un instancabile slancio proattivo. Ti viene subito voglia di capire come fa, di scoprire il suo “segreto”.

Che cos’è la permacultura? Come la definiresti?
La Permacultura è un sistema olistico di progettazione di insediamenti umani sostenibili e rigenerativi. Come diceva Bill Mollison, cofondatore del movimento, si occupa di beneficiare la vita in tutte le sue forme attraverso la progettazione.

Dove e perché nasce?
Con questo nome è nata in Australia, alla fine degli anni Settanta, con l’idea di proporre un’agricoltura “permanente”, che non distruggesse la fertilità dei suoli e puntasse su piante perenni (soprattutto in climi tropicali la semplice pratica dell’aratura è fortemente dannosa per il terreno e le coltivazioni di cereali, ciò nonostante annuali tradizionali ne fanno largo uso).

Giuseppe Sannicandro

Successivamente il concetto si è espanso a ogni attività umana, puntando a costruire una cultura permanente, in cui gli esseri umani abitano il territorio integrandosi con esso, usando le risorse come ogni altro essere vivente, ma senza distruggerle, possibilmente partecipando al processo creativo della natura attraverso la progettazione.

Puoi farci un esempio pratico di permacultura?
Il primo che mi viene in mente è la Finca El Mato, a Tenerife. Una microfattoria di un ettaro, gestita dall’omonima associazione, dove una coppia coltiva 3000 metri quadri vivendo della produzione di ortaggi, producendo cibo sano e migliorando il suolo ogni anno di più, da 19 anni.

Riciclano 240 tonnellate di scarti verdi all’anno con i loro animali (tutti quelli menzionati ne “La vecchia fattoria”!), recuperano l’acqua piovana, si prendono cura dei loro rifiuti corporei con la compost toilette, producono ottimo compost, consumano pochissimo combustibile fossile (mezzi aziendali: un’utilitaria).

Hanno costruzioni in terra progettate secondo i principi della bioclimatica, forno cileno in terra cruda, spazio di lavaggio verdure realizzato con vasche da bagno riciclate, pallets e ogni altro tipo di scarto. Le famiglie che comprano le loro verdure ricevono un contenitore per riportare indietro gli scarti di cucina da compostare.

Impiegavano fino a due anni fa e per dodici anni undici persone con problemi psichici. Pagavano loro metà dello stipendio (l’altra metà spettava al pubblico), e reinserivano queste persone attraverso un’attività lavorativa sana. Era perfettamente sostenibile dal punto di vista economico. Hanno smesso solo per i ritardi nei pagamenti da parte del pubblico. Potrei continuare a lungo a raccontare le cose che fanno…

La cosa più importante, però, è che sono persone felici che rendono felici altre persone. E di un’allegria costante e contagiosa, lo assicuro. Si prendono cura delle persone e ancor più della terra. È questo ciò che definirei davvero un progetto rigenerativo, che chiude i cicli (acqua, materia organica-nutrienti-agricoltura, rete sociale…) ed è contagioso. Questa per me è Permacultura.

uno schema concettuale sulla permacultura

Si potrebbe definirla una filosofia di vita?
Penso che le etiche e i principi della Permacultura possano essere considerati anche una filosofia di vita. Non credo sia corretto, tuttavia, schiacciare l’aspetto progettuale che le è proprio.

Puoi spiegarci meglio?
Si possono portare avanti i principi della Permacultura senza conoscere nulla di bioedilizia, agricoltura, cicli dei nutrienti, climi, integrazione di animali nel sistema e raccolta delle acque. Penso che non tutti debbano essere progettisti per essere permacultori. Ma quando si vuol dare a un progetto l’appellativo “in Permacultura” penso siano coinvolte conoscenze e pratiche progettuali, strategiche e tecniche che sono più specifiche di quello che comunemente si intende come “filosofia di vita”.
Insomma in un certo senso è una filosofia di vita, ma in senso più stretto è una scienza di progettazione.

Come ti sei avvicinato a quest’ambito?
Ho studiato etica e politica ritenendole sempre due parole sinonime della parola ecologia. Di lì il passo verso la ricerca delle conoscenze progettuali per contribuire alla realizzazione di un mondo più ecologico è stato veramente naturale e breve per me.

Che cosa ti ha appassionato?
Mi ha appassionato il fatto che la Permacultura, a differenza di altri movimenti ecologisti, è un movimento che non si focalizza sul problema lamentandosene o protestando in maniera sterile. Si fonda e si concentra invece sulle soluzioni. Costruisce nuclei di un mondo più giusto rendendo il vecchio obsoleto. A mio avviso, è semplicemente più efficace.

Come hai iniziato a insegnare e perché?
Ho iniziato a insegnare in workshop pratici per diffondere alcune pratiche e tecniche rigenerative utili in permacultura, spesso in corsi altrui, supportando altri docenti. Penso che sia utile diffondere il più possibile e al più presto queste conoscenze per recuperare il nostro ruolo nell’ecosistema.

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Che cosa insegni ai tuoi corsi?
Durante i miei corsi provo a insegnare la visione del mondo dell’ecologia e l’approccio della permacultura alla progettazione, utile per qualsiasi situazione. Poi a seconda del tema specifico del corso mi focalizzo su o più una tecniche, situazioni o problematiche. Nei miei corsi ritengo fondamentale la parte pratica, il far vivere a chi partecipa un’esperienza diretta a contatto con la terra.

Nei PDC, invece, i corsi ufficialmente riconosciuti di progettazione in permacultura di 72 ore, si punta soprattutto a una completezza teorica e si cerca di dare gli elementi chiave della Permacultura ripercorrendo il Designer’s Manual di Bill Mollison.

Come sono state le tue esperienze, è proprio il caso di dirlo, “sul campo”?
Ho avuto la fortuna di passare per diversi progetti – in Italia e non – assorbendo tecniche, approcci ed esperienze. Quando ho dovuto cominciare ad implementare i progetti in cui ero coinvolto in prima persona e protagonista, all’inizio ho commesso il classico errore di scambiare delle tecniche per la progettazione (la classica aiuola rialzata di x cm e a forma di spirale, per intenderci, non è permacultura, è solo una dei milioni di soluzioni adottabili in permacultura, se appropriata alla situazione). L’esperienza poi insegna.

Com’è il tuo rapporto personale con la terra?
Ho un profondo rispetto per la terra. Provo un senso di “debito” e a volte di “colpa” (forse retaggio di un sentire occidentale che di fatto non porta molto lontano) per ciò che la cultura recente sta causando al sistema Gaia.

corso di permacultura

Allo stesso tempo è un rapporto laico, curioso. Sono meravigliato dalle bellezze da cui abbiamo il privilegio di essere circondati e alla ricerca di una comprensione della natura che mi connetta a essa il più possibile. Conscio del fatto che riusciamo a illuminare solo una piccola porzione del mondo e del cosmo, il resto per lo più ci rimane oscuro, cerco di osservarlo e conoscerlo da più prospettive e con più strumenti possibili: filosofici, scientifici, pratici, intimi, artistici.

Che cosa ci insegna l’ecologia?
L’ecologia mi ha insegnato che tutto è connesso e che ognuno occupa una nicchia nella quale si sente a casa. Mi ha insegnato che è giusto far sì che la nostra cura della casa (l’oikos, eco, appunto) tenga conto delle infinite connessioni con altri esseri viventi e sistemi complessi. È nostro compito e missione fare in modo che tutti, umani e non, possiamo continuare ad abitare la grande casa che è il nostro pianeta in maniera non solo sostenibile ma rigenerativa.

Qual è, secondo te, l’insegnamento più difficile da mettere in pratica?
Penso che la cosa più difficile da accettare, per noi umani, sia il riconoscimento del fatto che non siamo gli unici esseri sul pianeta che meritino attenzione morale. Insomma il fatto che, radicalmente, in quanto uomo, io non valgo più di una formica o di una cicoria, seppur il mio istinto di sopravvivenza mi spingerà a tutelare prima me che la formica.

È insomma la rinuncia al piedistallo di “padroni” legittimi del mondo. Questa visione antropocentrica andrebbe sostituita a un più umile riconoscimento del fatto che il nostro enorme potere non equivale al diritto di esercitarlo per i nostri esclusivi interessi a breve termine. Questo discorso “ambientale” e interspecifico, peraltro, si applica allo stesso modo sostituendo i “non umani” con il cosiddetto “sud del mondo” rispetto alla società occidentale in ambito sociale.

permacultura e food forest

Che cosa ti piacerebbe che i partecipanti portassero a casa dopo un tuo corso?
Mi piacerebbe che trasformassero l’energia impiegata nel combattere sterilmente i giganti del potere, i distruttori dell’ambiente e degli ultimi del mondo, in energia impiegata nel costruire un’alternativa. Raccogliere l’acqua di un tetto, rimboschire, piantare food forest e orti, far nascere associazioni, farsi il compost, usare meno energia ed energia pulita.

Queste sono le bandiere della rivoluzione che mi piacerebbe sventolassimo. Le gratificazioni più grandi che ricevo da un corso sono le foto di un compost appena realizzato, di un gruppo di amici attorno a una food forest appena piantata.

Credo stiamo vivendo un momento storico cruciale in cui abbiamo la possibilità, grazie alle conoscenze e ai mezzi di condivisione e di apprendimento, di costruire un mondo più giusto, equilibrato, vivibile per tutti.

Il mio sogno è che un giorno non ci sia più bisogno di parlare di ambientalismo, giustizia sociale tra i popoli o di Permacultura. Tutte queste parole non esisteranno più quando saranno semplicemente senso comune.

Permacultura come progettazione

Giuseppe Sannicandro sarà a Trieste e a Pliskovica dal 5 all’11 marzo per un corso di 7 giorni dedicato alla permacultura e all’allestimento di foreste alimentari organizzato dall’associazione Joseph.

Sabato 5 e domenica 6 marzo ci saranno due open day con delle lezioni teoriche introduttive alle quali è possibile partecipare anche se non ci si iscrive all’intero corso. Nei giorni successivi si approfondiranno alcune nozioni specifiche che saranno poi messe in pratica, piantando insieme sul Carso una vera e propria “foresta” di alberi da frutto.

Il laboratorio è aperto a tutti, senza distinzioni di età, genere, provenienza o formazione. Non sono necessarie conoscenze pregresse. Si terrà in italiano e/o in lingua inglese, a seconda delle lingue parlate dai partecipanti.

Per maggiori informazioni, consultate Joseph oppure contattate:
karmayoga@outlook.it
+39 348 8708060

Corso di permacultura e di giardini alimentari – Carso, marzo 2016

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Un commento a La permacultura? Un sistema di progettazione sostenibile, negli orti come nella vita

  1. Valentina ha detto:

    bell’intervista, soprattutto l’accento sul nostro potere di rigenerare e non solo minimizzare l’impatto.

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