22 Aprile 2015

La Grande guerra e la storia di chi la rifiutò

el sunto Intervista a Piero Purini, ideatore dello spettacolo storico-musicale Rifiuto la guerra, in scena giovedì 23 aprile all'Auditorium di Ronchi (GO).

Accanto alle cronache e alle testimonianze di chi la Grande Guerra l’ha vissuta in trincea o negli ospedali, ci sono anche le storie poco conosciute e nascoste di migliaia e migliaia e migliaia di uomini che invece hanno provato ad evitare la guerra. Rifiuto la guerra, spettacolo storico-musicale di e con Piero Purini cercherà di fare luce su questi ed altri aspetti e sarà in scena giovedì 23 aprile alle 20.30 all’Auditorium di Ronchi (GO).DSC_0006

Piero, come nasce l’idea dello spettacolo?
Mi ha sempre colpito il paradosso di milioni di uomini che sono andati incontro a morte quasi sicura, per interessi che assolutamente esulavano dalle loro vite, senza protestare o cercare di sfuggire al proprio destino. Dunque ho sempre trovato veramente eroica quella minoranza (minoranza almeno fino al 1917-18) che ha cercato di ribellarsi sia attraverso atti individuali – come la renitenza, l’obiezione di coscienza o la diserzione -, sia collettivi – come gli ammutinamenti e le rivolte – ad un apparato militare pressochè onnipotente, che aveva il controllo assoluto sulle loro vite.

Perché raccontare proprio i disertori e i pacifisti? Che ruolo hanno avuto nella Grande Guerra?
In realtà i protagonisti di questa mia conferenza-concerto sono sì pacifisti e disertori, ma anche renitenti, ammutinati, soldati che cercarono di fraternizzare con i nemici, autolesionisti e “scemi di guerra”: in pratica tutti coloro che attuarono strategie per opporsi alla guerra o svincolarsi da essa.
I cosiddetti “scemi di guerra”, ad esempio, furono soldati che ad un certo punto, come atto estremo di difesa psicologica dagli orrori che stavano vivendo, andarono semplicemente fuori di testa, finendo generalmente per essere internati nei manicomi.
Il ruolo dei disertori nella grande guerra, a mio avviso, è fondamentale: se all’inizio del conflitto essi furono una minoranza, nel ’17 furono proprio i sempre più numerosi atti di insubordinazione e rivolta a far collassare l’esercito russo e a portare lo zar all’abdicazione. Lo stesso si può dire per ciò che accadde nell’estate del ’18: il numero dei soldati tedeschi, austro-ungarici ed ottomani che non obbedivano più agli ordini fu determinante nel metter in crisi l’apparato militare. In parole povere ritengo che la fine della guerra possa essere considerata come un atto di diserzione di massa da parte dei soldati degli Imperi centrali.

Quale invece il ruolo delle donne ? Hanno avuto anche loro un ruolo attivo in questi movimenti?
Le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nell’opposizione alla guerra: le prime voci contrarie furono proprio quelle delle madri che protestavano contro l’arruolamento dei propri figli. Nello spettacolo eseguiamo un brano del 1917 su questo tema: “I didn’t raise my boy to be a soldier”. Purtroppo però la quantità di argomenti che affronto in “Rifiuto la guerra” è tale che questo tema è accennato solo di sfuggita.

Qual è stato il criterio di scelta dei brani e delle musiche?
Innanzitutto ho voluto che lo spettacolo non fosse “italocentrico” ma avesse un respiro internazionale. Perciò proponiamo brani italiani, sloveni, ungheresi, tedeschi, francesi, inglesi ed americani. L’altro criterio è che fossero brani dell’epoca e che avessero come tema la protesta contro la guerra o quantomeno contro le condizioni di vita durante il conflitto. Alcuni dunque sono canzoni struggenti in cui i soldati rimpiangono la vita e gli affetti che stanno per perdere, altri sono veri e propri inni alla rivolta.

Oggi ancora molti stati del mondo sono coinvolti in conflitti e guerre civili. Quale messaggio attuale e quali insegnamenti possiamo o dovremmo trarre dalle storie di “Rifiuto la guerra”?
Non ho la pretesa di insegnare qualcosa, “Rifiuto la guerra” è semplicemente un omaggio che sento doveroso a coloro che cercarono di evitare la guerra. Se però si può trarre una conclusione dalle vicende che narro, questa è molto semplice: se tutti rifiutassero di imbracciare le armi (per difendere gli interessi di pochissimi) i conflitti terminerebbero o nemmeno avrebbero inizio. Ma, chiaramente, chi rifiuta di sparare rischia personalmente molto di più di chi accetta di combattere.

In “Rifiuto la guerra” curi sia la parte musicale sia quella storica. Com’è stata questa “doppia esperienza”? Chi ti ha dato una mano nel percorso di realizzazione dello spettacolo?
Erano anni che cercavo di conciliare il Purini storico con il Purini musicista, vivendo una sorta di schizofrenia: da una parte la lievità emozionale della musica, dall’altra la pesante concretezza della storia. Grazie a quest’argomento sono riuscito per la prima volta a mettere insieme queste due mie competenze. E’ stato un lavoro complesso e faticoso, ma confesso che da molti anni non sentivo un tale coinvolgimento personale. Per la riuscita dello spettacolo devo ringraziare di cuore le tre persone che dividono il palco con me, cioè Paolo Venier, alla voce, che ho costretto ad imparare canzoni in inglese, francese, sloveno, tedesco e addirittura in ungherese; Aljoša Starc – Čada (piano, fisarmonica e clarinetto) che ha curato tutti gli arrangiamenti e Olivia Scarpa (fagotto), la mia compagna, che ha sopportato tutta la genesi del lavoro, ascoltando le mie fisime e dandomi preziosi consigli. Inoltre ho avuto un aiuto fondamentale dallo storico carinziano Werner Koroschitz, che mi ha suggerito una parte del repertorio, da Wu Ming 1 per alcune suggestioni che ho inserito nel testo e dallo staff del sito www.antiwarsongs.org che si è rivelata una vera e propria miniera di testi contro la guerra.

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12 commenti a La Grande guerra e la storia di chi la rifiutò

  1. marco barone ha detto:

    Le voci del dissenso, contro quella macelleria umana/disumana, che condurrà poi al fascismo…sono certo che il lavoro di Piero, difficile, complesso, per nulla scontato, sarà una carica di emozione e riflessione unica. Questo evento,spero, possa, dopo Ronchi, trovare la giusta diffusione che merita, in un centenario che viene celebrato, esaltato, da molti, anche dalle istituzioni, ma anche giustamente ricondotto alla sua giusta dimensione critica da tanti.

  2. maja ha detto:

    Čestitam in srečno.

  3. ufo ha detto:

    Bravo Piero! Non se ne poteva più di questo centenario intriso di finte contrizioni. Še tako naprej!

  4. Jasna ha detto:

    E’ prevista qualche replica?

  5. maja ha detto:

    Gran bello spettacolo! Giusto equilibrio tra parole, immagini e musica. La musica sdrammatizza e riesce a rendere meno angosciante il contenuto del testo e delle slide. Bravi anche i musicisti, per quel poco che ne capisco (cioè niente).
    Ancora complimenti, Piero, e un grandissimo in bocca al lupo per le repliche.

  6. hobo ha detto:

    Complimenti Piero!

    Lo spettacolo è costruito alternando reading e canzoni (“o gorizia tu sei maledetta” è da brividi). Le canzoni sono in italiano, tedesco, sloveno, inglese. Gli spiegoni sono una sapiente miscela di storie individuali, testimonianze, lettere dal fronte, e inquadramento storico generale. Il racconto parte dall’iniziale entusiasmo creato dalla propaganda, e attraverso i primi germi di rivolta, conduce fino alla diserzione generalizzata che provocò di fatto la fine della guerra. L’impostazione dello spettacolo è assolutamente non italocentrica: il respiro è europeo, e non solo. Le storie narrate ci portano fino al Texas, dove i coscritti afroamericani si rifiutano di partire e furono decimati.

    Consiglio a tutt* di andarlo a vedere, a Trieste e dintorni, e speriamo anche fuori dal TLT 😉

  7. Federica ha detto:

    Spettacolo bello e commovente, complimenti!

  8. ufo ha detto:

    Finalmente arriva anche a Trst: giovedì 21 maggio alle 20.30 presso il Teatro di Via dei Fabbri.

  9. maja ha detto:

    Bene!
    Lo consiglio a tutt*.

  10. SARA MATIJACIC ha detto:

    Repete al Miela questo sabato. Non mancate

  11. Archibald ha detto:

    Replica del 2015?

  12. Sara Matijacic ha detto:

    si, credo de si. Se noi ga zonta o modificado qualcosa nel frattempo.

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