27 Marzo 2015

Stefano Schiraldi: cercare la profondità con leggerezza

el sunto Pubblichiamo (per secondi) la prima intervista in assoluto al cantautore triestino Stefano Schiraldi. Grazie a Vesna Pahor per la gentile concessione.

Lo conoscete già in molti: da anni infatti si esibisce sia con il Pupkin Kabarett che autonomamente come cantautore. Qualcuno avrà visto il suo nome su una locandina teatrale: sono ormai svariati gli spettacoli dei quali ha firmato la musica. In ogni caso questa intervista sarà un’occasione per conoscerlo meglio: Stefano Schiraldi porta infatti uno sguardo interessante e attuale sulla nostra realtà.

Cantautore e cantastorie: nei tuoi testi affronti le tematiche più disparate legate ai tipi umani del mondo di oggi, Trieste come microcosmo speciale, visto con uno sguardo rivolto in particolare a problematiche sociali…

Scrivo da molti anni, ogni periodo della mia vita è legato a qualche mia canzone. La maggior parte è ancora a casa di mia madre che minaccia di bruciarle vista la enorme quantità di carte che le ho lasciato in giro per casa … (ride). Per quanto riguarda i temi dipende ovviamente dal periodo in cui sono state scritte: a otto anni scrivevo alla mia spasimante che l’avrei portata a giocare al luna park, da lì in poi ho scritto un po’ su tutto quello che mi ha colpito e che ho vissuto, dai primi amori, ai temi sociali come la violenza sulle donne, l’abuso sui minori, le dipendenze, il gioco d’azzardo, etc. etc.

Chi sono i personaggi delle tue canzoni?

La mia attenzione è sempre andata alle storie dei falliti, di quelli che cadono durante il loro percorso o non ce la fanno, le persone in bilico, in cima al dirupo; mi interessano e mi colpiscono sia le figure degli oppressi che quelle degli oppressori, dei violenti, di chi prevarica, che poi talvolta risultano essere essi  stessi delle vittime. Mi interessa molto anche la meschinità e la vigliaccheria delle persone “normali”.

Quale ruolo ha l’ironia nelle tue canzoni?

L’ironia per me ha un ruolo importante: allevia la bruttura, alleggerisce lo squallore, senza togliere profondità ai testi. Nella crudezza ho sempre cercato di descrivere l’assoluta verità. In questa crudezza l’ironia è anche un modo per salvarsi. Nelle mie canzoni c’è anche autoironia, penso ad esempio al “Progetto lagna – canzoni, appunti, idee che aiutano a dormire: a fare in culo gli psicofarmaci”, dove prendo in giro la pesantezza dei miei testi. L’idea è cercare la profondità con la leggerezza.

Come ci illustreresti il tuo impegno come autore di musiche e canzoni per il teatro di prosa?

Mi piace moltissimo comporre musiche per il teatro e mi piacerebbe molto anche scrivere musiche per il cinema, cosa che non mi è ancora capitato di fare. Mi piace in particolare l’idea di trovare la giusta musica che sta dentro a una scena e che ne colga l’essenza.
C’è sempre il rischio che la musica sia troppo ingombrante o descrittiva, didascalica o insignificante o addirittura fastidiosa, per dirla in una parola, che sia sbagliata.
Può sembrare un paradosso: mi piace un lavoro “silenzioso” della musica, “dietro le quinte” e in armonia con tutti gli altri elementi. Ovviamente dipende dal genere e dai casi ma penso che la musica perfetta sia quella in cui lo spettatore, specie non addetto ai lavori, nemmeno si accorge che c’è stata della musica, sebbene sia stata proprio quella musica a permettergli di raggiungere emozioni che altrimenti non avrebbe provato in modo così intenso.

schiraldi in bar rossetti (1) - Copia

Con quali autori e registi hai collaborato fino ad oggi?

Da due anni esiste una bellissima e proficua collaborazione tra me e Marko Sosič.  Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2013 con lo spettacolo tratto del romanzo di Pino Roveredo “La melodia del corvo“, prodotto del Teatro Rossetti insieme al Teatro Miela. L’anno seguente ho composto le musiche per lo spettacolo “Il cortile/Pali“, due atti unici di Spiro Scimone, prodotto dal Teatro stabile sloveno. Recentemente invece ci siamo dedicati a uno spettacolo prodotto dal teatro nazionale di Nova Gorica dal titolo “The story of the panda bears told by a saxophonist who has a girlfriend in Frankfurt” di Matei Visniec.

Il tuo impegno culturale ha dunque anche una “connotazione slovena”, parli la lingua slovena?

Purtroppo no, nonostante abbia avuto due bisnonne di lingua slovena, una di Postumja e una di Duttogliano. Ma una volta non ci si poneva neanche la questione di non parlare lo sloveno, c’era una barriera culturale. Oggi le cose sono cambiate e direi che potrebbe essere arrivato il momento giusto per iniziare a studiarlo.

A dicembre hai collaborato invece con Paolo Rumiz, un altro grande rappresentante della cultura di questi luoghi. Com’è stato collaborare con lui a “Demoghela: Storie del fronte nord orientale”?

Con Paolo Rumiz ci conosciamo già da qualche anno; ad ottobre scorso è nata una collaborazione: un suo testo, che mi è piaciuto moltissimo, mi ha immediatamente ispirato delle musiche che ho composto quella stessa notte. A novembre ho partecipato a una serata di presentazione del suo nuovo libro al Kulturni dom di Gorizia e successivamente al Teatro stabile sloveno di Trieste. Prossimamente ritorneremo in scena con altre repliche.
Sul tema della guerra ho un altro progetto in corso con il pittore, poeta e scrittore triestino Ugo Pierri: il reading musicale “Krieg Macht Frei”.

Hai collaborato anche con altri registi teatrali?

Si, con Marcela Serli ho iniziato a collaborare nel 2013 e attualmente stiamo portando ancora in scena “Dell’umiliazione e delle vendetta – operetta comica in un atto” per il quale ho composto sia testi che musiche.
In questo spettacolo alcune mie canzoni sono cantate dalle attrici in scena e questa cosa mi diverte e mi da soddisfazione perché una delle mie vocazioni è quella di fare l’autore per altri interpreti più che stare sul palco.

Come valuti la scena culturale triestina?

Penso sia sempre stata ricca per via delle molte tensioni ed energie che attraversano questo luogo.
Nel 2006 mentre vivevo in Toscana in un momento di nostalgia per la città mi sono improvvisamente usciti dei testi in triestino, pur non essendo un appassionato della musica dialettale tradizionale. Rientrato a Trieste ho conosciuto alcune persone che hanno scritto delle canzoni e poesie molto belle in dialetto triestino; questi incontri mi hanno stimolato a organizzare nel 2010 “Trieste dormi?”, una rassegna dedicata a cantautori e poeti nel nostro dialetto.

Potresti svelarci qualcosa dei tuoi progetti futuri?

Sto registrando un disco di mie canzoni che dovrebbe uscire nei prossimi mesi, speremo ben!
Spero che a breve si possa realizzare anche un nuovo progetto di collaborazione alla composizione delle musiche per un film.

Intervista a cura di Vesna Pahor, versione adattata dell’originale, pubblicata nel Primorski dnevnik, il 20.3.2015

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Un commento a Stefano Schiraldi: cercare la profondità con leggerezza

  1. Sebastiano Crepaldi ha detto:

    Conosco Stefano da alcuni anni,e devo dire che,al di la delle belle,anzi bellissime canzoni che scrive,mi piace leggere dalla sua intervista che sá di sé quanto gli altri sanno di lui…é rara tanta consapevolezza di sé e del proprio ruolo…complimenti!

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