26 Agosto 2014

A piedi da Londra a Trieste: pioggia non t’ho mai odiato così tanto

el sunto La quinta puntata del diario di Nicolò Giraldi che ha percorso a piedi il tratto da Londra a Trieste per raccontare la Grande guerra.

Lille è una città che mi è sembrata irrequieta. (Qui la prima, la seconda, la terza e la quarta parte del diario) Il centro rispecchia quello che ormai siamo abituati a tritrovare un po’ dappertutto dove il capitalism ha teorizzato e concretizzato lo sfruttamento delle bellezze architettoniche del passato. Turismo da centri turistici. Con la differenza che sembra seriamente esserci un problema di comunicazione tra i francesi ed il resto del mondo.

Anche in Italia è, nella stessa misura, un problema di genere. Tento invano di visitare la casa natale di Charles de Gaulle perché chiusa al pubblico, così come il museo delle Beaux Arts. Lille è un po’così, un po’ centro ed un po’ periferia, un po’ elegante un po’ in degrado.

Francia mia, Francia tua. Non credo che quei soldati costretti a veder la morte in faccia a Verdun o sui Chemins du Dames avessero in mente una Francia di questo tipo. La voglia di “pulire” il mondo mi spaventa nella sola parola tra le virgolette. Avevano qualcosa di diverso. Avevano qualcosa per cui “combattere”. Un’idea. Mi viene da pensare che forse oggi i nostri avversari non hanno nome. O meglio, sappiamo benissimo chi sono ma non vogliamo far niente per combatterli. Il nemico è diventato invisibile, il riconoscimento dei tratti estetici è assente, la possibilità di “studiare” e di osservare sempre meno interessante.
Manca il tempo per fare le cose. Partire per un viaggio è la nostra personale Bastiglia, per rivoltare la prigione urbana in cui viviamo. Il mio nemico si chiama traffico, si chiama velocità, si chiama indifferenza. Banale? Probabile. Ma partire è guardare in faccia l’orologio e capire che il tempo per fare le cose devi trovarlo.

Quando arrivo a Lens trovo una città grigia. Di male in peggio. L’ufficio turistico mi indica un tablet dove posso trovare tutte le informazion necessarie. Non parlano inglese. O meglio, non sanno esprimersi in una lingua diversa. Com’è che Fascioda è ancora seduta a tavola con Londra e Parigi? Fratello e sorella che non si parlano, che lo fanno solo quando devono.
Ho rotto gli occhiali da vista. Non ho idea come. Trovo un ottico in una stradina del centro di Lens dove una madre è seduta a terra in maniera scomposta e le sue due figlie di qualche anno vanno in giro ad appendersi alle gonne delle altre madri. Un bicchiere di carta di qualche caffé di Lens fa da pozzo della carità. Le due ragazzine sono sorridenti. Lo faccio anch’io. Lo faccio meno quando l’ottico mi dice che non può fare niente per i miei occhiali. Ok, mi arrangio.
Sulla strada per il dormitorio dell’Arena stade couvert di Liévin, qualche chilometro fuori Lens, assaggio per la prima volta la pioggia francese. Saranno giorni durante i quali non mi abbandonerà più. Mi rifugio all’interno di uno di quei negozi che vendono terrari, tartarughe e tutta la loro uniforme di soldati delle truppe coloniali.

Why aren’t you wearing in kaki?”. Perché voglio immaginare quelle bestie libere in ambienti dove l’uomo non dovrebbe avvicinarsi. Perché non appartiene all’umanità. È il mondo della natura. È quel mondo che contribuiamo ogni giorno a distruggere. Imprigionati. È anche per questo che ho deciso di partire. (Continua)

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Un commento a A piedi da Londra a Trieste: pioggia non t’ho mai odiato così tanto

  1. skaiosgaio ha detto:

    “Il mio nemico si chiama traffico, si chiama velocità, si chiama indifferenza.” Bel e vero!

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