3 Dicembre 2013

Un tranquillo lunedì di Pupkin Kababettes

Tra una cosa e l’altra, ciccavo l’appuntamento col Pupkin Kabarett da parecchio. Robe tipo due stagioni intere, altro che “puntuale come il rimorso”, come dicono loro. Ma non perchè mi avessero stufato o per eccessivo spinazzing sul prezzo del biglietto (10 euri-5 bire pice). Ma perchè sa, de lunedi sera xe longhi. Go quel. O quel’altro, e cussì passa anni.
Ieri sera finalmente sono tornato a scaldare le poltrone del Miela, teatro pieno ma fila scorrevole, baretto facilitatore fuori sala e posti a sedere in sesta fila, quella senza poltrone davanti. Evvai, se pol slongar le zatine.
Dopo dodici anni di attività, mi aspettavo onestamente una parabola discendente da parte del Pupkin. O se non altro meno voglia, o robe tipo “sindrome da timbrocartellino”. E invece fin dal primo secondo si è visto che le cose non sono assolutamente così, la compagnia ha ancora l’entusiasmo dei muloni e la capacità di far ridere. Addirittura in crescita rispetto a due anni fa. Quest’anno li trovo meglio amalgamati e più continui, la serata mi ha dato l’impressione di essere più uno spettacolo di gruppo che un insieme di numeri di singoli, sensazione che invece sentivo prevalere le ultime volte. Su questo tema, mi incuriosiva molto l’inserimento di Flavio Furian, generalmente one man show matador delle serate e quindi a rischio di essere fuori sincrono con gli altri. E invece no, perfettamente nel flusso anche lui. El mulo sa benissimo come interpretare i ruoli e gli spazi.
Comunque, ieri su tutti mi son piaciuti molto Sangermano, eh bon, mancassi altro, con la sua rilettura dei titoli del Piccolo, e Laura Bussani, coi suoi dialoghi di vita vissuta di famiglie cinesi dai nomi improbabili. Madre Chezz. Padre Tedagoelchezz. Figlia Cinciut. E figlio no me ricordo, ma sicuro fazeva rider. New entry, almeno per me, Walter “Manolesta” Klinkon, che ha proposto numeri di abilità notevoli e coinvolto il pubblico in sala e fuori sala. Ancora non ho capito come ha fatto a girare le mani portando i pollici in su mentre tutti noi eravamo ancora incastrati cercando di alzare i mignoli. Ma bon, ghe riverò un giorno, giuro, e senza farme mal anche.
Perfettamente inserite nel ritmo della serata anche le ospiti, il trio vocale Les Babettes, che ben si son fuse con le sonorità della Niente Band, proponendo la versione italiana di “Onzime el bunigolo” (va ben, va ben, le ga cantà “Il pinguino innamorato”, dei) e un riuscitissimo omaggio a Lelio Luttazzi con una deliziosa rilettura di “El can de Trieste”. “E ghe piasi el vin. E viva l’A e po’ bon. E meio lipe che picon!”
Morale: penso che tornerò presto al Pupkin Kababettes, anche se lunedì avrò quel o quel’altro. Daghe.

Les Babettes invece sono arrivate al ripescaggio di X Factor!

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2 commenti a Un tranquillo lunedì di Pupkin Kababettes

  1. Cristina Marsi ha detto:

    Me par proprio che el fio dei cinesi se ciamassi “intelcul”.

  2. Diego Manna ha detto:

    ahah vero! disevo mi che fazeva rider!

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