22 Novembre 2013

Trieste: le incredibili misure di sicurezza per il vertice Italia Russia

Il presidente della Russia Vladimir Putin, che recentemente ha ricevuto la cintura nera nono dan di taekwondo, la tradizionale disciplina di combattimento coreana, ed il diploma che attesta tale qualifica, giungerà  a Trieste per incontrare il Governo italiano, dopo l’incontro con il Papa, nella data del 26 novembre 2013. Arriverà in quella Europa che recentemente ha reso noto che Germania, Francia, Grecia, l’Italia, i Paesi Bassi, Polonia e Spagna desiderano entrare nel “club dei proprietari di drone”. E migliore accoglienza Trieste non poteva offrire.
La Prefettura triestina ha reso noto che nel corso dell’incontro sono stati esaminati gli aspetti organizzativi relativi al vertice, con particolare attenzione alla predisposizione dei complessi dispositivi di sicurezza ritenuti necessari, ma che al tempo stesso non siano troppo invasivi delle quotidiane esigenze dei cittadini. A questo riguardo si è convenuta la delimitazione di un’area di sicurezza coincidente con Piazza dell’Unità d’Italia, Piazza Giuseppe Verdi e le relative strade di accesso e che, con diverse cadenze temporali, nei giorni 25 e 26 sarà modulata e ampliata sino a ricomprendere, in concomitanza con lo svolgimento del vertice, l’area compresa tra via Felice Venezian e via Canal Piccolo.
Ma sarà il Comune di Trieste, con l’ordinanza Prot. gen. n. 185251 del 20. 11. 2013 a recepire pienamente le indicazioni come fornite dalla Questura ed a spiegare, in modo dettagliato, le misure specifiche.
Ritornano a Trieste le zone rosse a partire da lunedì 25, cioè un giorno prima dell’incontro del 26 novembre e fino al termine delle esigenze.
In particolare dalle ore 16.00 di lunedì 25 novembre, alle ore 20.00 di martedì 26 novembre (e comunque fino a cessate necessità) sarà istituito il divieto di sosta e fermata con rimozione (ambo i lati e laddove non già esistente), per tutti i veicoli lungo le Rive nel tratto di competenza comunale compreso Tra Piazza Tommaseo e via F.Venezian, in via del Mercato Vecchio, via Luigi Cadorna (nel tratto compreso tra Via Felice Venezian e via del Mercato Vecchio), in via Armando Diaz (nel tratto compreso tra via del Mercato Vecchio e via Felice Venezian), in via Dell’Orologio, in piazza Dello Squero Vecchio, in via Pozzo Del Mare, in largo Riccardo Pitteri ed in via Punta Del Forno (nel tratto compreso tra largo Riccardo Pitteri e Androna Del Pozzo), in Piazza Piccola, in via Tor Bandena, via dell’Arsenale, via San Carlo, via Einaudi, Piazza Tommaseo, via Roma nel tratto compreso tra la via Mazzini e Corso Italia, Corso Italia tra Piazza della Borsa e Largo Riborgo. Sarà inoltre istituito il divieto di transito pedonale su tutte le vie all’interno del perimetro individuato da: via del Mercato Vecchio (esclusa), via dell’Orologio (tra il palazzo della regione e l’hotel Duca d’Aosta inclusi), piazza Squero Vecchio (esclusa), via Pozzo de Mare (esclusa), Largo Pitteri (escluso), via Punta Del Forno (esclusa), Androna del Pozzo (esclusa), Largo Granatieri (escluso), Androna del Pane (esclusa), via del Pane (esclusa), via delle Beccherie dal civico 5 sino al Passo della Portizza (esclusa), Piazza della Borsa dal civ. 4 (escluso) al civ. 15 (trasversalmente), via Einaudi, Piazza Tommaseo (esclusa), Riva Tre Novembre (esclusa) e Riva caduti per l’Italianità di Trieste (esclusa). Il divieto di transito pedonale sarà operativo anche in via Rossini, nel tratto compreso tra il civico 2C e la via Trento. Ancora istituzione del divieto di transito per tutti i veicoli in via Luigi Cadorna (nel tratto compreso tra Via Felice Venezian e via Del Mercato Vecchio), in via Armando Diaz (nel tratto compreso tra via del Mercato Vecchio e via Felice Venezian). Da segnalare che una fermata per il trasporto pubblico locale sarà attiva in Corso Italia, tra piazza della Borsa e largo Riborgo compreso.
Dalle ore 8.00 alle 20.00 di martedì 26 novembre (e comunque fino a cessate attività) sarà istituito il divieto di transito pedonale e veicolare lungo le Rive, nel tratto di competenza comunale compreso tra piazza Tommaseo e via Boccardi, via del Mercato Vecchio, via dell’Orologio, piazza Squero Vecchio, via Pozzo de Mare, Largo Pitteri, via Punta Del Forno (sino a Androna del Pozzo) e piazza Tommaseo (tra i civici 1 e 4) e via Canal Piccolo. Deviazioni del traffico sono previste su Corso Cavour per i veicoli provenienti dal viale Miramare, con obbligo di svolta a sinistra in via Milano, e l’obbligo di svolta a destra per i veicoli provenienti da via Valdirivo.

· GIALLO le chiusure al transito pedonale dalle ore 16.00 del 25;
· ROSA Estensione del medesimo provvedimento dalle ore 08.00 del 26

I Pass.

Si parla di residenti, ma il diritto ad avere il pass riguarderà tutti i triestini o solo i triestini residenti o domiciliati nelle zone interessate dal divieto? Risponde la Questura con una chiara indicazione, i residenti e/o domiciliati nelle aree interdette dovranno presentarsi muniti di un valido documento d’identità o di idonea documentazione atta a verificare in particolare l’effettivo domicilio.
Dunque i non residenti nelle zone interdette, anche se residenti a Trieste, non avranno diritto ad alcun pass. E’ interessante notare che anche le attività commerciali, gli esercizi pubblici e qualsiasi attività con sede nella zona interdetta,che comunque sarà inaccessibile al pubblico, potranno presentare la richiesta all’Urp della Questura per il rilascio di apposito pass per i dipendenti.
E’ facilmente intuibile che i commercianti subiranno dei mancati guadagni e chi li risarcirà? E le attività commerciali collocate in zona, tra bar, ristoranti e negozi, sono a dir poco numerose.
Per non parlare del fatto che è possibile una sospensione di alcune attività pubbliche come esercitate da parte degli uffici collocati nella zona interessata, come il TAR, il Comune, la Regione, la Prefettura, l’ufficio postale lì collocato, ad esempio, e la stessa Questura che infatti, ricorda, che per l’attuazione del complesso dispositivo di sicurezza, già nella giornata di lunedì alcuni uffici in Questura non saranno aperti. Nel pomeriggio, infatti, non si potranno consegnare i moduli di cessione fabbricato presso l’Ufficio relazioni con il pubblico e saranno chiusi anche gli sportelli dell’Ufficio Immigrazione, mentre rimarrà aperto al pubblico lo sportello dell’Ufficio passaporti. Per l’intera giornata di martedì 26 novembre tutti gli uffici della Questura saranno chiusi al pubblico, fatta eccezione per l’Ufficio denunce aperto nell’arco delle ventiquattro ore e per gli stranieri già muniti di convocazione per il rilascio del permesso di soggiorno con orario.
Ed il comunicato della Questura si concluderà con questo avviso: Ovviamente per qualsiasi tipo di problema il cittadino potrà sempre telefonare al 113.

Purtroppo, come da facile previsione Trieste sarà rossa, sì, ma di vergogna. Negare, anche per un solo minuto, il diritto a chi vive in questa città,di poter attraversare i propri luoghi, camminare nelle proprie vie, strade, piazze, solo perché il sistema deve mostrare i muscoli è indegno. Perché queste misure così esasperate? Quali sono i reali motivi? Perché blindare una città in questo modo per Putin ? Perché non ritrovarsi in qualche nave sperduta nel bel mezzo del golfo di Trieste anziché blindare una città e negare il diritto alla mobilità ai cittadini, per non parlare del diritto di manifestare in quelle zone? Trieste il 26 novembre vivrà una brutta giornata, diventerà semplicemente un buon salotto per il potere, e sarà un lungo momento dove la democrazia verrà interrotta per lasciar correre, via, il sistema per le vie di quei luoghi e spazi che sarebbero della cittadinanza, appunto, sarebbero.

Tag: , , .

60 commenti a Trieste: le incredibili misure di sicurezza per il vertice Italia Russia

  1. Stefano ha detto:

    pienamente d’accordo..
    poteva restarsene a casa sua….

  2. Martina Luciani ha detto:

    Ambientazione perfetta per una nuova avventura del commissario Proteo Laurenti.

  3. Gianni Bua ha detto:

    Vorrei chiedere al Sign. Marco Barone se non ha mai vissuto in una capitale. Nel mio piccolo, ho provato Parigi/Roma/bruxelles/Vienna in occasione di varii vertici internazionali;essendo – purtroppo – il mondo pieno di folli, le misure di sicurezza si fanno sempre più stringenti. Bello o brutto, questa è la realtà di ogni giorno. Non più tardi dell’altroieri, Parigi era in pieno clima di guerra per il pazzo che ha sparato a Liberation.Forse la sindrome di NIMBY ha colpito l’illustre recensore di Bora.La ma , a mia personale conoscenza, nessun abitante delle città citate ha mai ipotizzato riunioni in mezzo al mare o sulla cima dell’Himalaia.
    Il diritto di mouoversi etc. citato dal barone ha dei limiti, purtroppo, CREATI DA NOI STESSI.

    Servus,Gb

  4. marco barone ha detto:

    Scrivevo…(…)Perché non ritrovarsi in qualche nave sperduta nel bel mezzo del golfo di Trieste anziché blindare una città e negare il diritto alla mobilità ai cittadini, per non parlare del diritto di manifestare in quelle zone?
    Visto e rilevato che Trieste oramai sta diventando solo un set da usare per cinema, pubblicità ed eventi di tal tipo?
    Insomma, per me si possono riunire anche sulla luna, l’importante è che non rompino i maroni ai cittadini anche quando si ritrovano ed in quel caso accade. E poi, visto che Putin era già a Roma, il 25 novembre sarà lì, il governo italiano si trasferisce da roma a ts il giorno dopo per incontrare Putin e company, quando il 25 erano tutti a Roma? cioè follia? E chi paga tutto ciò? Ovviamente i cittadini. Ah . già, si dirà, ma il 25 è nello Stato del Vaticano e poi l’incontro con il Papa è stato organizzato dopo…fate voi.

  5. ANDREA ha detto:

    @3 Gianni Bua è proprio così, quando si organizzano eventi internazionali in una capitale, e Trieste è una capitale, ci sono questi disagi. Da capire perchè si riuniscono in questa capitale. Ciao.

  6. Alessandro ha detto:

    @6 Messaggi occulti… riconoscimento esplicito del TLT?

    ta ta ta tahhhhhhhhh

  7. ANDREA ha detto:

    @6 Alessandro “@6” de facto te se rispondi solo, ciao. 🙂

  8. Alessandro ha detto:

    Oddio go sbaglià el numero… comunque me par de capir che secondo ti el vertice a trieste no xe un caso…

  9. ANDREA ha detto:

    @8 Alessandro Te sa che stemo attenti a tutti i numeri delle varie leggi e leggine :-), de capir perché i vien proprio qua, forse per farne capir una volta de più che qua i comanda lori (stamattina iera una marea de picchetti militari in piazza grande). Pol andar come spiegazion? Ciao e buon week end.

  10. Gianni Bua ha detto:

    @ Andrea……
    Come no. i gà spostà l’Area 51 soto el Sincrotrone a Basoviza, el Sismi ( o come teufel se ciama adeso ) ga fato aruolamento straordinario – de lanfur,sicuramente – per controlarve tuti. In più la Nsa ga fato algoritmo
    patoco per controlarve; i ga dificoltà pero se scriver Cren o Kren.

    Una risata vi seppellirà !!!

    Servus, Gb

  11. giorgio (no events) ha detto:

    Ah xe lui che porta fredo martedi! E difati el vignerà vestì de Babbo natale (Дед Мороз) che ghe gà scrito Camber. Ghe porterà una zivola in Comun e una in region, cussì no xe pericolo che i se indormenzi.
    Forsi che el va anche de quei del tieleti a veder le carte…

  12. emma peel ha detto:

    A proposito di Putin e di TLT, come si deve interpretare questo scambio, risalente ad agosto?

    https://drive.google.com/file/d/0BzjzhLZ283LBSEhCNHlZMi1rd2s/edit?usp=sharing

  13. Diego Manna ha detto:

    ma se poderà usar la tomica per cusinar?

  14. Macia ha detto:

    Bon, no se pol.
    Comunque Barone si è risposto da solo: l’incontro col papa è stato programmato dopo, la macchina organizzativa per Trieste era già in moto. O era meglio fare come per la Maddalena (molto più in piccolo, ovviamente)?
    Penso che piazza Unità si presti molto bene per questo tipo di vertici non solo per la sua indubbia scenograficità, che consente che l’incontro possa svolgersi per qualche momento anche all’aperto, ma anche perché, in fondo, è facilmente controllabile da tutti i possibili accessi.

  15. mauro amelio ha detto:

    AL MAG. 26 SE PODESSI FAR…… L’INCONTRO INTERNAZIONALE CON PUTIN.

    prima i ne frega largo granatieri e desso i comincia a pensar che la cità no xe nostra, ma de Lori, e i se comincia a slargar…, Anche ste paiazzade che i podeva tranquilamente farla su una nave in mezzo al golfo o per le alte, senza romperghe le bale a nessun i la usa per far veder che Lori pol…

    Desso no discuto se xe importante o meno sto incontro, no go la più palida idea dela sua utilità, ma se xe utile o bisognava farlo, no iera posti più sconti e meno invasivi per farlo….

    PS: i bloca anca la possibilità de usar el telefonin… ma se uno sta mal, e no se riva a ciamar i socorsi a causa de sto bloco, xe lori i responsabili…. almeno le ciamade de emergenza, se poderà far, o i ga blocado anca quele.

  16. Fabio27 ha detto:

    Mi ricordo il vertice internazionale sull’ambiente al temi di Willer Bordon. Ci voleva la propusnica anche per portare a far pipì il cane in via DIaz. Tombini controllati e sigillati, elicotteri che volavano, tutto perché Bordon voleva usare piazza Unità come quinta per le interviste. Il vertice non servì a niente, si capisce. Ma non è una faccenda che riguarda solo gli incontri internazionali. Un anno e mezzo fa il nostro Presidente è andato a Pordenone. Bonifica del corso centrale tre o quattro giorni prima, da parte dell’esercito personale del Quirinale,, con esplorazione dei soliti tombini e dei cestini della spazzatura. Zona controllata a vista per giorni. Il giorno fatidico, arriva Napolitano, parcheggia la macchina cinquanta metri indietro e compie la passeggiata fino al Comune. Era giorno feriale, la gente era al lavoro (c’era ancora un po’ di lavoro) e così ad accogliere il sovrano c’erano solo bambini delle vicine scuole appositamente deportati con bandierine fornite dal Minculpop. Il presidente si è beato del bagno di folla e poi lentamente si è diretto verso il Comune. Tutto a nostre spese, si capisce.
    È ovvio che nessuno si sognerebbe di attentare a Letta e Napolitano, vista l’inutilità del gesto. Per Putin forse qualche ceceno lo si potrebbe trovare. Ma per lo più si tratta di esibizione di grandezza e di paranoia da potere.

  17. Fiora ha detto:

    Ieri facevano cinquant’anni…che c’entri la sindrome di Dallas?

  18. El baziloto ha detto:

    La prossima volta, direi quindi di rispondere secondo la classica maniera triestina:

    – Triestini, volé una visita di stato da voialtri?

    – NO SE POOOOOOOOOOOL!!!

  19. hobo ha detto:

    domanda per MTL, COPLT ecc:

    potreste avere la compiacenza di raccontarci che genere di aspettative avete rispetto alla visita di putin?

  20. ANDREA ha detto:

    @18 El baziloto “volé una visita di stato da voialtri?” che stato? a che pro? ma chi ve ga ciamà… andè in mona de vostra mare, quela “Putin” de vostra mare… 🙂

  21. El baziloto ha detto:

    @ ANDREA

    – De nessun stato! Chi ve ciama? No se capisse ancora? Ve lo ripetemo: NO SE POOOOOOOL!

  22. nick ha detto:

    Che polemica sterile….con questa ormai stantia ideologia pacifinta in sottofondo. PUrtroppo queste misure di sicurezza sono necessarie. Stop. Alla fine si tratta di una giornata di disagi. Non mi pare niente di tragico. Meglio tutto blindato che correre il rischio di qualche pazzoide che si fa saltare in aria.
    Non ho poi capito l’inciso sui droni. Ben vengano dei progetti europei in questo campo. Progetti che sono sinonimo di ricerca e innovazione spintissime.

  23. hobo ha detto:

    si’ si’ nick, come no.

    tutta questa militarizzazione serve per dire una cosa sola:

    io so’ io e voi nun siete ‘n cazzo.

    detto in altre parole: nessuno potra’ contestare letta, o putin, o tutti e due.

  24. Tergestin ha detto:

    Ma una videoconferenza per sparagnar ed evitar tuti ‘sti casini? Bah, mi ‘sti vertici no li capisso.

  25. bonalama ha detto:

    droni? innovazione spintissima? una roba che gira dal 2000? aggiornabile per l’amor del cielo ma a bit old come INNOVESCION

  26. Alabardiere ha detto:

    Trieste, una delle più belle città italiane, ospiterà il vertice tra il governo della Repubblica italiana, della quale la città è parte integrante, e il Presidente di una delle potenze (ri)emergenti a livello mondiale.

  27. capitano ha detto:

    Perchè bloccare una città per la visita di uno dei più illiberali e cinici capi di stato al mondo debba essere motivo di orgoglio o un’occasione da non perdere mi è oscuro. Possiamo invitare una marea di dittatoruccoli e andarne contenti decantandolo sui blog con commenti sciocchi?
    Mi ricorda quel tizio che ci faceva tanto comodo laggiù oltremare, quel tale che piantava tende nelle ville romane. Se podeva allora?

  28. Fabio27 ha detto:

    Sul piano della security il vertice dov’è stato collocato non ha nessun senso. Se si vuole la sicurezza queste cose si fanno in aree controllabili, con limitati accessi, nei quali le auto blindate possano arrivare fin dentro l’area protetta. Per dire: Miramar, il castello di San Giusto, Monte Grisa, il carcere del Coroneo. Naturalmente questo si scontra con motivi di immagine, che impongono che i leader sembrino democratici: per cui le televisioni devono poterli riprendere mentre passeggiano per strada, senza inquadrare il fatto che quelli attorno non sono cittadini plaudenti ma funzionari o gorilla. È solo per motivi di immagine che ci romperanno le scatole per due giorni. Ostentazione del potere e basta.

  29. nick ha detto:

    quante storie per una roba normalissima…..i disagi ci sono ma sono contenuti a una giornata e mezza. Ci riempiamo la bocca sulla necessità che Trieste faccia un salto di qualità….bene, cari signori, anche queste sono prove necessarie per una città che ricerca un proprio ruolo e posizionamento diverso rispetto al passato.

  30. capitano ha detto:

    #30 Cosa succederà dopo martedì? Conosci la riposta?

  31. El baziloto ha detto:

    Arriva mercoledi’?

  32. capitano ha detto:

    Trieste entrerà nell’era dell’Acquario.

  33. giorgio (no events) ha detto:

    Allora, se tutto andrà bene, se Vladimir Putin potrà bere il suo tè (russo) al caffè degli specchi e se Vladimir Luxuria non infastidirà le guardie del corpo russo, Trieste avrà mensilmente il suo bel vertice internazionale che si sovrapporrà all’arrivo o partenza di una nave da crociera.
    Saranno tutti contenti che la città tornerà ad avere quel ruolo internazionale a cui aspira da tempo, solo che Cosolini, su pressione del presidente post-sovietico, dovrà chiudere al traffico tutto il territorio del comune fino a Padriciano, dove lo zar avrà la sua dacia per passare i fine settimana.

  34. ufo ha detto:

    Ma xe una coincidenza che steso giorno che riva el zar vien anca un fredo siberian? E xe vero che per l’ocasion i fa gemelagio tra el bugiardel e la Pravda?

    Comunque mi gavessi preferido se i se tigniva Vladko e piutosto ne mandava le Pussy Riot, anca con i sototitoli in cirilico, se servi.

    Opur sti mati qua.

  35. Fiora ha detto:

    Trieste questa maliarda ma catatonica sirena sgnacada soto ai rifletori de tuto del mondo ghe toca riscuoterse e per un per de giorni assurgi a metropoli… come dir cità metropolitana,no?! 😉
    Mi son grandezona de natura e un evento cussì (indiferente la reale portata) che coinvolgi la mia cità me va noma che ben.
    Vlad xè o no xè de più de Vasco,orpo?!

  36. Fiora ha detto:

    el piciulàt ga fama de sciupafemine…meti ch’el zar trovi una morosa patoca e semo sul bon! 😀

  37. Bibliotopa ha detto:

    Coincidenza col fredo la data? “Santa Caterina, iazzo per marina” se diseva de sempre, santa Caterina xe oggi.

  38. Fiora ha detto:

    @37
    “piciulàt”… orpo sepòl? 🙁
    No sarà ch’el Kgb ghe conta, magari “el” se inombra e me toca come le pussy riot?

  39. giorgio (on work) ha detto:

    Sicome che el dormi de Silvio e come ogi el va de papa Francesco a confessarse, no’l farà tanto el galeto con le mule.

  40. El baziloto ha detto:

    No go ancora capì in che momento de ‘sta giornata radiosa Giurastante ghe slongherà el scartozzo a Putin, disendoghe “Gavemo le carte”.

  41. GIAMPAOLO LONZAR ha detto:

    @@@@ : chissà se Putin conossi sloven!? I ghe gavessi podù organizar un giro per osmizze,el coro dei partigiani de Gabrovica, in cimitero ghe xe anche militari Sovietici
    una bela cerimonia per ricordar la lota comune contro el nazifassismo!

    Vidali e Trotzky!

    Podeva star un giorno in più el gavessi
    visto che Trieste xe più vizin a la Russia de quel che’l gavessi imaginà ,forse !

    Chissà se i gà tradoto in Russo el fantasma de Trieste de Betizza !

  42. hobo ha detto:

    @lonzar

    peca’ solo che putin tollera (disemo cussi’) i neofassisti russi. e col suo nazionalpatriotismo xe diventa’ un mito pei rossobruni (fassisti) de mezo mondo (se non de tuto). e oviamente la sua politica va tuta a favor dei grandi capitalisti.

  43. Fiora ha detto:

    @41
    “Giurastante ghe slongherà el scartozzo a Putin, disendoghe “Gavemo le carte”.

    Grassie de sta genuina ridada Bazil, anzi Wassil che me par più intonà ala circostanza.

  44. ufo ha detto:

    E Putin che ghe rispondi “justo ben che gavevo mal d’auto” e ghe vomita nel scartozo… 🙂

  45. GIAMPAOLO LONZAR ha detto:

    @ 43 HOBO :

    El se gà perso la gita in Osmizza !!!

    … però , bravo ‘sto Putin
    ogi gà rivà portar i monti pieni de neve , el Golfo de Trieste par el mar de Okhots in Kamchatka.

    🙂

  46. Luigi ha detto:

    Ma tuti sti “no se pol” xe solo ciacoloni, opur se smovi anca sul serio? Quanti ad esempio xe pronti ad organizar la catena umana da Barcola a Sveti Ivan fin a Servola cole maiete alabardade per impedir ale auto de pasar? Barone in testa?

  47. hobo ha detto:

    @luigi#47

    guarda che i pro tlt amano putin. le contestazioni arriveranno da altri, non da quelli che sventolano alabarde.

    basta leggere “l’indipendenza” di leonardo facco, per vedere che i libertarians e gli indipendentisti – verdi, bruni e rossobruni – in italia e altrove, vengono appena vedono una foto di putin.

    http://www.lindipendenza.com/putin-e-limmigrazione-il-discorso-di-valdai-ridicolizzato-dagli-italiani/

  48. hobo ha detto:

    poi vedo che a gorizia FLI fa un comunicato pro putin e allora me la rido, ma proprio di gusto.

  49. Luigi ha detto:

    @hobo

    In realtà io mi riferivo più alle lagne a go-go che si leggono su bora.la contro praticamente QUALSIASI iniziativa che riguardi Trieste (specie se nata oltre il Timavo).

    Con tutto il rispetto, ma quel tanto di radicalismo di destra che c’è nei movimenti separatistici/indipendentistici in Italia non lo ritengo qui tanto contestuale.

  50. Stefano ha detto:

    per caso savè a che ora xe l’incontro de stato tra Putin e el Grande Mimetico? 🙂

  51. ufo ha detto:

    Ore otto e trenta del mattino di quel freddo martedì. Avrebbe potuto essere una giornata del tutto normale, a Trieste, se non fosse per tre fatti: il fatto che faceva un freddo cane, il fatto che era in via del tutto eccezionale un martedì (a Trieste non si usa, si passa da un lunedì infinito direttamente ai preliminari del venerdì), il fatto che in visita ci fosse lo zar di tutte le Russie (almeno di quelle rimaste). Cambia qualcosa? Sì, che domande.

    Se pochi anni prima gli indigeni avevano potuto gustarsi da distanza ravvicinata ben tre capi di stato, questa volta la musica era ben diversa. Centro chiuso a chiave, passi, telefonini disattivati, nessun problema, telecomandi disabilitati, ottima scusa per non andare al lavoro – ma chiudere i bar ai triestini è provvedimento analogo al dichiarare lo stato d’assedio: sia la tribù del capo deca in bi che quella del spriz leggero con la radenska reagiscono con fastidio all’offesa alle sacre tradizioni, moderate solo dalla sempiterna compostezza mitteleuropea affettata dagli attuali residenti, autoconvocati mitteleuropei d’adozione. Nessuno accenna ad azioni di protesta in nome del diritto allo spriz aperol, ma il risentimento c’è. Non si fa così, dicono.

    Mica facile, essere a Trieste alle otto e trenta di quel martedì. Per i triestini, perché con il centro bloccato e gli autobus latitanti l’indigeno tipico non ci si orienta più e rischia di fare il giro per Muggia, Basovizza e Samatorza per andare in via Ginnastica; per quelli di fuori è dura comunque, che per andare a Trieste bisogna recarsi prima in agenzia di viaggi e poi ricontrollare gli orari del treno (uno, singolare) su Internètt, visto che ci sono più collegamenti per Pantelleria che per la cara al cuore; per l’armata di funzionari romani che avrebbero decisamente preferito andare in trasferta pagata in Vaticano, dove il clima (meteorologico e politico) è più simile a quello di casa loro. Ma c’erano, alle otto e trenta. Tutti quanti.

    Non c’erano solo loro, quel martedì: c’era anche un anima in pena. Un tale preoccupato per il proprio futuro, che come un contadino della steppa di due secoli fa o come il servo Jernej narrato da Cankar, o anche Robin Hood, vedeva nella fulgida autorità del buon sovrano la via d’uscita da tutte le traversie che funzionari inferiori cattivi e malintenzionati gli aveva riversato sul groppone. Un tale di nome Silvio, di professione Unto (asseritamente “dal Signore”, ma lasciamo perdere per carità di patria), oppure signore delle emissioni elettromagnetiche riservategli dal latitante Craxi prima della latitanza, oppure alto (si fa per dire – più alto di Brunetta comunque) rappresentante delle Istituzioni. Oppure anche pianista di cabaret, e palazzinaro, e editore, e piduista, e di sera anche puttaniere. Insomma la dimostrazione dell’italico talento nell’arte di arrangiarsi, un Arlecchino servo di due vizi padroni, buono a mille mestieri ma maestro di nessuno. Il cognome non ha importanza, quel che conta è la morale della storia; una storia contorta come il personaggio e il circo che si porta appresso.

    Le traversie, dicevamo. Il poveraccio non riusciva a capacitarsene. Non era giusto che la sfortuna gli si accanisse contro in quel modo. Era appena riuscito a svicolare elegantemente e con caldi applausi per la sua faccia tosta da quell’affare da Novella 2000 di nome Noemi e dalle venti domande rivoltegli da quel quotidiano sicuramente kommunista e olivettista, che subito dall’altro lato era inciampato in quella smorfiosa culona e neanche tanto carina, ma nipote di Mubharak. Cos’era, un percorso ad ostacoli? E poi quante storie per qualche euro di tasse risparmiate. Era mica colpa sua se aveva un buon commercialista, che sapeva serpeggiare tra le insidie della legislazione fiscale come una vera biscia, e quando non ci riusciva entrava in una cabina telefonica, ne usciva vestito da ministro e cambiava la legislazione quel tanto che bastava. Non era giusto, ecco. E se i suoi nemici erano per il momento troppo forti, tutto quel di cui aveva bisogno era un attimo di respiro per riprendersi e riorganizzare le proprie truppe e tornare al posto che gli spettava. E lo zar di tutte le Russie rimaste era una persona potente, tanto da non aver bisogno di iscriversi alla P2, ed era suo amico, e gli avrebbe dato una mano per ottenere un time-out.

    E fu così che alle otto e trenta di quel martedì il poveraccio si trovava a Trieste, con tutto il consueto codazzo di nani, ballerine, carfagne e scorfagne. Giullari no, che ce n’era in abbondanza sul posto. Pagliacci e buffoni, non ne parliamo neanche, peggio delle erbacce. Perché lo zar di tutte le Russie rimaste aveva annunciato che avrebbe sentito i postulanti nel pomeriggio, e strettamente nell’ordine in cui si fossero messi in fila per presentare omaggio a partire dal mattino. Di persona. Porco cane, non era il primo. Il primo della fila, che doveva essersi presentato prima dell’alba, era un tizio vestito elegante. Non si capiva bene chi fosse, nessuno sembrava saperne di più, ma era attorniato da gente in maglie, magliette, maglioni e pullover rossi, con su disegnata un alabarda bianca. Poi ce n’era un altro, anche lui circondato di gente vestita di rosso, con la stessa alabarda bianca, me questo era in una simil-mimetica molto raffinata ed aveva un sacchetto di carta in mano. Cos’erano, due fazioni opposte del partito comunista del TLT? Comunque altri davanti non ce n’erano, la plebe stava dietro.

    Ore quindici, e quel martedì sembrava lungo come un lunedì da operaio, e finalmente il primo postulante era ammesso alla corte imperiale. Contemporaneamente l’annuncio: i postulanti sarebbero stati ammessi solo fino alle sedici e trenta, poi c’erano affari di Stato da sbrigare. Ma quali affari di Stato? Quella manciata di accordi commerciali erano già stati preparati a dovere da altri nei mesi precedenti, bastava firmarli e poi scambiarsi cerimoniosamente le penne placcate oro e le pergamene, e poi comunque la cerimonia era stata già sbrigata al mattino. Cosa ci poteva essere di più importante della sorte del salvatore d’Italia?

    Poi qualcuno più sveglio degli altri, avendo riconosciuto il primo postulante, sparse la voce. Si trattava del presidente della Triestina, che andava a pietire una sponsorizzazione Gazprom per la propria squadra. Oh, ecco. Certo che entrava per primo, pensò il padrone del Milan, si tratta di pallone ed in Italia tirare pedate ad una palla ha la precedenza su tutto, anche sulle sedute del parlamento. Solo il tirare pedate a chi lavora aveva occasionalmente la precedenza. Ragionevole – basta che si sbrighino, che il tempo volava. Mezz’ora, interminabile, poi l’annuncio, facce sorridenti escono e si mettono a parlare alle telecamere. Le trattative non erano state facili, si era reso necessario spiegare allo zar perché fosse tanto importante coprire di rubli convertibili una squadretta di quarta categoria, ma alla fine qualcuno aveva sussurrato all’orecchio dello zar che anche in Italia lo sport è politica, e questo aveva sbloccato ogni ostacolo. Affare fatto, Gazprom avrebbe speso in totale meno del costo di una sola valvola del gasdotto South Stream, ed in cambio per dieci anni avrebbe avuto il proprio nome sulle canottiere della squadretta del posto. Probabilmente c’era stato anche qualche altra contropartita, ma certamente non ne hanno parlato, almeno non davanti alle telecamere. Però intanto quaranta minuti erano andati sprecati, ed il povero perseguitato cominciava ad essere impaziente, ed infastidito dal fatto di essere ancora in fila, e con un vuoto allo stomaco al pensiero che le sedici e trenta stavano arrivando inesorabili come le formiche argentine di Calvino. E c’era ancora una delegazione di postulanti davanti a lui.

    Comunque non c’era ancora ragione di cedere al panico. Questi avevano le stesse magliette rosse con alabarda di quelli prima, quindi erano un altra squadra di pallone. Sarà il Ponziana, che cerca di farsi sponsorizzare da Lukoil per tornare a fare il derby cittadino? Basta che si sbrighino, allo zar non occorrerà rispiegare il nesso tra sport e politica, quindi potrebbero farcela in mezz’ora o anche meno. Il che lascerebbe ben quindici minuti per proporsi come ambasciatore in Vaticano, o a Montecarlo, o dovunque meno che in Italia o in Egitto. A pensarci bene, meglio schivare anche la Spagna di Garzòn. Basta che si sbrighino.

    Dieci minuti. Venti. Mezz’ora. Ancora non escono. Ma perché ci mettono tanto, per una squadretta di periferia? Cosa vogliono, la sponsorizzazione anche sui calzini? Ma glieli pago io i calzini, basta che si diano una mossa. Tre quarti d’ora. Ditegli di sì, che va bene anche la scritta in cirillico, incassate l’assegno e toglietevi di torno, che il tempo vola. Santo cielo, perderemo mica il salvatore d’Italia per una squadretta di quartiere?

    Esce un funzionario. Anziano, è uscito a prendere aria perché dentro fa caldo come in un isba siberiana col caminetto acceso dopo la terza vodka, ed anche perché un po si vergognava dello spettacolo dei questuanti. Ponziana? Squadretta? Pallone? Ma quale squadra di calcio, quelli dentro che stanno facendo la figura da impiastri come ronzinanti davanti ad un mulino a vapore sono i rappresentanti del vero popolo triestino, o almeno come tali si sono presentati prima di attaccare con la storia del dopoguerra in centocinque puntate! E stavano spiegando allo zar di tutte le Russie rimaste che aveva l’obbligo morale, ma anche e prima di tutto legale, di mandare a quel paese i trattati commerciali che aveva appena firmato e di forzare invece il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ad riaprire una questione chiusa da decenni perché altrimenti si arrabbiavano. E che dalla faccenda non ci avrebbe guadagnato niente, se non la loro gratitudine per aver fatto la cosa giusta.

    E fu così che lo zar di tutte le Russie sopravvissute a lui ed ai suoi predecessori, che aveva riportato volente o nolente il suo paese allo status di potenza, che aveva recentemente ristabilito l’ordine nell’immediato vicinato a suon di cannonate, che aveva non più di un mese prima incasinato e ridicolizzato la maggior potenza mondiale in Siria per poi fare sfoggio di magnanimità e offrile una via d’uscita per salvare la faccia, che pochi giorni prima aveva sconfitto l’Unione europea nel braccio di ferro per mettere sotto tutela l’Ucraina, si trovò a dover stare a sentire dei gentiluomini che gli dicevano che doveva fare questo e quello in nome di un porticciolo che in Russia sarebbe stato il quarantasettesimo della Federazione per importanza, circa un quarto delle dimensioni di Novorossijsk, ed ogni volta che riusciva ad interromperli con una domanda, nel vano tentativo di capire se quei tizi erano la versione locale di Candid camera venuti a prenderlo in giro o avevano effettivamente fumato qualcosa di particolarmente esotico, quelli gli rispondevano leggendogli tutto quanto il Trattato di pace del 1947, allegati, lettere accompagnatorie e ghirigori a bordo foglio compresi. Sempre per due volte, che volevano essere sicuri avesse compreso le implicazioni di secondo ordine ed i sottintesi impliciti.

    Sedici e trenta, di quel fatidico giovedì. Lo zar alza la mano ed interrompe. Ha deciso. Portare quel carnevale al Consiglio di sicurezza, non se ne parlava neanche. Non si diventa zar di tutte le Russie facendosi ridere dietro dal resto del mondo. E poi, la faccenda avrebbe potuto infastidire e magari rendere la vita difficile all’ENI, che era un socio importante nel progetto South Stream, e South Stream era qualcosa di grosso, di più importante dell’Abhazia e dell’Ossezia, era la possibilità di controllare le fonti energetiche di una parte importante dell’Europa, era una partita a scacchi dalle implicazioni globali, e non avrebbe messo a rischio tutto quanto per un posto che non si era accorto di aver smesso di essere importante.

    Però una soluzione c’era, perché fa parte della figura professionale del buon sovrano il trovare comunque un contentino per quanti si affidano speranzosi alla sua generosità. Trieste sarebbe rimasta dov’era, ma ai triestini insofferenti dell’attuale collocazione geopolitica avrebbe offerto un’alternativa, una nuova patria dove essere almeno nominalmente indipendenti. Un posto adatto, anzi perfetto, c’era. Un porto di mare, e senza porti concorrenti nel raggio di mille chilometri. Con la bora d’inverno, e con colline alle spalle della città, e una centrale nucleare a breve distanza, insomma una fotocopia di Trieste. Il posto aveva già un nome, Pevek, ma se i neo indipendenti volevano chiamarlo Novi Trst andava comunque benissimo. Fatto, ora avanti ad occuparsi di problemi seri. L’Iran, dall’altra parte del Caspio, aveva appena firmato un accordo con europei e americani. Quali sarebbero state le implicazioni? Tolte le sanzioni poteva finalmente vendergli quei sistemi di difesa aerea? E se potevano riprendere ad esportare greggio, ne avrebbero abbassato il prezzo coinvolgendo le esportazioni russe? E se ricominciavano ad incassare valuta, un paio di squadriglie di MiG, magari con lo sconto? Un posto complicato, il pianeta.

    Fuori, al freddo, il perseguitato cominciava a rendersi conto che anche il suo mondo si era fatto molto più complicato. Con incredulità aveva guardato lo zar chiudere puntuale la questua ed andarsene. Ma come? Puntuale e fiscale, in Italia? E la tradizionale tolleranza? Ed il quarto d’ora accademico? E la loro lunga amicizia? “Amico!”, aveva gridato guadagnandosi occhiate sospettose dagli spetsnaz della guardia del corpo. Ma l’amico non si era voltato, non lo aveva riconosciuto, non gli aveva offerto un ancora di salvezza, non lo aveva fatto ambasciatore di un paese serio e potente, non aveva neppure rallentato il passo. Game over. E dire che aveva pure comprato un corso di francese su DVD, per poter fare veramente il diplomatico, ed aveva cominciato a leggere un libro. Va bene, era un libro qualsiasi e si era trovato incagliato dopo l’introduzione, ma la buona volontà ce l’aveva messa tutta, ed invece… Finita. Tutta colpa di quei tizi, manco a dirlo rossi, con le loro alabarde. Restava solo la scelta tra Hammamet e l’umiliazione. Oppure scappare, rifugiarsi dove nessuno l’avrebbe mai trovato. In montagna, nella Carnia dell’amico Tondo, con una tenda e un sacco a pelo? E cos’era quel rumore ritmico, sincopato, che nessun altro pareva notare?

    Era solo un cavo del pontone Ursus che sbatteva sulla struttura metallica sotto la sferza della bora, ma a Capitan Uncino ogni ticchettio sembra un coccodrillo affamato. Sarà magari che anche l’Ursus, alto com’era e sbattuto dalla bora, aveva poggiato con un movimento grave ma misurato, che ad un occhio sospettoso sarebbe potuto sembrare un inchino allo zar in allontanamento. Ma c’era quel ticchettio coccodrillesco, ed un alligatore tutto sommato è sempre un dinosauro sopravvissuto al meteorite – sempre e comunque affamato, e allora via di corsa prima che si avvicini troppo, via verso il Nord, dove organizzare l’estrema resistenza contro l’inevitabile. E tutto per colpa di quel tizio in mimetica, Ma quel Trattato di pace non potevano farlo stare in quattro pagine, dovevano proprio farlo lungo come un lunedì? Se solo si fosse messo in fila un ora prima, la mattina: adesso avrebbe avuto un passaporto diplomatico, ed un posto alla destra dello zar. Maledetti indigeni – dove s’è mai visto un triestino alzarsi presto la mattina, e per mettersi in fila pure. C’e l’avevano con lui, tutti quanti.

    La strada la sappiamo tutti: seconda stella a destra, e poi dritto fino a Tolmezzo. Chi dice che Tolmezzo non è l’Isola che non c’è ha perfettamente ragione. Tolmezzo è il classico posto che non c’è, senza bisogno di un mare attorno, e se c’è o non c’è non è che si noti alcuna differenza. Però, per non esserci, è posizionato bene. C’è un ristorante, famoso solo perché l’oste fa – purtroppo – tutt’altro nella vita. C’è il campo di volo di Elifriulia, che ad uno che scappa ed ha soldi può fare comodo, anche se fino a Hammamet ce ne vuole. C’è l’autostrada per la Carinzia. Se non fosse solo femminile verrebbe utile anche il carcere, in questa storia, ma che ci volete fare, nessuna fiaba è perfetta.

    E qui finisce la parte ufficiale, registrata e documentata della visita sull’Adriatico dello zar di tutte le Russie rimaste. Qui finisce anche la storia della contemporanea gita triveneta di un altro tizio, di cui (speriamo) non sentiremo più parlare – a meno che non si presenti in serata su TeleFriuli promettendo in marilenghe di abolire la tassa sulla distillazione della grappa (in questo caso lo voto anch’io).

    La parte ufficiale, infatti. Come in ogni racconto che si rispetti, metà romanzo giallo e metà fiaba da buonanotte, restano delle parti che non si raccontano… ancora. Un po perché un autore deve sempre lasciarsi degli appigli per un eventuale seconda puntata; un po perchè certe volte uno decide di non infierire e lascia fuori particolari imbarazzanti per chi è già abbastanza nelle peste. Ed, ovviamente, perché quando si parla di faccende di Stato di solito quello che raccontano a noi comuni mortali è una minima parte di quanto va succedendo. Il resto ce lo dicono tra cinquant’anni, e leggendolo ci metteremo a ridere al solo pensiero di quante cose ci sono passate sotto al naso senza che ce ne accorgessimo. E alla fine, ad archivi aperti, toccherà agli storici spiegarci il significato di quanto ci siamo persi. A meno che anche in quel lontano futuro continui l’andazzo odierno, dove i baroni del settore non rispondono alla questione di quanto faccia due più due prima di essersi accertati di quanto si vuole che faccia, a scapito di conseguenze per la propria baronia.

    Però a noi poveracci restano sempre, inevitabili, le voci di corridoio, i sussurri di personaggi che si dicono informati, le illazioni indimostrabili, le chiacchiere da bar. Questo nessuno è in grado di levarcelo, e certe volte a mettere insieme dettaglio su dettaglio si riesce ad intravedere la luce del sole.

    Dicono, per esempio, che quando il convoglio del circo diretto a Tolmezzo è passato all’altezza di Udine da un capannone della Fiera si sia levata una sonora pernacchia. Dicono, perché questa è una di quelle cose che dopo è impossibile dimostrare sia successo davvero. Sonora? Si fa per dire. Un colibrì è un affare piccolo piccolo, e la pernacchia di duecento colibrì comunque non si sente a venti metri. Ma dicono, comunque, che c’era un tizio strano, un tacchino dall’accento triestino e con gli occhiali da sole anche la sera ed un auricolare all’orecchio destro ed un orecchino ad anello su quello sinistro, che quel giorno era passato a trovare i colibrì esuli da Miramare e a dirgli che proprio in quel momento, sull’autostrada, stava passando quello che aveva promesso solennemente e pubblicamente di risolvere la loro tragicommedia. Ora, direte voi, cos’è una pernacchia di duecento colibrì rispetto ai gasdotti, ai rigassificatori, alle rubacuori? Ah, ingenui voi. Le pernacchie di colibrì, il rumore di un albero che cade in mezzo al bosco, gli applausi di una mano sola ed i sorrisi dei bambini sono il solo motivo per cui ogni mattina il sole decide di uscire da sotto le coperte e sorgere e rompere le scatole a galli e girasoli. Questo non lo troverete scritto sui verbali delle sedute ne nelle tesi di laurea, ma non è per questo meno vero. Chiedetelo al sole.

    Dicono anche che ci fosse un altro tizio che gridava per attirare l’attenzione dello zar quando se ne andava. Triestino dall’accento, di media età, segni particolari nessuno, moderatamente agitato. Sembra che gli sia riuscito almeno di attirare l’attenzione degli armadi semoventi della scorta, e che si sia rivolto a loro in un misto di italiano e triestino con occasionali vocaboli in sloveno e croato sgrammaticati e dall’accento atroce, chiedendo loro se sapessero qualcosa sulla sorte di sua cognata. Sembra, a dire di quanti erano a portata d’orecchio, che questa cognata sia uscita un giorno a comprare le sigarette e che non avesse fatto più ritorno a casa, e che qualcuno l’abbia vista imbarcarsi sul traghetto per Istanbul. Ora il tizio, insistendo sul fatto che sul mappamondo la Russia sia più o meno vicina a Istanbul (che lui, a dire il vero, chiamava coll’antico nome slavo di Tzarigrad – città degli zar – che non si usa più dal Medioevo) e che comunque il Patriarca di Mosca e quello di Costantinopoli erano in buoni rapporti, chiedeva loro se sapessero che fine avesse fatto questa cognata. Che da quando i traghetti da Trieste al massimo vanno in Albania non poteva neanche seguirla per vedere cosa le era capitato. Dicono anche (quelli a portata d’orecchio) che gli armadi di scorta erano yakuti dalla Siberia orientale e tatari, già in difficoltà per conto loro con il russo scolastico, figurarsi croato pronunciato alla triestina, e che quindi probabilmente non hanno capito un accidente di tutto quanto il discorso. Non gli hanno detto che lo spiezzavano in due, comunque, quindi tutto è finito bene, tranne che per il mistero della cognata che persiste. Meno male, perché a vedere gli armadi uno direbbe che non avevano alcun bisogno di alzare le mani per spiezzare qualcuno, gli bastava lo sguardo di ghiaccio.

    Dicono anche che a fare da balia allo zar non ci fossero solo gli armadi semoventi, ma anche un gruppo di giovanotti meno appariscenti, meno ingombranti, che giravano in un cerchio più ampio rispetto ai primi e lo facevano con quell’aria di finto rilassamento proprio dei cultori di arti marziali. Si sussurrava che fossero i compagni di allenamento dello zar, quelli con cui praticava judo e taekwondo, tutti o quasi suoi compagni di accademia di quello che ora si chiama FSB, il servizio di sicurezza federale, e che una volta si chiamava KGB. E tra loro un tale alquanto diverso dagli altri, un tacchino che sembrava conoscere bene la città. Vestiva sportivo come gli altri, e quanti se ne intendono dicono che portava abiti firmati Sergio Tacchini, e ad un certo punto aveva fatto l’occhiolino ad una vigilessa e quella era rimasta pensierosa senza riuscire a rammentare dove avesse già visto quel tacchino dall’aria conosciuta. Dicono pure che il tacchino misterioso, e qui nessuno riesce a spiegare come facciano a saperlo, c’era rimasto male quando l’intera questione del TLT era finita com’era finita, perché conosceva ed apprezzava la città e alla carica di Governatore del TLT un pensierino ce l’aveva fatto. Boh.

    Qui finisce la storia di questi giorni freddi e convulsi, e fra un paio di settimane avremo dimenticato tutto quanto. Che in verità, di avvenimenti degni di essere ricordati non c’è n’è neanche l’ombra, tacchini, cognate e colibrì a parte. Nessuno metterà fuori una targa con scritto Vlad Putin ha dormito qui, nessuno racconterà ai nipoti attorno al caminetto del giorno in cui lo zar di un paese largo otto fusi orari ha dato retta ai portavoce di un territorio fantasma largo come una passeggiata pomeridiana, e se qualcuno mai scriverà la storia improbabile del tacchino misterioso a leggerla saranno solo i tacchini ed i colibrì. Ma se fate i bravi magari tra un poco, per Carnevale, vi racconto il seguito della storia. Perché tra la commedia andata in scena a Trieste in questi giorni ed il Carnevale la differenza principale è che a Carnevale i bar sono aperti. Magari ci ficco dentro qualche scena un po più piccante, per carità sempre sul soft – dicono faccia bene alle vendite. Secondo voi la fatidica cognata scomparsa ci starebbe?

  52. nevionmusson ha detto:

    e bravo Ufo te ga scoverto i altarini de sta banda de … me ga piasso . Parlando seriamente sto vertice no me par casuale a Trieste visto che se parla de energia, gas e forse se risponsorizza el rigassificator….La protesta, come za sentido, podeva esser sincronizzar i orologi, magnar fasoi cole crodighe e al ora X MOLARLA tutti insieme…. altro che gaz…prom!

  53. mario binario ha detto:

    @54 el rigassificator (gasnatural) jera/xe in concorenza coi gasdotti gazprom. piu’ facile pensar che desso invece de un rigassificator dela gasnatural podessi saltar fora un liquefator dela eni/gazprom. magari col silenzio assenso de “la stragrande maggiornaza del popolo triestino” in cambio dela promessa de una parolina al cds onu 😉

  54. mario binario ha detto:

    oviamente una parolina da pronunciar “forse domani” – espression russa intraducibile.

  55. Fiora ha detto:

    @51
    e bravo Ufonostro! i due piciulàt nostrani rive droite ormai non ti ispiravano, ci voleva che si scomodasse cotanto piciulàt straniero per stimolarti l’inventiva…
    bon indiferente!
    A supportare i tuoi auspici circa l’esito dell’augusta visita sarà a mia cura e a mio carico l’accensione di un paio di candele nella vicina parrocchia.
    in cattedrale, no!Arrivarci oggi sarebbe una sorta di cammino di santiago.

  56. giorgio (on work) ha detto:

    grazie Ufo, per il racconto che mi ha fatto cominciare questa giornata con un sorriso.

  57. capitano ha detto:

    #53 commento dell’anno!

    Al bar i più anziani che il tale non si sia fermato a Tolmezzo ma avesse proseguito verso un paesotto di 800 anime sulle sponde di un affluente della Drava. Il problema per il nostro fu non accorgersi per tempo che “La strada non è ancora correttamente mappata nei nuovi sistemi di navigazione.” come riportava il sito del ben noto centro benessere.
    Nessuno lo ha mai visto nei 7000 mq della spa, le autorità austriache negano che abbia mai attraversato il confine. Ancora oggi antropologi di tutto il mondo riportano questa storia per chiarire l’origine delle leggende sugli gnomi dei boschi alpini.

  58. ufo ha detto:

    Forsi perché i lo zercava ale terme. Se i dava un kuk poco più vanti (NSFW) secondo mi i lo becava (magari travestì de soldato tedesco come quel altro ciondolo a Dongo)…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *