#11ottobre,#12ottobre,#18ottobre,#19ottobre ovvero 60. Per la cabala folcloristica è il lamento, il lamento d’autunno.
Iniziative inizialmente sconnesse, poi connesse dal filo di quella voglia di segnare anche in questo autunno un ricordo, una speranza, una immagine, un coro, una voce, un grido che scalfisca sulla più dura pietra carsica il lamento che non sia tormento ma l’atteso amen di questo capitalismo sempre più cinico e bestiale.
Il lamento d’autunno perso tra quei colori, ora verde e giallo ora marrone che segnano le varie stagioni di una foglia di questa terra, schiaffeggiata dalla bora, accarezzata dalla notte, svegliata dall’alba di un giorno dove la speranza di edificare un futuro non più precario è e sarà vita.
Il lamento d’autunno , ove diritti sempre più storti, ove ogni dunque è smarrito nell’essere qualunque, ove ogni ego è solo eco del proprio individualismo.
Stagione obbligata, stagione desiderata, stagione matura, stagione dura.
E’ autunno, parleremo, scriveremo, lotteremo e comprenderemo se questo autunno sarà solo un tipico manifesto temporale oppure il manifesto epocale.
60, il lamento d’autunno ha inizio.
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