8 Ottobre 2013

Il caso dei Casoni Quarantia di Staranzano

Chi li chiama baracche, chi depositi, chi seconde case, chi semplicemente casoni.

Nei pressi dell’ara lagunare della foce del fiume Isonzo verso la fine degli anni Quaranta sorsero dei depositi da pesca, poi dei casoni prevalentemente in legno, ben inseriti nel contesto lagunare, dai diversi colori ma anche odori.

Il tutto avveniva con il beneplacito iniziale delle amministrazioni allora vigenti.

Poi vennero edificate altre costruzioni, in cemento, che nulla avevano a che vedere con lo stile e la bellezza propria dei casoni tipici di quel contesto lagunare, ed addirittura ad un proprietario venne data in concessione un piccolo isolotto ove ancora oggi esiste una villa.

Poi nel 1996 venne istituita la riserva naturale della Foce dell’Isonzo diventando dunque quella zona un’area naturale protetta del Friuli-Venezia Giulia e battaglie dopo battaglie si arriverà alla sentenza del Consiglio di Stato del 2013 che pur riconoscendo “checiò che rimane è solo un personale e soggettivo giudizio degli istanti di non condivisione delle valutazioni estetiche e paesaggistiche espresse dall’Amministrazione competente, in sé rispettabile ma inidoneo a legittimare una revisione giurisdizionale di esse”, aprirà la via alla demolizione della quasi totalità dei casoni. Cosa che sarà inevitabile anche qualora verrà confermato il recente inserimento di quell’area nelle Zone Speciali di Conservazione della UE.

Si può fare di tutto il fieno lo stesso covone?

Certamente no.

Le sentenze vanno rispettate, quella sentenza era inevitabile stante la legislazione esistente, però delle considerazioni sono dovute.

Vi sono edificazioni che certamente devono essere demolite, in primis quelle in cemento, ed a tal proposito è singolare evidenziare come, per quello che è almeno emerso, nessun disturbo sembra aver recato la villa collocata nell’isolotto che si pone tra i casoni e l’isola della Cona, ma non tutti i casoni dovrebbero essere demoliti, anzi andrebbero rivalutati perchè di una bellezza unica.

Non sono né ville né seconde case, come qualcuno ha voluto fare intendere, chi ha edificato i primi casoni non era certamente un qualcuno che può farsi rientrare nella categoria dei ricchi o straricchi, anzi. La vera questione che ha ruotato intorno alla vicenda dei casoni deve essere letta in connessione con la volontà di realizzare posti barchi a Punta Barene. Nei pressi dei casoni vi sono stati diversi posti barca usufruiti, quasi esclusivamente, da operai e ceto sociale certamente non ricco. L’accelerazione che ha subito il processo di realizzazione dei posti barca in località Punta Barene, che comporta ovviamente la distruzione dei posti barca collocati lungo il canale ove sorgono i casoni, è un qualcosa che non può essere scisso dalla vicenda lunga diversi decenni, di diversa conflittualità, che ha riguardato quella zona. Già perchè in prossimità dello sbocco a mare del Canale Quarantia, sono previsti circa 416 posti barca oltre a tutti i servizi connessi ivi incluso il parcheggio, ed i costi saranno difficilmente affrontabili dai cittadini comuni e non benestanti.

Chi vorrà un posto barca in quella zona dovrà pagare e tanto.

Si è tollerata in qualche modo e per lungo tempo la vicenda del presunto abusivismo dei casoni, certo per la Giurisprudenza sono abusivi, ma io mi chiedo perchè quando sono stati costruiti nulla è stato eccepito? Eppure nel marzo del 2011 sembrava che la situazione fosse giunta ad una sorta di compromesso politico.

Infatti, emergeva che i casoni ben potevano convivere con la Riserva naturale della foce dell’Isonzo e con la vicina Isola della Cona, perché nessun disturbo concreto hanno creato alla fauna lì esistente nè prima e nè dopo l’istituzione della riserva naturale, purché il tutto avvenisse nel rispetto delle normative vigenti, ovvero si dovevano autorizzare le migliorie previste. Ed i casoneri erano ben disponibili ad effettuare tutte le migliorie e gli adattamenti del caso. Ma sono stati bloccati dalla burocrazia.

E ciò lascia ben intendere che la situazione è complessa e non si può liquidare come semplice abusivo chi ha edificato e difeso certi casoni. Cosa è mutato nel corso di questi due anni? Ovvero dal 2011 ad oggi? Con qualche colpo di ruspa verranno spazzati via in un colpo solo anni di sudore, passione, ovviamente mi riferisco ai casoni “storici” e “tipici” e non certamente a quelle strutture che sono diventate baracche od a quelle in cemento, ed il paradosso è che questi cittadini ora rischiano anche di accollarsi ulteriori spese per le demolizioni e sul punto è necessaria una ulteriore riflessione. Se i ricorsi sono stati depositati è anche perché la politica ha offerto delle garanzie di mediazione e di intervento, come confermato da diversi interventi pubblicati sulla stampa nel corso degli anni, che lasciavano presagire la non demolizione di alcuni casoni. I ricorsi sono serviti per “prendere tempo” . Ma poi qualcosa è mutato, ed i cittadini se non avessero avuto certe manifestazioni di disponibilità a risolvere la questione in modo diverso, certamente avrebbero provveduto alla immediata demolizione,con costi ovviamente inferiori rispetto a quelli attuali, e pertanto sarebbe giusta se non dovuta una partecipazione alle spese di demolizione da parte delle Amministrazioni interessate, stante la complessità e la particolarità della situazione, ciò anche perché se ai casoneri non è stato impedito di edificare quelle strutture un motivo vi sarà, se il problema dell’abusivismo è sorto solo tardivamente un motivo vi sarà,se è emersa la possibilità di salvare diversi casoni un motivo vi sarà.Vi è dunque anche una corresponsabilità degli Enti Locali medesimi. Non si può liquidare tutta questa vicenda come una semplice questione di abusivismo.
Suggerisco, infine, di visionare questo trailer di un cortometraggio, Polvere, con Francesco Carnelutti, Davide Del Degan, Maria Grazia Ghetti, regia di Ivan Gergolet, girato proprio nell’area dei Casoni.

 

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11 commenti a Il caso dei Casoni Quarantia di Staranzano

  1. Kaiokasin ha detto:

    “emergeva che i casoni ben potevano convivere con la Riserva naturale della foce dell’Isonzo e con la vicina Isola della Cona, perché nessun disturbo concreto hanno creato alla fauna lì esistente nè prima e nè dopo l’istituzione della riserva naturale”.
    Ma chi ha detto questa sciocchezza?! Qual è la fonte? Su che basi scientifiche si può dire che quella vastissima baraccopoli non comporta conseguenze all’avifauna, con tutto quel traffico nautico e a terra, l’attività di rimessaggio, gli scarichi delle baracche direttamente in acqua, la modifica delle sponde (spesso ottenuta con lastre di eternit, come in cemento amianto sono moltissimi tetti). Prima degli anni ’50 esistevano delle capanne di pescatori a Punta Barene e praticamente null’altro, ci sono foto aree che lo dimostrano e sono state portate nei procedimenti giudiziari. Negli anni del boom edilizio alcuni si sono impossessati di aree demaniali, beni comuni di tutti noi, per i loro usi privati, non c’è nulla di tradizionale o tipico. Richiamare l’istituzione della Riserva o della Zona di Conservazione Speciale è una castronata, una cosa è la tutela naturalistica altro sono le leggi paesaggistiche che impongono di eliminare la baraccopoli (qui si è calpestata la Legge Galasso 431/85). Riguardo poi la proposta di applicare le leggi in base al censo (i casoni e i posti barca dei benestanti, che non sono pochi, vengano abbattuti, quelli dei meno abbienti salvati) è piuttosto aberrante: la legge dovrebbe essere uguale per tutti, se non è cambiato qualcosa negli ultimi giorni. La domanda piuttosto dovrebbe essere: perchè a molti mesi dalla sentenza le baracche sono ancora lì e quest’estate molti “furbetti” continuavano tranquillamente a fare le loro grigliate nell’area protetta? PS mi rendo conto di essere uno sciocco, Barone vuole solo la polemica e quindi si butta su questi argomenti che conosce molto poco, tanto per fomentare discussioni fini a sé stesse, facendo a chi grida di più, tipo talk show televisivi… Sarà anche finito Berlusconi, ma il berlusconismo…

  2. Kaiokasin ha detto:

    “è stato accertato, senza una seria smentita ex adverso, che la stragrande maggioranza dei “casoni” in discorso è stata edificata solo negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, con l’eccezione di una sparuta minoranza che risale a non prima dei tardi anni Quaranta o degli anni Cinquanta dello stesso secolo.
    Pertanto, risulta smentita la tesi di fondo degli appellanti in ordine all’essere i “casoni” parte del paesaggio lagunare in quanto testimonianza storica delle antiche attività di pesca, di modo che alcuna carenza od omissione può ascriversi alla condotta dell’Amministrazione preposta al vincolo paesaggistico, la quale ha preso in considerazione i manufatti in discorso come nulla più che dei meri abusi edilizi (ancorché piuttosto risalenti nel tempo)”.
    Sentenza del Consiglio di Stato del 11/03/2013

  3. John Remada ha detto:

    Barone,come al solito le tue uscite sono incomplete;una volta c’erano anche le regole,e qualcuno le rispettava,se pescatori,o nel caso di capanni da caccia,per la precisione uno,in località sacavan,chi aveva il cason era in regola,ma pochi;tutto il resto sono i classici furbetti di turno,e anche testardi visto l’andazzo;quindi chi è abusivo non ha scusanti,come chi lo ha lasciato fare,ma quì le prescrizioni varie avranno già seppellito il tutto.

  4. Denis Furlan ha detto:

    Ma perfavore…
    Andate a farvi un giro là di domenica, trovatemi uno che pesca.
    I casono sono il giardino estivo di chi vuol farsi la grigliata in compagnia senza rovinare il prato di casa.

  5. John Remada ha detto:

    Giusto,ma in origine non era così,poi si sa,le ragioni di comodo fanno comodo….tutti diventano ecologisti,ambientalisti e se non c’erano loro a fare la barba agli alberi….

  6. ZERIAL SERGIO ha detto:

    L’altra settimana sono stato a punta Sdobba, con grande meraviglia ho rivisto ancora tutte le casette fatte di cemento con i tetti di amianto,
    sgretolato, c’erano anche dei cartelli del comune di Monfalcone con tanto di direttore dei lavori per lavori di ammodernamento, mi domando chi sono quelle persone che vivono con l’amianto sul tetto, e dove sono le autorità preposte per fare una bonifica totale in aspettativa di cosa fare di questo schifo di case,

  7. Federica ha detto:

    Non entro nel merito, pero’ dico solo che non servono altri posti barca per ricchi sfondati….

  8. John Remada ha detto:

    Ormai gli articoli di barone marco arrivano a 5/8 commenti….barone torna al cie,tre dei tuoi sono in galera e presto saranno espulsi….non parli più di queste situazioni?

  9. John Remada ha detto:

    (ANSA) – CATANIA, 22 OTT – Resta alta la tensione attorno al Cara di Mineo, e adesso anche al suo interno da dove è stato fatto uscire il personale civile. Migranti hanno danneggiato un furgone e un’ambulanza della Croce rossa, mentre polizia, carabinieri e guardia di finanza presidiano la struttura. Scene di guerriglia si sono registrate nelle campagne vicino al Cara, con lanci di massi contro le forze dell’ordine, ma anche di automobilisti in transito. Diverse strade sono bloccate per la presenza di pietre.
    Barone marco….che ne dici di mettere casoni con buone sbarre e porte di ferro pieno? Potremo svuotare gli odiati cie/cara!

  10. John Remada ha detto:

    Povero mona…..mi fai compassione,quanto sei partito….quindi nessun consiglio per te.

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