4 Ottobre 2013

I libri della Fenice e la cultura da salvare

Pupolo di Michele Zazzara

In pochi giorni lo scandalo dei libri della libreria Fenice (un nome tuttavia di buon auspicio) destinati al macero ha fatto il giro della città e probabilmente la notizia si è estesa anche oltre Isonzo e Rio Ospo.
Ora è possibile acquistare i libri al 10% del prezzo di copertina contattando il curatore fallimentare. La lista dei libri è a questo link, la mail del curatore Giancarlo Crevatin si trova invece a questo link. E questo è bene.
La questione dei libri della Fenice mi ha procurato una notevole crisi d’identità e sdoppiamento di personalità e tutte quelle robe psicologiche sindromiche traumatiche sinusitiche.
Sono un lettore accanito dalla nascita, da qualche anno un autore, e infine sono diventato un editore. Se aggiungiamo la Botega online di libri e cultura locale, sono anche un distributore e così chiudiamo il cerchio (se servi, so anche far patate in tecia). E qua i diversi animi si scontrano.
Da un lato la questione culturale e sentimentale. Da lettore l’idea che 80000 libri (erano 80000? no me ricordo, ma no ga importanza desso) vadano al macero mi sembra uno scandalo, uno spreco e un crimine contro l’umanità. Un “nosepol” buono. E su questo credo e spero che concordiamo tutti.
Da autore dico “Bene! Così i libri potranno seguire il loro giusto destino, essere letti!”.
Poi arriva però la questione imprenditoriale (oh mio dio, speravo di non usare mai nella mia vita questa parola dai richiami così berluconiani!): quei libri per gli editori e le altre librerie diventano una perdita. Piccola per i grandi, grande per i piccoli.
Non amo le generalizzazioni, per cui inizierò dal caso che conosco meglio, quello di Bora.La, per poi allargare il discorso.
Da due anni noi di Bora.La pubblichiamo libri, dvd e cd. Lo facciamo a fatica, per passione, per voglia di sostenere la cultura locale e per dare il meritato spazio ai giovani che lo meritano e che sanno quanto è difficile trovarlo. Lo facciamo contando al millesimo le spese, quanti numeri da stampare, l’ottimistico ritorno che ci servirà per i progetti futuri, per i prossimi autori e i prossimi sogni. La fortuna ci ha sempre assistito e i nostri prodotti sono sempre stati un successo. Parlo di “El libreto rosso de Cosolini”, libro comunitario, dei miei e di Michele Zazzara “Zinque bici, do veci e una galina con do teste” e “Polska… rivemo!”, di “Per bon, for real” di Ricky Russo e del cd di Maxino “Ciano mitraglia ed il civapcicio del destino” (bon, pubblicità non-occulta, ma adesso torno in tema :P). La fortuna in realtà non basta. Ci è sempre andata bene perchè siamo sempre stati assistiti dall’entusiasmo e dal sostegno delle persone, delle librerie (Fenice in primis), della stampa e dei lettori, protagonisti insostituibili del passaparola, pubblicità fondamentale per noi.
I libri che sono stati venduti alla Fenice negli ultimi mesi prima del fallimento, e che mai incasseremo, sono per noi una perdita. I libri che verranno venduti al 10% saranno un’ulteriore perdita, in quanto magari potevano essere comprati in altre librerie al giusto prezzo e con il giusto ritorno per noi (che di quel 10% a occhio non vedremo niente). Al momento le nostre rimanenze non risultano nella lista comunque, forse perchè sono lì in conto vendita e quindi recuperabili (con un po’ di burocrazia azzeccagarbuglica nel mezzo) o forse perchè non ancora catalogati. I numeri sono comunque fortunatamente piccoli, anche se per noi sono significativi.
Tuttavia, è il principio che ha delle grosse complicanze che forse sfuggono se non ci si sofferma un attimo.
Il punto di vista da editore mi porta a pensare che in futuro bisognerà fare più attenzione, cercare maggior sicurezza nel ritorno, essere più accorti, quindi produrre meno, quindi assecondare meno sogni e, in fondo, sostenere meno la cultura locale. Di rimando, da autore penso: “Ostia, allora sarà più difficile pubblicare un libro. Allora forse non sono così contento di questa decisione”. Di rimando, da lettore penso: “Ostia, mi piacevano i libri pubblicati da questi piccoli editori, è un peccato che non riescano a farne di più, ci sono tanti giovani autori che meriterebbero spazio!”.
In pratica, esclusa a priori l’assurdità del macero, avrei preferito la donazione ad associazioni, biblioteche, scuole o altro. Ma va bene anche questa soluzione, pur di evitare il rogo della cultura.
Ciò che volevo dire con questo mio intervento, che purtroppo è una di quelle ovvietà di cui ci si dimentica sempre fino al punto di non ritorno, è che non si salva la cultura impedendo il macero di 80000 libri. Così si salvano 80000 libri (il che è comunque bene). Per salvare la cultura bisogna ricordarsi di quei libri ogni giorno, in libreria, prima del fallimento di quest’ultima e con essa di tutto un sistema a lei legato. Come al solito, prevenire è meglio che curare. E, in questo caso, non si tratta nemmeno di cura, ma di recupero delle salme.

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20 commenti a I libri della Fenice e la cultura da salvare

  1. Giorgio Davanzo ha detto:

    Dal 2007 sono il felice possessore di un e-book reader con inchiostro elettronico.
    Leggo (a mio giudizio) abbastanza, e non sento affatto la nostalgia della carta…

  2. Martina ha detto:

    Diego, fa funzionare il link con l’elenco dei libri, te prego!

  3. Fiora ha detto:

    @1
    …quando avevo indicato in questa,la causa precipua del crollo delle vendite “cartacee”, ne ho lette di spiegazioni ,una più astrusa dell’altra…
    la rivoluzione per me è di tutto il mercato tradizionale e mi riferisco anche agli acquisti on line di generi i più disparati.
    i punti vendita tradizionali sono destinati a sparire

  4. Diego Manna ha detto:

    @2
    orpo, vero!
    sistemato! 🙂

  5. Martina ha detto:

    Diego sono d’accordo su tutto. Ma vorrei solo far notare quanto costa mediamente un libro. Tanti soldi. Quindi magari la voglia di leggere c’è, ma non ci sono i denari, e si usano le biblioteche( che evitano l’accumularsi di tonnellate di carta in casa)e i libri digitali. Forse è necessaria una riflessione sull’editoria e i suoi costi di produzione; e sul sistema di distribuzione. Le librerie ben fornite rischiano molto, credo, ma sono il sogno di ogni accanito lettore. E però, se anche trovi su uno scaffale, che ne so, i Viaggi di Ibn Battuta, una vita che desideri leggerlo, e costa 30 euro, e tu ne hai appena speso 300 in testi scolastici (che butterai perché non valgono una cicca: visto il servizio Rai sui sussidiari dove si dice che l’Isonzo nasce nelle Alpi Carniche, che il FVG, il cui personaggio tipico è lo spazzacamino, produce peperoni da paprika e ha un grosso centro portuale a Grado?)capisci che di questi tempi sospiri e rimandi?

  6. Mauricets ha detto:

    1

    Giorgio Davanzo
    fintanto che vi è energia.

  7. Diana ha detto:

    Non son d’accordo. Se i libri xè in conto vendita e se voleva la restituzion bastava semplicemente far (con le dovute formalità che NON xè assolutamente impossibili!!!) la domanda de rivendica, e se i beni xè nella disponibilità del fallimento (e i lo xè perché i xè nell’elenco) i vien restituidi… El fallimento xè de aprile, semo in ottobre… in sei mesi una pec se rivava mandar.

  8. Siani ha detto:

    Sono libraio in una grande catena ed editor di una piccolissima casa editrice. Preferisco i libri di carta, ma comprendo chi passa al digitale. Questa mia duplice professione mi permette di conoscere i costi dei libri, indubbiamente alti, ed anche i motivi di tali costi. Dietro a un libro non vi sono solo i diritti d’autore ed il guadagno, peraltro basso, dell’editore. Dietro a un libro vi sono la cartiera, la tipografia, la legatoria, la casa editrice, la rete distributiva fatta di grossisti e librerie, i trasportatori. In ognuna di queste realtà vi sono molteplici figure professionali. Ognuna di queste realtà da lavoro e quel lavoro va adeguatamente pagato. Dietro a un ebook vi è molto meno lavoro, vi sono poche persone. Lo stesso dicasi se si confrontano librerie tradizionali e librerie online. I libri costano perché danno lavoro.
    In estrema sintesi, comprando esclusivamente digitale o esclusivamente su internet si concorre alla crisi del settore e si crea disoccupazione.
    Senza contare il carattere sociale delle librerie tradizionali (e delle biblioteche), il loro essere luogo di incontro e confronto, il loro concorso alla vita sociale del territorio in cui si trovano.

  9. Paolo Nanut Standrez-Gorica-Gorizia ha detto:

    @8 concordo pienamente con questo post. Purtroppo è da notare che nei centri commerciali le novità le paghi con lo sconto del 15%, ma devo dire che non ho quasi mai trovato quello che cercavo, infatti solo i libri da classifica riesci a trovare. Per dirvi Morimondo di Rumiz l’ho comprato in libreria, negli ultimi tempi solo Gramellini l’ho preso all’Ipercoop. Poi la libreria specialmodo quella piccola ha tutto un’altro fascino anche perchè puoi parlare e discutere del volume che cerchi con il proprietario. A Gorizia dispiace ancora della chiusura di Equilibri di Giovanni Fierro. Piccolina ma se cercavi qualcosa di particolare la trovavi. Li avevo avuto occasione di conoscere anche Sergio Endrigo che presentava il suo libro “Quanto mi dai se mi sparo”. I vari Morozzi, Mazzeo, Culicchia, Simona Vinci, Silvia Ballestra ecc… ho iniziato a leggerli grazie a questa libreria.

  10. Fiora ha detto:

    @8
    Concordo pienamente,Siani.
    “in estrema sintesi comprando esclusivamente digitale o esclusivamente su internet….. librerie tradizionali luogo d’incontro e confronto, concorso alla vita sociale del luogo in cui si trovano”
    l’osservazione che ho fatto a proposito dei nuovi modi di lettura e dei nuovi canali di vendita di libri e di tutto è una sconsolata resa all’evidenza per me irreversibile,ma non certo un plauso.

  11. Fiora ha detto:

    …una società solitaria nella quale i rapporti interpersonali reali si vanno rarefacendo al punto da averne persino smarrito le modalità.
    le librerie rimangono tra gli ultimi luoghi in cui ritrovare una socializzazione serena,anziché aggressiva come spesso per strada, a piedi o al volante e persino in altri esercizi pubblici.

  12. porto ha detto:

    Xe bèl far bele ciacole.Ma ala fine i ga serà, no i riverzerà.Punto.E i libri li buteremo via.
    Xe la storia che se movi.
    Malamente, ma la va.

  13. Fiora ha detto:

    @12
    ” xè la storia che se movi”, porto. E esser d’acodo con ti, no xè in contradizion con quel che se se trova a rimpianzer.

  14. aldo ha detto:

    Si può essere contemporaneamente per la rete e la digitalità e per le librerie e i testi di carta?
    Diffusione della rete e crisi dei piccoli punti vendita – tra cui le librerie – sono due facce dello stesso fenomeno.
    Diffusione della tecnologia digitale e riduzione della socialità reale – quella tra umani senza l’intermediazione di macchine – sono anche due facce dello stesso fenomeno.
    I guru dell’utopia della rete e della digitalità si sono dimenticati di dire che la loro utopia è solo un’ulteriore fase della distruzione della socialità a favore della privatizzazione della vita.
    Non lo dico per luddismo anti-tecnologico – indietro non si torna – ma per critica anti-ideologica nei confronti dell’ideologia dominante della rete e della digitalità.

  15. hobo ha detto:

    @8 non e’ che dietro gli acquisti online ci sia meno lavoro e che per questo i prezzi siano piu’ bassi. il punto e’ che dietro gli acquisti on line c’e’ piu’ sfruttamento:

    http://it.euronews.com/2013/05/14/germania-i-dipendenti-di-amazon-scioperano-per-un-salario-migliore/

  16. nick ha detto:

    Certo che se ti ritrovi con un invenduto di 80mila libri qualche piccolo errore devi averlo fatto….interessante la considerazione di manna per la quale la svendita dei libri della sua cooperativa genereranno per lui una perdita…..considerazione un filo capitalistica, mi verrebbe da dire…..ma ovviamente voi potete. Se lo fa qualcuno altro, allora è uno sporco liberista. Quanta ipocrisia su questi 80mila prodotti editoriali invenduti.

  17. michela ha detto:

    mi fa sorridere il post di nick, e gli do ragione.
    mi stupisce la reazione della città: la svendita di libri è andata avanti per moltissimo tempo nell’ex spazio del negozio di mobili in galleria Fenice, e pare che solo ora la cittadinanza si sia svegliata.
    io ho già comprato mesi fa quello che mi interessava, del resto non mi stanno più di duemila libri in casa e ogni cinque, sei anni faccio un repulisti.
    non mi adatterò mai all’ e-book perché sono troppo vecchia e troppo affezionata all’oggetto libro. cmq faccio notare che anche parlare di prezzi eccessivi non è sbagliato, tempo addietro ho rinunciato ad un libro che volevo (Re Veleno, biografia di Mitridate) perché costava trentotto euro. Praticamente, un biglietto aereo low cost!
    Ho idea che anche quel libro sia rimasto invenduto.

  18. Raffaele ha detto:

    Sarò ingenuo, e andrò anche un po’ fuori tema, ma mi chiedo perchè non sia possibile andare in una libreria, vedere i libri usciti, e poi acquistare in libreria l’ e-book. Ovvero perchè non si può scegliere in libreria il formato preferito: cartaceo o elettronico? Basterebbe avere con sé il lettore, oppure la schedina SD del lettore (meno ingombrante). I questo modo, la libreria potrebbe acquistare meno copie di un libro e quindi esporsi un po’ meno finanziariamente.

  19. Marino Vascotto ha detto:

    Sì, che in libreria ci fosse la possibilità di acquistare direttamente anche l’e-book, sarebbe un’ottima opportunità sia per il libraio che per il lettore. Se non è possibile, penso sia dovuto a politiche commerciali decise più in alto.

  20. GIAMPAOLO LONZAR ha detto:

    SULLE LIBRERIE : già tempo fa si erano fatti commenti; io due anni fa con la morte nel cuore ho chiuso un punto vendita libri,della mia famiglia, dato che la dipendente e’ andata in pensione.

    La morte delle librerie era prevista già una ventina d’anni fà quando si sono iniziati a vendere i libri nelle edicole, poi i franchising, poi le vendite on line
    ultimo gli e-book.

    Librerie storiche a Trieste se ne sono chiuse
    diverse e qualcuna mai più riaperta.

    Una piccola libreria oggi non riesce a sopravvivere ,basta far un calcolo semplice
    il profitto sui libri e’ del 25- 30%
    sul prezzo di copertina ,tutti chiedono lo sconto , ad un cliente fisso non si nega
    il solito 5% ; poi un dipendente esperto costa circa 3500 € al mese , costi fissi affitto acqua ,luce, gas, tasse per difetto
    1500 € e siamo a 5000 € , ciò vuol dire
    che l’incasso lordo dovrebbe essere 15000
    € mensili,per andare a pari ; che diviso per 22 gg lavorativi si arriva a circa 700 € giornalieri che diviso 25 € prezzo medio di un best seller vuol dire vendere circa 28 volumi al giorno, che sono tanti per una piccola libreria.

    Ho escluso l’invesimento iniziale.

    Inoltre bisogna mettere in conto che se si sgarra la resa, i libri invenduti diventano perdita secca , “last but not least” la TRAGEDIA sono i furti di libri che sono molto alti per la facilità di nascondere
    l’articolo!

    Un sistema antitaccheggio costa molto ed una libreria piccola non se lo può permettere.

    E’ facile capire la chiusura della Svevo con tutti i dipendenti, gli spazi in affitto e gli investimenti non poteva aver vita lunga.

    Mi dispiace perchè avevo un buon rapporto con la proprietà ,persone esperte e squisite.

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