7 Agosto 2013

Quel vuoto nella Stazione di Trieste centrale

Le Stazioni dei treni sono il primo biglietto da visita per coloro che giungono in qualsiasi città dopo aver percorso chilometri e chilometri di sogni e speranze con il treno.
A volte le attraverserai con sguardo fugace, a volte ti soffermerai per osservarle, ma sia esso passaggio fugace che lento, non potrai non sfiorare con lo sguardo quei locali chiusi e vuoti.
Una sorta di effetto domino, uno dopo l’altro.
La stazione di Trieste si presenta attualmente in condizioni di buona pulizia.
Vi sono stati nel corso del tempo vari problemi, che hanno riguardato in particolar modo la vicenda dei così detti barboni o senza tetto, con il caso eclatante delle panchine rimosse durante la stagione invernale per lavori di straordinaria manutenzione che poi non si sono rilevati tali, oppure per le mille peripezie che devono affrontare i viaggiatori con i ritardi dei treni, le file alle macchinette, quasi tutte abilitate al pagamento esclusivo con carta di credito e così via discorrendo.
Ma la cosa che balza all’occhio, almeno in questo periodo, sono i locali commerciali sfitti all’interno della stazione.

Chiusa l’edicola, chiusa la libreria chiuse diverse attività, sembra resistere invece la cappella, l’attività di ristorazione od il supermarket ed il piccolo tabacchino e cambio monete.
Ben quattro di questi locali, attualmente chiusi, appartengono a Centostazioni, una società, partnership tra Ferrovie dello Stato Italiane e Archimede 1 – Gruppo SAVE, quotata sul mercato azionario, leader internazionale nell’offerta di servizi ai viaggiatori.
La prima impressione che si ha è che quella stazione ben rappresenta la crisi esistente ed è in linea con la crisi del commercio al dettaglio. Quasi 32mila imprese e 90mila posti di lavoro perduti. E’ questo il bilancio del commercio al dettaglio a 18 mesi dall’entrata in vigore della deregulation totale degli orari e delle aperture delle attività commerciali introdotta dal decreto Salva-Italia. Lo ha denunciato ad inizio agosto 2013 una delegazione di Confesercenti ascoltata  in audizione presso la X Commissione (Commercio e attività produttive) della Camera.
In Friuli Venezia Giulia risultano nel primo quadrimestre 2013, 103 aperture, 236 cessazioni ed un saldo negativo di -223 attività.
Locali vuoti e chiusi.
Come vuoto è il capitalismo.
Si svuotarono le stazioni, si svuotarono le periferie, si svuotarono i salotti, e le città si svegliarono con l’evidenza sbattuta in faccia.
La crisi sociale ed economica esistente, figlia di perfide speculazioni finanziarie, è solo al suo inizio, altro che fine.
Però penso che vi sia anche una questione più specifica, che è la questione Trieste ,e questa, abbinata alla crisi economica vigente, è una gigantesca bolla di tensione che giorno dopo giorno, con le sue mille ma definite sfaccettature, cresce e cresce e cresce ancora e prima o poi esploderà.

Marco Barone

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18 commenti a Quel vuoto nella Stazione di Trieste centrale

  1. kaiokasin ha detto:

    L’edicola xe vizin el bar e xe anche l’ufficio viaggi, la copisteria che vendi anche carte e guide turistiche e la parafarmacia. No stemo farla più tragica de quel che la xe, tanto per far polemica e dir che co iera l’ A. E co sara’ el tlt…. quel che manca xe UN PARCHEGGIO PER BICI!!!

  2. Rosi ha detto:

    Forse la politica economica delle Ferrovie non è stata molto ben congegnata.
    Forse l’idea commerciale di Centostazioni non funziona.
    Si sono spesi una marea di soldi per frazionare in tanti piccoli spazi la monumentalità di stazioni ferroviarie come quella di Trieste, Milano, Roma, ecc. per ritrovarci adesso con una esagerata offerta di spazi commerciali, peraltro carissimi,che nessuno vuole, dato che il sistema economico è ormai devastato, e senza ritorno, dai centri commerciali.
    E’ il paradigma della nostra Nazione, che funziona proprio come le ferrovie e come le poste…

  3. Marinera ha detto:

    Vediamolo dal punto di vista metaforico/poetico: Il problema è che hanno tagliato l’albero/gli alberi che c’erano in mezzo… da allora gli spiriti degli alberi tagliati piangono e si allontanano i possibili locatari… 😉

  4. Bibliotopa ha detto:

    e c’è pure un supermercato Despar

  5. aldo ha detto:

    “la crisi economica e sociale esistente, figlia di perfide speculazioni finanziarie”

    L’idea che la crisi è stata provocata dalla finanza “perfida” e “speculatrice” è una visione moralista e/o di estrema destra che si collega all’idea di “signoraggio bancario”.
    Al contrario, da un punto di vista marxiano, le cicliche crisi capitaliste sono crisi di sovraproduzione e degli strumenti finanziari messi in atto per evitare le crisi di sovraproduzione.
    La crisi negli USA è partita come crisi di sovraproduzione di case nel mercato immobiliare e degli strumenti finanziari inventati per evitare questa crisi di sovraproduzione. Poi si è estesa agli altri settori e agli altri paesi.

    “è solo al suo inizio, altro che fine”

    Ah, saperlo!
    Se ne sei così sicuro, Barone, indebitati più che puoi e investi in strumenti finanziari a leva (altissimo rischio/altissimo rendimento) che scommettono short sugli indici azionari e così ti arricchirai.
    Ovviamente, se le cose andranno al contrario andrai sul lastrico, ma questo non può succedere perchè tu sai che la crisi “è solo al suo inizio, altro che fine”

  6. aldo ha detto:

    Comunque c’è crisi e crisi. la crisi cinese è non crescere più a due cifre. Quella americana è nordeuroepea è crescere creando poca occupazione. L’unica area del mondo attualmente in crisi nel senso di recessione conclamata è quella dell’Europa mediterranea, dove vige il cosiddetto modello del “capitalismo assistenziale”, ben rappresentato in Italia da uno stato che ha un’imposizione fiscale scandinava e dà servizi greci, blocca ogni cosa con la burocratizzazione, la iper-lentezza della giustizia civile, il timore di anni di detenzione preventiva praticata dalla giustizia penale.
    E cambiare questo stato “palla al piede” per l’economia copiando per esempio il modello socialdemocratico danese invece di idolatrare le varie caste statali che difendono i propri privilegi non sarebbe forse una cosa di sinistra?

  7. Jasna ha detto:

    E’ anche vero che la stazione di TS è enorme, non è facile occupare tutti gli spazi commerciali ricavati al suo interno.

    Secondo punto, ok la nota su barboni e macchinette che accettano solo carte di credito, ma i ritardi dei treni non credo siano imputabili alla stazione di TS e basta.

    Condivido con aldo le perplessità sull’uso di certi termini.

  8. Paolo Geri ha detto:

    Le attività commerciali (come quelle professionali e artigiane) esistono se c’ è la domanda relativa. Non esistono perchè “devono” esistere per natura divina. Perchè ci dovrebbe essere “domanda” in una stazione ferroviaria ? Personalmente non sento alcun bisogno di attività nelle stazioni salvo i servizi igienici, un giornalaio (con libri economici), un “sali e tabacchi” e un bar. Concepire una stazione ferroviaria come un centro commerciale è assurdo. La crisi economica qui non c’ entra per niente. Il tutto raffigurà invece il fallimento del demenziale progetto di Ferrovie di “valorizzazione” dei propri beni immobili.

  9. Kaiokasin ha detto:

    Speremo che sior Barone no vadi in stazion corriere, in silos, se no el ne scrivi su un romanzo 🙂

  10. Kaiokasin ha detto:

    # 3 e le tartarughe? Ierimo l’unica stazion co le tartarughe! (che adesso come “testimonial” de Trenitalia le saria perfete).

  11. Bibliotopa ha detto:

    Andate in certe stazioni svizzere, io penso a Losanna, e ci troverete bar, ristorante, edicola, piccolo supermercato, farmacia/drogheria, parrucchiere… ma la caratteristica di questi è di avere orari particolari ( sono aperti fino a sera tarda, anche di domenica quando il resto dei negozi cittadini è chiuso. Quindi non negozi uguali agli altri, ma servizi particolari per viaggiatori e per chi al caso sa dove trovare uno di questi negozi aperti. Speravo che a Trieste facessero qualcosa di simile. Una lode alla piccola agenzia di viaggi, che vende anche i biglietti per Italo e TGV che sono stati invece eliminati dalla biglietteria grande della stazione.

  12. giorgio (no events) ha detto:

    trent’anni fa, non c’era più l’Impero AU, non c’era più il TLT, ma nella stazione ferroviaria di Trieste Centale c’erano due tabaccherie, due rivendite di libri e giornali (una delle quali aperta anche alla domenica pomeriggio o fino alle 22 di sera), due bar, un ristorante ed un barbiere.
    Evidentemente allora si viaggiava anche con il treno, mentre oggi ci si sposta soprattutto con il mezzo privato. La desolazione descritta è il prodotto naturale delle politiche sui trasporti che hanno cambiato le nostre vite e le nostre… stazioni.

  13. Sandi Stark ha detto:

    @ 8 forsi ne le stazioni dei paesetti. Nella Westbahnhof de Vienna ghe xe negozi de tutti i tipi, bar, supermercati e una libreria dove se trova i giornai de tutta Europa, compreso el Piccolo edizion de Gorizia e el Primorski.

    Ma in quella stazion riva un importante terminal ferroviario, xe terminal de l’aeroporto, della metropolitana, dei tram e dei taxi; passerà decine de migliaia de viaggiatori al giorno.

    A Trieste no passa più nissun, questo xe el problema. Un’altro problema poderia esser el “voio ma no posso” dei ‘taliani che se inventa le robe più strane per magnar soldi e tirar a campar, come la trasformazion dei uffici postali in fiere de San Nicolò quasi deserte.

    Anche in Slovenia xe un poco cussì nei uffici postali ma là nei paesi no esisti edicole e tabachini, e pol anche starghe che la gente gabi bisogno de qualche altra botega oltre ai supermercati dove se compra praticamente tutto fòra che mobili, vestiti e auti. Nelle stazioni secondarie inveze, el massimo che se pol trovar xe el bar, che pol vender anche giornai e spagnoleti alla vecia maniera.

    Perchè se la gente no domanda, no servi verzer altre boteghe, lapalissiano per la gente che ragiona.

  14. Dag ha detto:

    E’ stata sbagliata evidentemente la politica commerciale di Centostazioni. Nelle stazioni normali (che non sono certe quelli di una Vienna che è una metropoli nonché capitale di stato!) uno si aspetta di trovare un ristorante/tavola calda, un bar, una tabaccheria-edicola, una libreria, una banca, un ufficio informazioni ferroviarie e turistiche (quest’ultimo spesso manca) e una sala d’attesa (anche questa manca in molte stazioni, perché han paura che venga occupata dai barboni!). Altro non serve, manca la domanda e, di conseguenza, manca anche l’offerta.

  15. hobo ha detto:

    @aldo#5

    pienamente d’accordo. immaginare un capitalismo “buono” (quello produttivo) contrapposto a uno “cattivo” (quello finanziario) significa non aver capito niente del capitalismo (il capitalismo produttivo non esisterebbe senza quello finanziario e viceversa). ed e’ un punto di vista sostanzialmente reazionario, che non permette di mettere a fuoco i meccanismi dello sfruttamento, che e’ ancora e sostanzialmente sfruttamento dei corpi nella produzione di “merci”, materiali o immateriali.

  16. ufo ha detto:

    Comunque mi anca me manca le tantarughe, e son in pensier per lore. Spero che le picie dinosaure le staghi ben e che le gabi trova una nova casa de qualche parte, magari vizin dei colibrì, lontan de sta Paperopoli.

  17. maeel ha detto:

    le bici a Trieste no ga de esister, eccezion fatta per la pista ciclabile.

  18. ufo ha detto:

    Trieste no ga de esister, eccezion fatta per la pista ciclabile e l’Ursus

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