Le Stazioni dei treni sono il primo biglietto da visita per coloro che giungono in qualsiasi città dopo aver percorso chilometri e chilometri di sogni e speranze con il treno. A volte le attraverserai con sguardo fugace, a volte ti soffermerai per osservarle, ma sia esso passaggio fugace che lento, non potrai non sfiorare con lo sguardo quei locali chiusi e vuoti. Una sorta di effetto domino, uno dopo l’altro. La stazione di Trieste si presenta attualmente in condizioni di buona pulizia. Vi sono stati nel corso del tempo vari problemi, che hanno riguardato in particolar modo la vicenda dei così detti barboni o senza tetto, con il caso eclatante delle panchine rimosse durante la stagione invernale per lavori di straordinaria manutenzione che poi non si sono rilevati tali, oppure per le mille peripezie che devono affrontare i viaggiatori con i ritardi dei treni, le file alle macchinette, quasi tutte abilitate al pagamento esclusivo con carta di credito e così via discorrendo. Ma la cosa che balza all’occhio, almeno in questo periodo, sono i locali commerciali sfitti all’interno della stazione.
Chiusa l’edicola, chiusa la libreria chiuse diverse attività, sembra resistere invece la cappella, l’attività di ristorazione od il supermarket ed il piccolo tabacchino e cambio monete.
Ben quattro di questi locali, attualmente chiusi, appartengono a Centostazioni, una società, partnership tra Ferrovie dello Stato Italiane e Archimede 1 – Gruppo SAVE, quotata sul mercato azionario, leader internazionale nell’offerta di servizi ai viaggiatori.
La prima impressione che si ha è che quella stazione ben rappresenta la crisi esistente ed è in linea con la crisi del commercio al dettaglio. Quasi 32mila imprese e 90mila posti di lavoro perduti. E’ questo il bilancio del commercio al dettaglio a 18 mesi dall’entrata in vigore della deregulation totale degli orari e delle aperture delle attività commerciali introdotta dal decreto Salva-Italia. Lo ha denunciato ad inizio agosto 2013 una delegazione di Confesercenti ascoltata in audizione presso la X Commissione (Commercio e attività produttive) della Camera. In Friuli Venezia Giulia risultano nel primo quadrimestre 2013, 103 aperture, 236 cessazioni ed un saldo negativo di -223 attività.
Locali vuoti e chiusi.
Come vuoto è il capitalismo.
Si svuotarono le stazioni, si svuotarono le periferie, si svuotarono i salotti, e le città si svegliarono con l’evidenza sbattuta in faccia.
La crisi sociale ed economica esistente, figlia di perfide speculazioni finanziarie, è solo al suo inizio, altro che fine.
Però penso che vi sia anche una questione più specifica, che è la questione Trieste ,e questa, abbinata alla crisi economica vigente, è una gigantesca bolla di tensione che giorno dopo giorno, con le sue mille ma definite sfaccettature, cresce e cresce e cresce ancora e prima o poi esploderà.
Terremoto con epicentro a 46 chilometri a sudest di Zagabria, in Croazia, il 29 dicembre 2020, avvertito distintamente anche sulla costa adriatica italiana
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18 commenti a Quel vuoto nella Stazione di Trieste centrale