3 Agosto 2013

Questione multisala di Villesse: perché giuridicamente la liberalizzazione non è possibile

Fa bene il presidente della provincia Enrico Gherghetta a difendere , dalle pagine dei quotidiani locali, il “sistema” culturale che è rappresentato dal Kinemax, a Gorizia e a Monfalcone e insidiato dall’apertura del cinema del centro commerciale di Villesse, sette sale che equivalgono per le conseguenze sul territorio alle sette teste dell’Idra . Un “sistema” perché le sale cinematografiche sono la punta dell’ iceberg composto da una serie foltissima di iniziative di indiscutibile valore culturale, sociale ed economico ( oserei dire anche identitario, visto che manifestazioni come il premio Amidei o attività come quella del Cineclub sono fortemente legate alla città di Gorizia e al nostro territorio).

Però alle dichiarazioni di principio sulla base delle quali continuiamo a discutere manca una motivazione tecnico giuridica che ci viene offerta su un piatto d’argento da un articolo che è apparso ieri sul quotidiano di informazione giuridica Diritto e Giustizia a firma di Marilisa Bombi.
Il concetto è presto detto e difficilmente oppugnabile: il cinema, alla luce delle norme che lo riguardano, è sicuramente un elemento dell’architettura culturale del nostro Paese. Come tale la politica di liberalizzazione imposta dalla direttiva Bolkestein non lo riguarda.
Il Ministero di riferimento è quello delle attività culturali e non delle attività economiche; lo Stato assicura alle attività specifici contributi, a fondo perduto, che vengono erogati direttamente dal Ministero dei beni culturali; il settore non non ricade negli ambiti normativi in materia commerciale o artigianale; i meccanismi autorizzatori e le disposizioni in materia di sicurezza sono definite in maniera specifica, a sottolineare che la diffusione e distribuzione delle sale cinematografiche si sviluppa seguendo una logica che non a nulla a che fare con le attività imprenditoriali; la stessa Corte costituzionale ha escluso la competenza dello Stato al rilascio delle autorizzazioni per l’apertura delle multi-sale.
Quindi, anche se cultura e l’arte sono in grado di produrre ottimi risultati sul piano economico , ciò non determina “l’automatica applicazione delle disposizioni in materia di liberalizzazione fino ad ora emanate, al settore cinematografico, a meno di una revisione totale della politica di sostegno al settore, da tempo immemore assicurata dallo Stato”.
In questo dunque la risposta alla domanda delle regioni e province autonome: il cinema, in virtù appunto della sua specificità di attività di carattere culturale, è esente dall’applicazione delle disposizioni in materia di liberalizzazioni previste dalle normative nazionali e discendenti dalla direttiva Bolkestein?
Evidentemente si, nonostante l’incertezza che deriva dal sovrapporsi , all’impianto normativo esistente, dei meccanismi diretti alla liberalizzazione, tuttavia essa stessa per definizione esclusa dalle regolamentazioni ispirate ad «un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario». E se non bastasse: “ L’intervento normativo di maggior rilevanza, a livello comunitario, per quanto concerne l’esercizio dell’attività professionale e di impresa, è certamente la direttiva Servizi 2006/123/CE, recepita nell’ordinamento interno con il decreto legislativo 26 marzo 2010 n. 59. Ebbene, l’art. 7 di tale d.lgs esclude espressamente l’applicazione della disciplina di derivazione comunitaria per diversi settori e, tra questi, alla lett. c), quello relativo ai servizi audiovisivi, ivi compresi «i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione»”

1 commenti a Questione multisala di Villesse: perché giuridicamente la liberalizzazione non è possibile

  1. Rosi ha detto:

    Pare lampante.
    Bisogna però che qualcuno lo riporti con urgenza anche all’Assemblea regionale…

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