2 Agosto 2013

Movida raiding 4. Bacco, tabacco e bivacco

Alla Redazione di Bora.la sono pervenute varie richieste di lettori, interessati ai contributi sulla Movida triestina; molti di loro si sono chiesti come mai, sulla stampa locale, si sia insistito così tanto nell’uso – perlopiù in accezione dispregiativa – del termine “bivacco”, e al riguardo hanno domandato chiarimenti. Ecco quindi che questa settimana apriamo una parentesi per parlare di questo fondamentale concetto. Ora, non vorremmo assumere i toni di Piero Angela, di suo figlio, o di qualche altro scienziologo televisivo né, peggio ancora, è nostra intenzione enunciare complicate e noiose formule matematiche, che farebbero perdere contatti e incassi pubblicitari al sito (notoriamente gestito da avidi capitalisti senza scrupoli) ma consentiteci questa brevissima (e, si spera, utile per la curiosità di chi ci ha scritto) divagazione socio-cultural-naturalistico-scientifico-matematico-ecc.ecc.-logica, che cominceremo chiarendo anzitutto che il sostantivo “bivacco”, nell’accezione comune, sta ad indicare la prolungata presenza di persone (tendenzialmente giovani) su una ridotta superficie di terreno.

la mandria e l'individuo

La movida triestina vive e si alimenta grazie alle mandrie di giovani che bivaccano. Gli esemplari sono di diverso tipo: dall’homo aperitivus, di cui abbiamo già abbondantemente parlato, all’homo più o meno sapiens, dall’homo erectus a quello che invece fa fatica a reggersi in piedi… insomma, la fauna è estremamente varia, ma quello che accomuna tutte queste creature è che, pascolando nella giungla d’asfalto e sampietrini, di tanto in tanto si fermano a sostare, raccogliendosi così in gruppi più o meno numerosi, che destano attenzione scientifica e destano anche quelli che stanno cercando di dormire, qualche piano più sopra.

La pausa a volte è decisa dal maschio alfa, che blocca i compagni quando vede una femmina omega (l’uso di questa lettera dell’alfabeto greco si spiega perfettamente pensando al carattere minuscolo della stessa). Inutile dire che la femmina omega rappresenta l’obiettivo della serata del maschio alfa, che, arrestata la comitiva, comincia a puntare la preda, la quale potrebbe anche essere accompagnata da altre femmine omega: in questo caso, sarà più facile che il maschio riesca a convincere i suoi sodali a fermarsi. Ha quindi inizio il rito della seduzione: il maschio fa la ruota, come il pavone, bullandosi con gli amici, per poi tentare l’approccio, offrendo un drink, o cercando direttamente il contatto comunicativo, che ha registrato negli ultimi tempi importanti cambiamenti: da “hai da accendere?” si è passati a “ti ho vista su facebook”, ma la sostanza è rimasta quella, da millenni ormai.

bivacco con accerchiamento

Dunque, il rito del bivacco si celebra a prescindere dalle gesta ero(t)iche del maschio alfa. A volte, la sosta della mandria è casuale, dettata da un comune senso di aggregazione nei confronti di un’altra mandria incontrata per strada: si forma così un gruppo più nutrito, a volte estremamente variegato in relazione alle caratteristiche dei presenti (protocollo sociale: amici di amici), che staziona per un tempo più o meno prolungato. Pur non mancando alcune varianti, è possibile affermare che il bivacco si svolge quasi sempre all’esterno di un locale, dove, anche a causa della legge anti fumo, i nostri esemplari sono soliti piazzarsi e dissetarsi, in qualche caso anche oltre la necessità fisiologica: cichìn e bireta. Si potrebbe così coniare l’espressione “bacco, tabacco e bivacco”, lasciando “venere” ai più fortunati.

Esiste una correlazione matematica proposta da alcuni nerd, che per studiarla si sono rinchiusi in un sottoscala dell’Università, da cui sono usciti, bianchi cadaverici e con piaghe da decubito, annunciando la possibilità di ipotizzare un rapporto di proporzionalità diretta tra numero dei componenti della mandria (n), quantitativi di birrette (o alcolici succedanei) ingurgitate (b), e il degrado, di cui si lamenta la potente lobby cittadina degli anziani amanti del riposo:

degrado = n * b

Questa formula, estremamente semplice, si presta ad essere ampliata e raffinata introducendo delle specificazioni ulteriori: ad esempio, è scientificamente dimostrato che il degrado aumenta quando in “n” compaiono soggetti maggiormente inclini al vociare, mentre, a parità di valore, se in “n” sono presenti più donne che uomini, il potenziale rumoroso cala… insomma, si può speculare ampiamente, ma sinceramente è meglio farci sopra un brindisi, lasciando che siano i nerd, nella quiete del loro sottoscala, ad occuparsene.

Tornando al bivacco, non è infrequente che la consuetudine sociale venga interrotta dall’intervento di qualche inquilino che, abitando proprio sopra il luogo dello stazionamento, esasperato (a suo dire) dalla confusione, getta secchiate d’acqua (si spera sia solo acqua…) sulla mandria. L’effetto immediato, ovviamente, è la dispersione degli esemplari, che si trovano spaesati dalla improvvisa ed imprevista caduta di acqua (si spera sia solo acqua, ripetiamo; soprattutto, lo spera chi è stato colpito). A questo punto, se gli esemplari mancano di spirito di coesione, difficilmente torneranno a formare il blocco, preferendo starsene isolati a coppie o terzetti, possibilmente sotto qualche provvidenziale tettoia; laddove, invece, prevale lo spirito cameratesco, o semplicemente gli esemplari hanno assunto sufficienti dosi di “coraggio liquido”, ecco che la mandria si ricompatterà e, ancora più di prima, riprenderà il suo vociare, questa volta in aperta sfida al nemico della movida, che verrà invocato con epiteti non proprio gentili.

Altre tipologie di bivacco prendono corpo a serata inoltrata: classico è il capannello fuori dall’ingresso di qualche locale dove si balla. Lo stazionamento, in questo caso, è di tipo cautelativo: gente che si chiede se “la serata merita?”, e che lo fa – spesso – guardando praticamente nel vuoto, oppure chiacchierando con altri che, allo stesso modo, stanno bivaccando per capire se entrare o meno. In questi casi, difficilmente si passa dal bivacco all’ingresso. I più determinati cercano un contatto telefonico con qualcuno all’interno, oppure chiedono informazioni a chi sta uscendo per fumarsi una sigaretta oppure ancora si avvicinano all’ingresso per le domande di rito: “quanto costa?” “chi suona?” “c’è fi*a?” “devo fare la tessera per entrare?” “ho perso la tessera: devo rifarla o posso portartela quando la ritrovo?” e così avanti.

Dimostrando coerenza con il resto della serata, alla fine dei giochi il popolo della movida si ritrova nuovamente a bivaccare. Alle prime luci dell’alba, il fenomeno interessa le aree in cui è possibile mettere qualcosa sotto i denti, per cui le zone adatte per il bivacco-watching (se siete fotografi e non riuscite a dormire, ci potrebbe scappare un bel servizio fotografico) sono generalmente i kebabbari, i forni appena aperti, o quei locali (rarissimi a Trieste) aperti praticamente sempre. Qui gli highlander della movida, duramente provati dopo l’ennesima nottata di eccessi, trovano conforto addentando un arrotolato con tutto (anche con il famigerato “piccante”), cipolla compresa: tanto, a quel punto della serata, i giochi sono fatti, per cui avere un alito socialmente impopolare non è visto come un rischio. Gli ultimi dialoghi viaggiano tra un cornetto e un capo in b, anche se non manca chi cerca l’ultimo giro di alcol, magari con un amaro torcibudella, prima di arrendersi e tornare a casa. Le energie sono poche, per cui raramente da questo genere di bivacco deriva un coefficiente di rumore significativo; resta tuttavia molto alto il livello di degrado, visto sotto l’aspetto del decoro urbano, in quanto il popolo della movida, rilassandosi, tende ad occupare gli spazi, sedendo sui marciapiedi, distendendosi sulle panchine o – peggio ancora – sdraiandosi per terra. I nerd sono già al lavoro per elaborare una formula matematica che dia conto anche di questo.

Lappo El Can

Foto © Francesco Chiot

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5 commenti a Movida raiding 4. Bacco, tabacco e bivacco

  1. valentina ha detto:

    dal punto di vista della femmina fighetta la scena della conoscenza col maschio alpha si svolge così..individuazione del finto maschio alpha – quello che si crede maschio alpha o lo è solo per il suo ristretto gruppetto di amici ma non per le femmine fighette – e suo adescamento con messaggi non verbali..quando e se il finto maschio alfa e i suoi accoliti si fanno avanti e offrono da bere si accetta volentieri..volentieri alla triestina..nel senso che dopo aver bevuto..ciao ciao ragazzi ci si vede in giro

  2. sara ha detto:

    Sono d’accordo con Valentina. Il vero maschio alpha di solito è in giro con strafiga al seguito, si atteggia a “no go pel cul” e se gli interessa ci proverà quando ti vede da sola in un luogo semi-deserto come una pecorella smarrita in un prato.
    Il maschio che si crede lui alpha ma invece è solo un capo-branco di maschietti allupati è invece un’ottima preda di quelle che vogliono bere gratis senza pagare dazio.

  3. valentina ha detto:

    forse ho sbagliato a svelare l’arcano..se la notizia si diffonde troppo tra i maschietti rischiamo..di restare senza sprizaperol offerti

  4. maja ha detto:

    ciò, ma per un drink a scrocco vale la pena ascoltare mezz’ora di idiozie raccontante dal finto maschio alfa di turno, magari sorridendo e fingendo interesse? ma pagateveli da sole, questi spritz aperol!
    tanto avrete al max 150 kg in tre e più di 3 spritz aperol a testa no ghe la fè, se volè continuar a caminar sul tacco 12 con un minimo de grazia.

  5. S.A. ha detto:

    sostengo maja..perbacco!! perché alimentare le piume di un pavone-α impazzito quando con un paio di euro si può bivaccare allegramente?!?

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