17 Giugno 2013

The Wall, l’emozionante grido dei Pink Floyd rivive al Rossetti

Sul concetto di opera rock c’è poco da dire, se non che gli esempi realmente validi si contano sulle dita di una mano. Nel 1979  i Pink Floyd, già al capolinea sul fronte dei rapporti interpersonali, danno alle stampe quello che è il progetto più ambizioso del leader Roger Waters: una parabola che passa in rassegna tutti i sentimenti di angoscia ed alienazione di un bimbo cresciuto senza padre (perchè la guerra se l’è portato via) che deve districarsi tra le strette maglie di una madre iperprotettiva, un sistema scolastico inadeguato ed un’adolescenza incompresa. Ne esce la figura di una rockstar totalitaria e totalizzante, capace di radunare le masse ma incapace di gestire qualunque relazione personale. Da qui la metafora del muro che lento ed inesorabile porta all’isolamento del protagonista Pink. I Pinkover sono una tribute band triestina che da dieci anni, con metodologia ed applicazione, portano il sound dei Pink Floyd in Italia ed Europa, i loro show si distinguono per la fedeltà con cui filologicamente riproducono suoni ed atmosfere, così emozionanti ed allo stesso tempo difficili da ripetere. Per portare in scena “The Wall” c’è stato più di un anno di lavoro, ma il risultato lascia il segno, il Politeama Rossetti è pieno fino all’ultima sedia, il concerto si apre puntuale con una “In the Flesh?” compatta e condita da effetti pirotecnici. Il palco riproduce quello che è stato il The Wall Tour che i Pink Floyd hanno portato in giro tra il 1980 ed il 1981, con una squadra di operai che per la prima parte del concerto erige un muro composto da mattoni di polistirolo che divide la band dal suo pubblico. La ricostruzione è musicalmente fedele, i video che vengono proiettati sullo schermo circolare e sul muro prendono ispirazione dallo spettacolo che Roger Waters sta portando in giro per gli stadi di tutto il mondo, con lo scopo di ribadire ed attualizzare i concetti dell’opera. “Another Brick in The Wall” si avvale della collaborazione dei ragazzi della scuola media Stock, che vanno ad aizzare contro il pupazzo gigante del “Teacher”, mentre “Mother” è un atto d’amore ed al contempo uno dei momenti più toccanti dell’esibizione, dove si fanno sentire al meglio le voci delle coriste. Le proiezioni che accompagnano “Goodbye Blue Sky” fanno riflettere (creando anche qualche malinteso) e l’intera platea è totalmente coinvolta mentre i Pinkover eseguono “Another Brick in The Wall pt.III”. E’ sensazionale la capacità del leader Federico Mreule di impresonare sia la dote chitarristica di Gilmour che la capacità espressiva di Waters, supportato da una band che sul palco raggiunge gli 11 elementi. A questo punto, il muro è completato, e per la seconda metà del concerto, salvo qualche eccezione, la band suonerà senza che il pubblico la possa vedere. Il vuoto è compensato dalle visuals proiettate sul muro, che guidano fino a “The Trial” il processo che sancisce l’abbattimento del muro, dal quale riemerge la figura di Pink e la band al completo che saluta su un lungo applauso.

 

Le foto sono di Massimo Armani

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