12 Febbraio 2013

Quando una storia non esce da sola

Solo pochi mesi fa, Rinarrate era ancora un sogno: a primavera, in una stagione nera di “femminicidi”, avevo immaginato che sarebbe stato importante leggere le storie vere delle donne che da un partner violento erano riuscite a scappare, raccontate da loro stesse. Ma non avevo idea di come trovarle, di come convincerle a scrivere, di dove pubblicarle. Poi i tasselli si sono messi a posto quasi da soli, e il centro antiviolenza Goap e questo sito web hanno messo a disposizione spazi, competenze, contatti per avviare il progetto.

Ed eccomi alla prima vera lezione del PerCorso, con davanti delle donne con un vissuto drammatico e tanta voglia di sfogarsi, ciascuna con un rapporto differente, unico, con la lingua italiana e la scrittura. In poche settimane dovevo ascoltare le loro storie, proporre loro esercizi per prendere confidenza con carta, penna e web, aiutarle a focalizzare che cosa volevano raccontare di preciso, cercare con loro un buon modo per esprimerlo. Credo che in quel momento la mia alleata più preziosa sia stata la fiducia incosciente che avevo nell’idea iniziale, per altro condivisa dalle operatrici del Goap e dalla mia Responsabile Editoriale. E ci tuffammo, insieme, nel PerCorso.

Dare fiducia alle mie allieve ha ripagato. Son rimasto stupito dalla varietà dei testi prodotti, e dei registri usati dalle Protagoniste, oltre che dalla dolorosa varietà di situazioni violente cui sono venuto a conoscenza. Alle volte è stato difficile “tenere” la classe, di fronte a emozioni troppo forti o al bisogno di confronto diretto tra due Protagoniste, ma ogni minuto speso per rielaborare vissuti e idee ha fatto maturare la sicurezza di ciascuna. Di chi non sapeva come cominciare o finire, e di chi parla sempre e solo in dialetto, di chi ha troppe cose da raccontare e di ancora si sta chiedendo se per caso non si è meritata tutto questo.

Due sole storie ancora non hanno trovato la loro strada: sono quelle di due protagoniste che, pur uscite dalle situazioni di violenza, stanno ancora affrontando dei grossi problemi collegati a essa. È complicato riflettere sul proprio vissuto di ieri, quando il presente ti schiaffa addosso le intemperanze dei figli adolescenti. È difficile trovare il tempo per scrivere, se dopodomani devi affrontare un’udienza in tribunale. E io, come coordinatore del progetto, di fronte a ciò so che non posso pretendere risultati.

Anche se continuo a sperare che arrivino. Anche se sogno che entro lunedì prossimo qualcosa di prodigioso scatti e renda possibile la ricostruzione ordinata per parole di un’altro incubo su cui riflettere assieme alle lettrici e ai lettori di bora.la. Ma se non ci saranno progressi, di comune intesa con Sara Matijacic e Tania Grimaldi che mi hanno accompagnato fin qui e con le ultime due Protagoniste, dovremo prendere una decisione sul destino di questo progetto.

Rinarrate ha suscitato qualche interesse e sviluppato un moderato dibattito, ma soprattutto ha fatto conoscere a chi ci legge aspetti della violenza domestica che difficilmente sono noti a chi non ha la sfortuna di viverli. E ha fatto incontrare delle donne che nonostante le difficoltà hanno voglia di porgere una mano a chi può trovarsi in condizioni simili. Queste donne, le Protagoniste, ora conoscono meglio importanti strumenti i comunicazione: la scrittura, la narrazione, i blog, le e-mail, e sono pronte a usarli per diffondere idee, opinioni e valori.

Nel frattempo, molte di loro assieme a tante altre donne, parteciperanno il 14 febbraio all’evento mondiale One billion Rising e danzeranno una coregrafia per riaffermare la parità tra uomini e donne. L’appuntameno è in piazza Unità per giovedì 14 febbraio, alle ore 18.00: siete tutte e tutti invitati a unirvi a loro.

Per contattare il centro antiviolenza GOAP: 040-3478827
http://www.goap.it/

Per contattare lo staff di Rinarrate: rinarrate@gmail.com

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9 commenti a Quando una storia non esce da sola

  1. cimabue ha detto:

    Principalmente, vorrei ringraziare la redazione del giornale “bora.la” e il centro antiviolenza per questa bellissima esperienza.
    Grazie Paolo, per la tua pazienza e sensibilità. Sei UNICO!!

  2. Anna Bianchini ha detto:

    gente che non vuole affrontare la verità, non vogliono leggere storie vere e profonde…. mi dispiace che ci sono pochi che leggono varie storie e che non commentano….. ma mi chiedo perchè!!!! Hanno paura? o non vogliono vedere cosa succede nel mondo? ieri di nuovo è stata aggredita una donna da suo marito…. lui le ha dato fuoco, dopo averla torturata in modo brutale e lei – forse – non potrà mai raccontare cosa è veramente successo…. ma perchè?

  3. cimabue ha detto:

    Anna, questo discorso lo abbiamo affrontato in un nostro incontro settimanale. Siamo venuti alla conclusione che le persono hanno paura di metttere il proprio nome, e la faccia. La paura e l’ignoranza fanno chiudere gli occhi.

  4. Paola Giacca ha detto:

    Il punto di partenza su cui si è asspoggiato questo progetto, cioè la situazione attuale del dibattito su queste cose, è molto arretrato. Per questo, quando (in altre situazioni di dibattito analogo che ho visto sul web) se non si usa il metodo di chiedere il nome al commentatore, parte il “flame” pieno di “troll” cioè si scatena la banalità di terribili stereotipi, come sintomo della mancanza di passi avanti sulla consapevolezza che sarebbe necessaria.

    Un esempio di cosa succede se si fanno dibattiti sul web che invitano tutti, compresa la componente maschile, a partecipare alla riflessione ma senza chiedere l’obbligo di firma lo si può leggere a questo link . Tra le conclusioni di quell’articolo si fa riferimento all’esistenza di “luoghi abbastanza comuni del maschilismo e machismo in rete e di quel particolare “negazionismo” dedicato ai fenomeni sessisti”

    Su bora.la invece, secondo me, si è fatta la scelta giusta di chiedere il nome e cognome ai commentatori: questo ha permesso di mantenere i commenti all’interno di un tono civile e rispettoso. Questo è stato il passo avanti fatto. Oltre alla possibilità di leggere la voce diretta delle protagoniste (e non dei recensori estranei all’argomento), cosa che si media non capita mai in modo fatto bene.
    Il passo avanti fatto è un piccolo ponte sul nulla che lo precedeva, del tutto necessario.

  5. michele crassani ha detto:

    Perchè interessa a pochi. Ecco perchè. Anche se si poteva usare un nick dubito che ci sarebbero stati tanti commenti

  6. Diego Manna ha detto:

    attenzione che non sempre c’è una netta relazione fra lettori e commentatori…
    per dir:

    https://bora.la/2013/01/21/the-strange-case-of-kurt-bridge/ ->3800 visualizzazioni uniche, 32 commenti

    https://bora.la/2013/01/24/la-slovenia-insorge-ieri-sciopero-nazionale-del-settore-pubblico-e-privato/ ->841 visualizz, 170 commenti

    dipende dal dibattito che si crea, ma l’interesse per rinarrate c’è sempre stato. è stato un grande progetto secondo me. bravi tutti!

  7. isabella blasini ha detto:

    “Vogliamo solo rispetto. In Italia in media ogni due o tre giorni un uomo uccide una donna, compagna, figlia, amante, sorella, ex.
    Magari in famiglia. Perché non è che la famiglia sia sempre, per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore.
    La uccide perché la considera una sua proprietà. Perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa, sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro.. E noi che siamo ingenue spesso scambiamo tutto per amore, ma l’amore con la violenza e le botte non c’entrano un tubo. L’amore, con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione. Noi a Torino, che risentiamo della nobiltà reale, diciamo che è come passare dal risotto alla merda.
    Un uomo che ci mena non ci ama. Mettiamocelo in testa. Salviamolo nell’hard disk. Vogliamo credere che ci ami? Bene. Allora ci ama MALE. Non è questo l’amore. Un uomo che ci picchia è uno stronzo. Sempre. E dobbiamo capirlo subito. Al primo schiaffo. Perché tanto arriverà anche il secondo, e poi un terzo e un quarto. L’amore rende felici e riempie il cuore, non rompe costole e non lascia lividi sulla faccia. Pensiamo mica di avere sette vite come i gatti? No. Ne abbiamo una sola. Non buttiamola via.”

    ~Luciana Littizzetto

  8. Margherita ha detto:

    Innanzi tutto vorrei ringraziare la redazione di Bora.la per avermi dato la possibilità di raccontarmi e credetemi non è stato facile raccontare pubblicamente i miei sentimenti, poi vorrei ringraziare il Goap che mi ha aperto le porte di casa ospitandomi presso una struttura quando non sapevo dove andare e poi vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato pur non conoscendomi, mi hanno creduto solo guardandomi negli occhi. Grazie a tutti e anche se non ci sono stati tanti commenti credetemi le nostre storie sono state lette, commentate ed hanno lasciato comunque una traccia nei cuori di chi le ha lette. Un’ultima cosa vorrei dare un grossissimo bacio a tutte le protagoniste di queste storie e per ultimo(ma non meno importante) a Paolo che è stato un insegnante paziente che ci ha ascoltato senza dare giudizi è diventato un pò quasi il nostro angelo custode.Grazie a Sara e a Tanja e a benedetta Gargiulo. E’ vero un uomo che ci ama non ci mena deve camminare al nostro fianco non davanti a noi per superiorità non un passo indietro per inferiorità ma deve essere al nostro fianco alla pari. Grazie e un grosso bacio a tutti anche a chi ha lasciato un’opinione anche se qualche volta non condivisa.

  9. Fiorenza G.Degrassi ha detto:

    Oggi otto Marzo, come ogni giorno ,qualcuna dovrà fare i conti con “qualcuno”, soltanto a causa della propria condizione femminile.
    Oggi, come ogni giorno, ma con un’ ufficialità derivante dalla nostra Festa mi sento vicina a tutte noi donne.
    A quelle che buon per loro, di violenza contro di noi hanno solo letto.
    A quelle che ci sono passate, perché ritrovino fiducia e stabilità.
    A quelle che ci “sono dentro”,perché sia oggi il giorno che fa la differenza e le incoraggi a reagire, ed a quelle che non ci sono più.
    Possa il loro sacrificio essere di monito per le altre a non sottovalutare e a non abbassare la guardia.
    Infine possa essere oggi il primo giorno in cui qualsiasi denuncia spesso reiterata di violenza su una donna sia tenuta in debita considerazione SEMPRE.

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