31 Gennaio 2013

La Shoah vissuta dalle donne, oggi alla Stazione Rogers

In occasione della Giornata della Memoria 2013 “il caffè delle donne” dell’ UDI (Unione Donne in Italia) di Trieste, giovedì 31 gennaio alle ore 17.30 alla Stazione Rogers, assieme alle donne dell’ ADEI-WIZO, dell’ ANPI-VZPI, di AIDIA, di Gente Adriatica e della Stazione Rogers, organizza un incontro di “Narrarsi a Trieste – pripovedati se v Trstu” per parlare di tre donne: Adele Zara, Laura Weiss e Zora Perello e ricordare le loro storie. Interverranno: Fulvia Levi, insegnante; Ariella Verrocchio, Direttrice dell’ Istituto Saranz; Ester Pacor, storica; Rina Rossetto, fotografa, Graziella Valeria Rota, artista e Lida Turk, pubblicista.

Fulvia Levi è nata a Trieste, nel 1930. Dopo un’infanzia serena, vissuta con i genitori e la sorella Bruna, nel 1938, in seguito all’emanazione delle leggi razziali, Bruna e Fulvia furono espulse (come tutti gli alunni ed i docenti di tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado) dagli istituti che stavano frequentando. Fu uno shock, ma poterono tuttavia accedere alla Scuola Media Ebraica privata, scuola sorta in brevissimo tempo, tra mille difficoltà, ma scuola assai valida veramente, che potè funzionare per altri cinque anni, fino all’estate del 1943. Dopo l’otto settembre 1943 la famiglia Levi fu costretta a lasciare Trieste: le leggi razziali antiebraiche erano divenute leggi di morte. Gli anziani nonni e lo zio trovarono rifugio a Venezia, Bruna con il marito Paolo Schreiber e la sua nuova famiglia fuggirono in Svizzera e Fulvia, con i genitori, trovarono aiuto e rifugio ad Oriago, grazie alla generosità di ADELE ZARA e dei suoi figli che, rischiando la vita, li accolsero in casa e li protessero per 2 anni. Dopo la Liberazione, avvenuta per Fulvia il 29 aprile 1945, riprese gli studi, frequentò il Liceo G. Oberdan, poi l’Università ed ha quindi insegnato inglese per 37 anni. Nel 1996 Fulvia Levi è riuscita a far assegnare ad Adele Zara (alla Memoria, purtroppo) la “Medaglia dei Giusti fra le Nazioni”. Da alcuni anni fa testimonianza della sua storia in varie scuole, soprattutto nel Veneto e ad Oriago, in occasione della Giornata della Memoria, ritorna da quella che è diventata un po’ la sua seconda famiglia e partecipa alle cerimonie in ricordo della famiglia Zara.

Zora Perello era nata nel rione triestino di Servola il 14 maggio 1922, l’ anno in cui il fascismo giunse al potere, da papà italiano, venuto a Trieste da Reggio Calabria, e madre slovena, venuta a Trieste dalla vicina zona dei Brkini. Zora, anagraficamente Alba, aveva otto o nove anni, quando il padre si allontanò dalla famiglia e la madre si trasferì con Zora nel rione di San Giacomo. Fin da adolescente, mentre frequentava il liceo classico Dante Alighieri di Trieste, Zora partecipò alla vita culturale, sempre più clandestina, delle organizzazioni nazionali slovene. Si unì in particolare ai gruppi giovanili e si avvicinò così anche ai giovani comunisti del gruppo di Pino Tomažič (fucilato con altri quattro condannati a Opicina, nel dicembre del 1941). Conobbe compagni sloveni ed italiani, studenti e operai, entrando nel 1938 nelle file clandestine della FGCd’Italia. Incarcerata una prima volta nel 1940, venne nuovamente arrestata nel 1941 e confinat a Pollenza di Macerata. Ritornata a casa nel giugno del 1941, entrò poco dopo, con altri, in contatto con Oskar e Lev Kovačič, fuoriusciti goriziani allora giunti a Trieste come rappresentanti del Comitato Centrale del PC di Slovenia e dell’Osvobodilna fronta, il Fronte di Liberazione sloveno. Arrestati, vennero processati nel settembre 1942: Zora, arrestata a scuola nel dicembre del 1941, venne condannata a tredici anni di reclusione. In prigione a Perugia con altre detenute politiche, tra le quali Marina Bernetič, dirigente triestina del PC d’Italia e comandante partigiana, vi rimase, come tanti, fino all’ 8 settembre 1943. Si ricongiunse allora al movimento partigiano sloveno ed entrò nell’unione giovanile slovena ZSM, nello SKOJ, l’unione dei giovani comunisti di Jugoslavia, e poi, assumendo incarichi sempre più importanti, nel KPS/KPJ. Nel maggio 1944 Zora sposò, nei Brkini, il compagno di lotta e comandante partigiano Vojo Godina. Richiamata dall’organizzazione clandestina a Trieste, venne arrestata nell’ottobre 1944, torturata e deportata in Germania. Morì a Ravensbrück il 21 febbraio del 1945, attorniata dalle amiche compagne di prigionia triestine.
A Zora Perello è intitolata dal settembre 2007 la Casa del Popolo di Servola in via di Servola 114. A Capodistria una strada porta il suo nome.
La madre Pavla ne custodì la memoria, vivendo per lunghi decenni nel solo nome di Zora. Raccogliendone i ricordi, Lida Turk, redattrice e pubblicista triestina, ha raccontato la biografia di Zora in una struggente e precisa ricostruzione, pubblicata a Trieste, in lingua slovena, nel 2005.

Laura Weiss nasce a Graz nel 1914, medico, dirigente dell’ Udais – Afz e poi nell’Udd e, infine, nell’ UDI, collaboratrice del giornale “Donne”, consigliere comunale e provinciale del Pc-Tlt e, poi, del PCI e dirigente del partito. E’ vissuta a Trieste dai quattro anni in poi. Si diploma al Liceo scientifico “G. Oberdan” e si laurea a Pisa in medicina, dopo lo scoppio della guerra lavora a Ferrara in un sanatorio per malattie tubercolari. In seguito alle leggi razziali, lei, ebrea, è vissuta un periodo ad Aurisina e poi si è rifugiata nel Veneto ed è rientrata a Trieste nel 1945 e si è iscritta al PCtlt. Nell’ Udais – Afz ha collaborato alla rivista “Donne” dal 25 maggio 1946 al febbraio 1949.
E’ stata eletta consigliere comunale (dal 1949 al 1964) e provinciale (dal 1964 al 1970). Nel periodo del GMA (Governo Militare Alleato) ha assunto anche altri importanti incarichi tra i quali quello di Presidente del Comitato triestino per la difesa della Pace, cui era affidato il delicato compito di portare in ambito internazionale la posizione assunta dal partito sulla questione dell’assetto statuale e confinario della città. Così, nel 1950, Weiss chiedeva al Consiglio delle Nazioni Unite che Trieste potesse godere di “garanzie di città aperta” e di disporre di una Commissione perchè fosse ristabilita la legalità nelle zone di occupazione e, nella sistemazione dei due territori, fosse pienamente rispettata la volontà delle sue popolazioni. Negli ultimi decenni la sua biografia umana e politica fu indissolubilmente legata a quella di Vittorio Vidali. Con lui aveva collaborato anche alla pubblicazione dei numerosi libri che contengono l’eredità di memorie e di lotte del «Comandante Carlos». Muore a Trieste nel 1987.

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