21 Gennaio 2013

Rinarrate 6. La regina cacciata

Vesna ha sopportato soprusi e violenze per più di trent’anni, prima di trovare la forza per lottare e riprendersi la sua vita. La sua storia è lunga e costellata di angosce, e la sua salvezza è arrivata anche grazie alla scrittura.

header rinarrateLui diceva volentieri di trattare la moglie come una regina. Quella regina ero io, sposata per più di quarant’anni con questo lombardo. La promessa che lui mi fece all’altare non fu mantenuta e finì miseramente davanti al tribunale penale. Vorrei raccontare il fatto che mi portò in questa situazione.

Sono stata cacciata da casa due anni fa. Mio marito mi ha usato ogni tipo di soprusi nell’arco del nostro matrimonio. Avevo sposato un lupo travestito da agnello. Ma torniamo alla fatidica giornata. Era un giovedì, e la domenica successiva nostro figlio minore avrebbe compiuto trent’anni. Eravamo d’accordo per il pranzo a casa nostra il venerdì. Mi disse che lui e sua moglie avrebbero portato i dolci e spumante per brindare, così ho capito che non ci avrebbe invitato alla sua festa.

Avendo timore della reazione di mio marito per il mancato invito ho scambiato tre telefonate di chiarimento con il figlio. Il padre non era coinvolto nel discorso perciò è letteralmente esploso dalla rabbia. Ha cominciato a strattonarmi per la spalla già molto dolorante per una malattia. Gridava “Mi stai tramando alle spalle!” E io invece stavo solo cercando di evitargli un dispiacere… Le cattiverie che mi urlò non le posso dimenticare. Maledí “quei bastardi dei tuoi figli, quella puttana di tua madre che ti ha cacato al mondo” e infine maledí anche me dicendomi “una puttana mi costerebbe meno”. Il suo volto era alterato dalla rabbia ed ebbi veramente paura. Continuò la sua violenta prepotenza, cacciandomi da casa. Ero terrorizzata dalla paura, mi vestii e di uscii di corsa. Che fare? Non avevo idea.

Andai nel parco, dove rimasi un paio d’ore. Tra poco sarebbe arrivata l’estate ma io vedevo tutto grigio, ero stata cacciata dal dal mio nido. Decisi di chiamare i figli. Mi raggiunsero e raccontai l’accaduto. Con il maggiore decidemmo di tornare a casa per chiarire le cose. Quello di trent’anni non volle salire, temeva la sua reazione negativa verso il padre. In breve, sono stata cacciata una seconda volta, insieme al figlio maggiore. Mio marito tentò anche di strapparmi le chiavi di casa.

Due giorni dopo ero già fuori dall’Italia e vi rimasi per tre settimane. Ebbi la sensazione di un’esistenza irreale, mi sembrava di avere addosso un macigno, vivevo in una specie di limbo non definito. Non mi rendevo conto che era un inizio di risalita verso la gioia di vivere e una nuova speranza per il futuro.

Fu una decisione difficile e dolorosa, ma al ritorno decisi di denunciarlo: fui chiamata davanti al giudice, cui raccontai la mia storia matrimoniale. La riassunsi in un’ora e mezza. Negli anni avevo tenuto un diario dove annotavo le violenze subite, quelle più pesanti. Scrivevo con caratteri cirillici e non in italiano, per paura che mio marito potesse leggere. Questo diario l’ho poi riscritto in italiano e le operatrici del Goap lo hanno consegnato al giudice. Al dibattimento, la pubblico ministero mi fece una sola domanda, mi chiese perché avessi ritirato la denuncia e io risposi che ero stata costretta: avevo saputo che lui mi cercava per tutta la città per farmela pagare. Nonostante ciò, lui fu condannato.

All’inizio non era così. Lo conobbi durante le vacanze estive. Di solito si dice che gli amori estivi non durano, il mio è durato molto, forse anche troppo! Finite le vacanze, lui tornò nel suo paese. Ci scrivevamo delle belle lettere, ci incontravamo ogni tanto e dopo un paio di anni decidemmo di sposarci. La cerimonia si tenne al mio paese, poi partimmo per andare dai suoi. Fui ricevuta da mio suocero con un gruppo di suoi amici, mi sentii molto bene.
Dopo tre mesi di piacevole convivenza con i parenti acquisiti andammo a vivere per conto nostro, ma sullo stesso pianerottolo di mio suocero. In questo piccolo e delizioso appartamento mi accorsi di essere incinta. Eravamo contenti: anche se in un primo momento mi sono sentita troppo giovane, presto l’entusiasmo e la gioia prevalsero. Mio marito fu premuroso, mi sentivo amata e protetta.

Durante l’inverno successivo, nacque il nostro primo figlio. Non so perché, ma l’idillio finì. Forse perché aveva raggiunto il suo scopo di avere un erede. Un paio di mesi dopo la nascita del bimbo, piccolo e indifeso, lui cominciò a trattarmi con indifferenza. Mi offese, chiamandomi bugiarda e infingarda, e mi sentii morire dentro. Pretese di far dormire il piccolino nel nostro letto, che rimase tra noi per dieci anni, fino alla nascita del secondo figlio. La vita era difficile, soprattutto perché da lui non ricevetti più amore, o quasi. Spesso gliene chiedevo, mendicavo un po’ di affetto e attenzioni, e la risposta era sempre “non ho tempo per queste stupidaggini”. Il mio cuscino fu inondato da fiumi di lacrime.

Divenne anche aggressivo: le offese, le vessazioni, le pressioni psicologiche erano frequenti. Nei miei confronti era privo dei più elementari canoni di moralità. Per lui erano più importanti le apparenze e i soldi che le persone come individui, con le proprie emozioni e aspirazioni. Spesso mi sembrava di essere come un topolino davanti al crotalo. Mi fulminava con il suo sguardo e io rimanevo terrorizzata dalla paura. Un pomeriggio mi strinse anche le mani sul collo. La mia paura fu così forte che reagii e gli feci volare gli occhiali. Solo a questo punto abbandonò la presa. E tutto ciò era accaduto solo perché io mi ero lamentata del mio mal di pancia…

Quando nacque il secondo figlio, mio marito lavorava in un’altra città, avendo ottenuto un’importante promozione. Di quegli anni ricordo soprattutto le continue bugie che mi raccontava. Un sabato mi disse di essere andato in cerca di un cucciolo di cane lupo, da regalare al suo capo per il compleanno. Io di regali da lui per le feste non ne ricevevo, e anche per ciò questo fatto mi suonò come una bugia.

Molte volte, tornando dal lavoro in treno, si presentava a casa intorno a mezzanotte, adducendo ogni volta scuse diverse. Una volta venne con le mani sporche dicendomi di aver bucato la gomma e di aver impiegato sei ore per cambiarla. Ma quando trovai nella macchina un bell’accendino rosa, non poté più negare l’evidenza. Mi disse solo “Sì, ho un’altra, e allora?”. Io fui assolutamente impotente, la mia unica reazione fu un grandissimo dolore e ulteriore delusione. E poi, non volli far soffrire di più i bimbi. Il mio amore per lui pian piano si spense. Ricordo una volta, molti anni dopo, mi baciò sulla bocca forzatamente, e con un certo astio poi mi disse: “Ti faccio schifo, vero?”. Non era andato lontano dalla verità.

La vita con lui, nel passare degli anni, divenne per me mal di vivere, e sviluppai anche la sindrome di attacchi di panico, che si accentuavano durante i nostri numerosi viaggi. Uno fra i tanti, in Grecia. Dopo vari giorni già disseminati di nervosismo, si arrivò a Kosani e ci fermammo a dormire in una piazza. Lui uscì presto, il figlio piccolo dormiva e io rassettai l’abitacolo, fatto ciò mi misi a leggere. A un certo punto, sentii bussare, ma non aprii, lui disse “Qui si dorme!” e entrò aprendo da sé. Quando vide che ero in piedi e leggevo, esplose in una furia inaudita. Mi riempì di calci e pugni. Non ricordo il dolore, ma la vergogna sì. Mi investì di offese, mi disse più volte puttana. Mi immaginavo la gente in piazza che sentiva le sue urla e parolacce. In greco, puttana si dice puta. Mi sembrò che anche le persone che passavano venissero insultate. Poi, come se nulla fosse, si mise al volante e ripartimmo. Io mi chiusi nel mio guscio, smisi di mangiare per molti giorni, non comunicammo. La sensazione predominante, oltre alla vergogna, fu la paura: di quest’uomo, di mio marito, avevo un terrore che a parole è difficile descrivere. Gli confessai “Se incontrassi il diavolo, ne avrei meno paura che di te!”, ma lui non ne fu toccato. Per fortuna il tempo è gentiluomo, cura le ferite e copre con un velo le sofferenze, le fa sbiadire ma non svanire.

La vita matrimoniale non è stata molto generosa con me, ma c’è un ricordo bello che spesso mi ritorna. In uno dei tanti viaggi estivi, ci trovavamo in Polonia. Eravamo nel Nord del paese, in una meravigliosa foresta quasi vergine. Era notte; in compagnia di persone conosciute durante il viaggio, si parlava di impressioni su questo grande paese. Sopra di noi un cielo stellato di una tale immensa bellezza da togliere il respiro. Qualcuno disse che quello era un momento memorabile. Per me fu così. La consapevolezza di appartenere, fare parte di questa infinita e armoniosa bellezza mi infuse un po’ più di fiducia nel futuro. Mi piacerebbe rivivere una sensazione simile…
E sotto un cielo così immenso e libero, dal profondo del mio essere donna proromperei in un grido a lungo trattenuto e soffocato nel petto: “Perché lo fai, uomo, perché? Ho scalato faticosamente la mia montagna verso la vetta della libertà. Ce l’ho fatta, certamente con l’aiuto di molte persone. Oggi sono serena, nell’autunno della mia esistenza, ma libera di vivere”.
* * *

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11 commenti a Rinarrate 6. La regina cacciata

  1. morena gallone ha detto:

    La storia di questa prottagonista mi ha veramente toccato il cuore. Ha dovuto subire 30 anni di violenza, nell‘indifferenza della societa‘.il marito le ha fatto solo un favore a cacciarla di casa, perche‘ cosi finalmente puo‘ vivere serenamente la sua vita. Complimenti x la tua forza e il tuo coraggio. Ti ammiro

  2. Anna Bianchini ha detto:

    Brava donna!!! veramente! Hai sofferto troppo!!! ma- come dici anche tu-esistono momenti belli in questa vita e ora sarai pronta a rivedere il “cielo stellato”
    un’abbraccio

  3. Maura ha detto:

    Dolce, elegante, bella e serena…. sii così per il resto di quest’altra parte di vita, libera sotto un cielo splendido e scintillante che ti illumina il cammino.Sei super e ti auguro tanta felicità a te e ai tuoi figli!!!

  4. Benedetta Gargiulo ha detto:

    L’amore (per se stesse) non ha età. Arriva tardi? Pazienza, è pur sempre arrivato e credo che adesso, quell’autunno della vita assomiglierà molto di più a una primavera.

  5. Margherita ha detto:

    A volte mi vergogno di appartenere al genere umano in nome di chissà che cosa si compiono azioni riprovevoli, alle volte vorrei essere un gabbiano per volare lontano… libera da tutte queste ingiustizie. Perchè dobbiamo subire tutto questo? Perchè dobbiamo sottostare ai capricci di questi uomini? Perchè tutto questo dolore? Carissima ti auguro tutto il bene del mondo, ti auguro tanta serenità e perchè no anche un nuovo amore, ma questa volta con la A maiuscola. Un bacio e vai avanti a testa alta non permettere più a nessuno di farti del male.

  6. dimaco il discolo ha detto:

    non commento il thread ma fornisco solo una notizia che farà felici le signore per cui chiedo che il commento non venga rimossoil sito da voi tanto odiato, pontifex, é stato chiuso. non si sanno i motivi della dipartita ma già oggi ci sono festeggiamenti in corso.

  7. Jasna ha detto:

    @dimaco
    “il sito da voi tanto odiato, pontifex”

    Ma allora fai outing e finalmente ti iscrivi a Casa Pound?

  8. silvia ha detto:

    Sono vari però questi uomini (parola grossa)! Li chiamerei piuttosto…non c’è modo per chiamarli.La varietà degli insulti e delle violenze, delle botte e delle parolacce delle promesse di morte e di odio sono tante e sempre diverse. Mi fanno schifo e tanta rabbia perchè non hanno la minima idea di cosa lasciano nei cuori e nell’anima di chi
    gli sta vicino. E abbiamo un bel dire noi donne: ora sto bene ,ora sono serena,perchè la fiducia nell’altro sesso viene a mancare, perchè un animale bastonato non si fida più neanche del padrone buono e così noi esseri umani feriti stiamo bene ma riusciremo a dare ancora fiducia a qualcun altro? Io per ora quando vedo un bell’uomo o ne incontro uno simpatico, penso: ma a casa, fra le quattro mura chissà com’è….Però Vesna mi è piaciuto leggerti e ammiro il tuo CORAGGIO. Si CORAGGIO perchè sembra una parola inflazionata oramai tra queste pagine, ma ridotti come si è ad un lumicino morale (credetemi non ci si riconosce più)ci vuole proprio tanto coraggio per raccogliere le forze che ci restano e andarsene. Un bacio grande

  9. Margherita ha detto:

    Ieri pomeriggio stavo parlando con un avvocato per cose personali quando mi ha detto che oltre al reato di omofobia bisognerebbe anche istituire il reato di donnafobia perchè per certe categorie di uomini esiste o la mamma o la “puttana” non esistono altre categorie di donne. Alla fine mi sono posta una domanda: ma noi donne facciamo così tanta paura a certi uomini che per questo ci massacrano di botte, ci umiliano in qualsiasi modo per annientarci? Che sia una forma di auto-difesa?

  10. Benedetta Gargiulo ha detto:

    Non credo. Anzi, gli uomini violenti approfittano proprio della debolezza delle donne, su cui esercitano il loro presunto potere. Credo (ma non sono psicologa) si tratti piuttosto di un loro senso di inadeguatezza, inferiorità e fallimento rispetto ad altre cose della loro vita e per dimostrare a se stessi di essere forti, se la prendono con i più deboli: donne, gay, disabili. Se la prendono fisicamente, oppure scrivono su Pontifex.

  11. Fiorenza G.Degrassi ha detto:

    A sto signore piaceva il bicchiere? tanto per capire,tanto per inquadrare…per meglio collocare questi scoppi repentini, peraltro tra un viaggio e un figlio, tra la bonaccia e la bufera di questa lunga storia coniugale, abbastanza atipica per la longevità di coppia in sé, anche prescindendo dalla qualità del vissuto.
    Di norma “sono sempre i migliori 🙁 che se ne vanno”… sopravvivono le vedove!

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