17 Novembre 2012

Tensione, elettricità e cuore pulsante: il Teatro degli Orrori a Trieste

C’è una lunghissima fila fuori ad Etnoblog stasera, ed è il primo dei molteplici segnali ad indicarmi la portata dell’evento cui mi appresto ad assistere. Stasera sono entrato vuoto di emozioni e pieno di carica da rilasciare, sono uscito dopo tre ore, pieno di emozioni e completamente scarico: un’ immersione totale, un bagno di tensione ed elettricità, questo è stato il concerto del Teatro degli Orrori. E’ evidente come non sia io l’unico, ad aver capito di essere di fronte ad un fenomeno che manca dalla scena italiana da più di qualche anno, ovvero un gruppo che sappia coniugare forza poetica, immagine e rigore esecutivo. Ecco perché stasera mi riconosco in un pubblico rimasto orfano dei Csi e dei migliori Marlene Kuntz, e l’età media me lo conferma. “Non Vedo l’Ora” apre il primo blocco di canzoni, un concentrato di energia che in un locale stracolmo trascina le prime dieci file in un mare in tempesta. E’ rock, indiscutibilmente, ma è anche poesia, amore e protesta, senza peli sulla lingua. Capovilla è un frontman criticabile sotto molti punti di vista, ma quando sta sul palco non risparmia nulla, la sua è una genuinità per niente accomodante e la band che gli sta dietro costruisce attorno uno scenario altrettanto impeccabile: laddove un batterista dispensa ritmiche incalzanti con una precisione impressionante (il triestino Francesco Valente, sia sempre lodato), le due chitarre vengono utilizzate per un lavoro di tessitura minuzioso, un’oscura tela sulla quale i versi creano un effetto straniante ed altamente evocativo, (Gionata Mirai e Giulio Favero non sono alla loro prima esperienza). Gli estratti provengono dagli ultimi due lavori del Teatro, c’è posto per le loro hit “Io Cerco Te” ed “E’ Colpa Mia”, per la potenza di “Padre Nostro” e per la riflessiva “Monica”. Stasera percepisco sentimenti altalenanti di gioia e preoccupazione: posso godere di un gruppo in piena forma ed all’apice della creatività, ma lo so che questo stato di grazia non durerà in eterno. L’alta esposizione (anche mediatica) di cui godono attualmente può facilmente far scivolare in retorica il loro messaggio, ma è un problema che magari porrò sul tavolo al loro prossimo disco, stasera voglio lasciarmi trascinare e guidare. Per la prima metà del concerto sono sotto al palco, con la giacca ancora addosso, con un muro sonoro che mi accelera la sinapsi, condizione ideale per non soffrire degli sbalzi termici. Il volume è ai limiti ed in molti si sino premuniti con i tappi (ripeto, qui c’è anche gente che magari il giorno dopo deve portare i figli a scuola). La parte più emozionante dell’intero concerto è concentrata sul bis: “Compagna Teresa” fa cantare tutti e “La Canzone di Tom” mi crea quel sentimento di tensione ed angoscia che ho provato solamente ascoltando quello che è uno dei miei dischi preferiti in assoluto. In tutto ciò, si è distinta anche l’organizzazione di Etnoblog, che ha fatto aprire il concerto al grande Toni Bruna. Lui meriterebbe una recensione a parte, perché è uno dei pochi ad aver il coraggio di prendere sul serio il dialetto triestino sotto forma di canzone, al punto da diventare un punto di riferimento per un certo tipo di folk che sinora non era mai esistito.

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1 commenti a Tensione, elettricità e cuore pulsante: il Teatro degli Orrori a Trieste

  1. katja ha detto:

    Grande Denis!

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