Il 12 novembre 2003 un attentato terrorista alla base italiana dei carabinieri a Nassiryia causava 28 morti e 54 feriti. Tra i sopravvissuti c’è il concittadino Riccardo Saccotelli, all’epoca maresciallo dei carabinieri in servizio in Irak nell’ambito dell’operazione “Antica Babilonia”.
Saccotelli quest’anno ha risposto con una lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, spiegando i motivi per i quali non se la sente di accogliere l’invito a partecipare alla cerimonia del 4 novembre ma ha, invece accolto l’invito dell’ associazione Essere Cittadini: sarà dunque protagonista lunedì 12 novembre, alle ore 18.30, all’Istituto San Luigi in via Don Bosco 48, di una conferenza dibattito per ricordare le vittime della strage di An-Nasiriya.
Le indagini seguite alla carneficina fecero presto emergere l’inadeguatezza delle difese organizzate dai vertici militari per difendere la base militare, nonostante fosse noto che il pericolo di attentati, soprattutto con l’utilizzo di veicoli carichi di esplosivi, era molto alto. Le vicende giudiziarie e politiche che seguirono, ci raccontano di una “storia tipicamente italiana”, fra tentativi di archiviazione dei procedimenti penali (come il caso della legge 197/2009 che subordinava la procedibilità per simili reati alla richiesta del Ministro da cui dipende il militare colpevole), le assoluzioni in secondo grado degli imputati (riconosciuti colpevoli in primo grado), e la sentenza della Corte Suprema di Cassazione del 20.01.2011 che riconosce la responsabilità per i danni civili in capo ad uno degli imputati, non avendo lo stesso colpevolmente, così emerge dalla motivazione, messo in atto le difese necessarie per ridurre o addirittura evitare i rischi di un attentato altamente prevedibile. Oggi, sulla vicenda, come da buona tradizione del nostro Paese, da una parte è calato il silenzio o, peggio, la disinformazione e dall’altra si cerca di “aggiustare” la storia con manifestazioni ufficiali, cerimonie e onorificenze. Ma c’è anche un’altra realtà, quella del silenzio e l’isolamento di chi ha perso dei cari e di chi è sopravvissuto e condannato a portare dentro di sé un pesante fardello a cui non riesce dare un senso.
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