2 Novembre 2012

Rigassificatore, Rumiz e gli altri

Riceviamo da Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del WWF Friuli Venezia Giulia, e pubblichiamo

“Perché gli uffici regionali hanno passato quelle carte”? Chiede Paolo Rumiz in chiusura del bell’articolo (pubblicato dal PICCOLO il 30 ottobre scorso) sul rigassificatore di Trieste-Zaule. Vi elenca – per l’ennesima volta – le tante carenze, incongruenze, omissioni e manipolazioni che costellano la montagna di carte progettuali presentate da Gas Natural.
Domanda retorica, a ben vedere, e risposta facile: perché forse quegli uffici non potevano fare altrimenti, in quanto chi ha governato il Friuli Venezia Giulia dal 2004 a oggi (Illy prima, Tondo poi) si è sempre speso – anche con iattanza – a sostegno del progetto.
Qualche funzionario ci avrà magari provato, ad analizzare criticamente gli elaborati della multinazionale spagnola, salvo poi essere sostituito con qualcuno più ligio alle direttive politiche.
In realtà la domanda di Rumiz andrebbe rivolta anche – e soprattutto – agli uffici ministeriali, e probabilmente la risposta sarebbe la stessa.
Le stesse carte arrivate in Regione erano arrivate infatti contemporaneamente anche a Roma, al Ministero dell’ambiente ed a quello dei beni culturali, i titolari della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), il passaggio fondamentale per la decisione – in teoria prettamente tecnica – sull’accettabilità ambientale di un progetto. Nella VIA ministeriale la Regione esprime soltanto un parere, non vincolante.
Le stesse carenze, incongruenze, omissioni e manipolazioni enumerate da Rumiz erano state rilevate – dagli ambientalisti e da altri – nelle osservazioni sui documenti di Gas Natural, già nel 2006.
Gli uffici ministeriali avrebbero dovuto tenerne conto. Non solo non lo fecero, ma parecchie osservazioni “sparirono” misteriosamente: pur inviate mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, non se ne trova menzione alcuna nel decreto con il quale (luglio 2009) gli allora ministri dell’ambiente (Prestigiacomo) e dei beni culturali (Bondi) diedero l’ok ambientale al progetto del rigassificatore.
E’ questa una delle motivazioni – non certo l’unica – su cui si fonda il ricorso al TAR del Lazio, presentato da WWF e Legambiente contro il suddetto decreto.
Non basta: l’allora Soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia (organo periferico del ministero per i beni culturali) espresse per ben quattro volte un parere contrario al progetto del rigassificatore. Salvo poi essere “convinto” a cambiare linea, consentendo al ministro Bondi di firmare il già citato decreto VIA, sul quale si regge tutto l’iter successivo del progetto: la conferenza dei servizi regionale sull’AIA, e quella ministeriale per il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione dell’impianto.
Iter non ancora concluso, però, che verrebbe azzerato se il decreto Prestigiacomo-Bondi fosse annullato.
Emerge da tutto ciò, con evidenza, un grave problema di intromissione della politica nelle decisioni tecniche, che tecniche quindi non sono più.
Gas Natural lo ha capito benissimo fin dall’inizio e si è comportata di conseguenza: perché sprecare tempo e risorse in un difficile confronto tecnico sui dati, con avversari agguerriti e competenti? Meglio investire in una campagna meramente pubblicitaria, come quella in corso da qualche tempo a Trieste. Campagna, in verità, che pare riscuotere assai scarso successo: ai gazebo ed ai banchetti che ho visto girando per la città, non si fermava infatti mai nessuno…
Non credo quindi abbia senso continuare a rinfacciare alla multinazionale spagnola di “non dare risposte” alle obiezioni sul suo progetto. Non le darà, men che meno a Trieste, perché non può e perché non ha alcun interesse a farlo. Le decisioni si prenderanno (in parte sono già state prese) altrove.
L’unica cosa che a questo punto ha senso fare, è sostenere e irrobustire il fronte della resistenza legale contro Gas Natural, per esempio con interventi ad adiuvandum in appoggio ai ricorsi pendenti al TAR del Lazio (quelli degli ambientalisti, ma anche quelli dei Comuni di Muggia, Dolina e Capodistria). Il Governo sloveno lo ha fatto, il Comune di Trieste – malgrado le reiterate richieste del WWF – ancora no.
Poi si dovrebbe chiedere al ministro Clini, assai assiduo da queste parti, di ripensare alle illegittimità compiute all’epoca dagli uffici ministeriali per emettere il decreto VIA ed all’opportunità di revocarlo per non esporsi al rischio di una sconfitta giudiziaria.
Gli ambientalisti lo hanno già chiesto: se lo facessero anche i sindaci di Trieste, Muggia e Dolina, meglio se insieme alla presidente della Provincia, ai parlamentari locali, ecc. magari sarebbe più facile ottenere ascolto.
Tanto, se Clini facesse orecchio da mercante (è pur sempre un ex collega dei funzionari che si piegarono nel 2009 alle pressioni di Prestigiacomo e Bondi…), rimane sempre la strada della battaglia al TAR e poi eventualmente al Consiglio di Stato: ci sarà un giudice a Berlino (a Roma in questo caso)!

 

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4 commenti a Rigassificatore, Rumiz e gli altri

  1. Dario Predonzan ha detto:

    Magari si poteva anche aggiungere che Dario Predonzan è il responsabile energia e trasporti del WWF Friuli Venezia Giulia. Giusto per chiarire che le cose scritte da lui non sono opinioni personali, ma rappresentano la posizione dell’associazione…

  2. Redazione ha detto:

    Certo Dario, grazie. Abbiamo corretto. 🙂

  3. gianni ha detto:

    ….roma che vadi remengo lori e le sue forzature…
    son sai triste,ande a legger sto aticolo e poi diseme,
    1perche non ne parla nessun de ste parti
    2perche trieste la fa morir in sta maniera
    3perche non se podeva far qua visto il porto franco
    http://triestelibera.org/it/2012/11/maledetti/

  4. L’ arroganza dei criminali di gas natural è direttamente proporzionale allo spiegamento di mezzi messo da loro in campo a Trieste nel cocciuto tentativo (pecuniariamente per loro assai ben motivato) di convincere “una volta per tutte” i Triestini dell’ assoluta necessità di installare il rigassificatore nei bassi fondali di Zaule anche propinandoci porta a porta un sacco di balle.

    Javier Hernandez Sinte, padrone di gas natural, alla sorta di Cortès http://www.treccani.it/enciclopedia/hernan-cortes/, crede di essere sbarcato con i suoi conquistadores nell’ Eldorado e tratta i concittadini di Svevo, Saba, Joyce, Sir Richard Francis Burton,Revoltella, Boris Pahor, Claudio Magris ecc. alla sorta di sub umani da corrompere con i vetrini colorati e gli orologi.

    C’ è già tutto on line sui rigassificatori, a Trieste se ne parla da almeno cinque anni…tuttavia va ricordato che:

    1) I rigassificatori sono semplicemente banche del gas che non apportano neppure un centesimo di beneficio per l’ utente finale, e come tutte le banche, anche quella del gas è un associazione per delinquere, inoltre l’ offerta di gas naturale “via gasdotto” dalla Russia e dal nord Africa supera di gran lunga la domanda.

    2) I rigassificatori appartengono al triassico: da anni le navi gasiere effettuano il processo di rigassificazione al largo, essendo in pratica dei rigassificatori galleggianti.

    3) Il rigassificatore è in assoluto l’ impianto industriale più pericoloso, una falla nella nave gasiera provocherebbe la diffusione del gas liquido in un raggio di decine di chilometri, finchè la prima scintilla lo farebbe esplodere, causando l’ immediato assorbimento dell’ ossigeno in un raggio fino a 50 km. ed il conseguente “vortice di fuoco”http://cronologia.leonardo.it/storia/a1945n.htm consistente in correnti ascensionali attorno ai 600 gradi a 300 km/h, un invito a nozze per un terrorista e/o squilibrato di turno dotato di uno “stinger” (costo 250 €).

    4) Il rigassificatore creerebbe 60/70 posti di lavoro stabili (quanto un medio/grande supermercato), i 1.500 posti di lavoro strombazzati da gas natural sono, in realtà, i 500 lavoratori necessari all’ assemblaggio dell’ orrore di Zaule moltiplicati per i tre anni necessari al completamento dei lavori; tra l’ altro, come sempre (vedi grande viabilità – porto piccolo ecc.) per opere di questo tipo vengono sempre appaltati i lavori ad aziende senza scrupoli che impiegano solo lavoratori non triestini costretti a lavorare abbondantemente sottopagati, ricattabili e in condizioni da colonia penale.

    5) Il transito delle navi gasiere sarebbe il colpo alla nuca al già inginocchiato e bendato Porto di Trieste, dal 1382 al 1918 (e tra il 1947 ed il 1954) scalo naturale del bacino danubiano, in quanto, a seconda dei casi, da 500 a 3000 metri dalla nave gasiera non può svolgersi nessuna attività marittima… l’ Italia con il suo rigassificatore porrebbe l’ epitaffio su Trieste, imbalsamandola per sempre e ricordandola solo come ingiallito disegno riproducente un sogno (incubo) risorgimentale, un museo a cielo aperto a beneficio dei turisti, delle loro fotocamere e 70.000 abitanti…

    6) Il processo di clorazione necessario alla rigassificazione comporta l’ afflusso di 800.000 metri cubi di acqua marina al giorno, in pratica l’ acqua dell’ intero vallone di Muggia verrebbe fatta passare due volte l’ anno attraverso quella macchina infernale, cancellando, dopo la portualità, ogni forma di vita nel golfo di Trieste; il rigassificatore di Rovigo, inoltre, sta producendo una schifosa mucillagine giallastra, che a Trieste arriverebbe fino a Barcola…

    7) I buffoni a libro paga dei mandanti di gasnatural (committente di assassinii di sindacalisti in centroamerica come riconosciuto dall’ ex tribunale Russell, riconosciuto dall’ ONU) hanno presenziato a comparsate a Trieste senza comunicare nella stessa lingua dei destinatari delle loro “rassicurazioni”, impedendo all’ interprete di fare il suo lavoro (!!!) e vietando qualsiasi possibilità di porre domande…solo la Bassa Poropat, al termine di uno di questi “incontri” si dichiarò “soddisfatta delle risposte” di gasnatural…

    Adesso sta a noi Triestini, scendere nelle strade il 18 novembre e far capire al señor Sinte che nel Territorio Libero di Trieste di lui e del suo rigassificatore proprio non ne vogliamo mai più neppure sentir parlare, il destino di Trieste e del Porto Libero dev’ essere riaccomunato quanto prima ai destini delle Free Zones mondiali, per loro natura prospere e generatrici di infinite possibilità di impresa e posti di lavoro, un altro mondo in confronto ai bassi intrallazzi italiani, altro che i suoi 70 posti di lavoro.

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